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Cassazione penale Sez. I, 25/09/2025, n. 31900

Massima

In tema di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena, non sussistono i presupposti per il differimento ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, c.p. qualora le condizioni di salute del condannato, pur affetto da una grave patologia, risultino stabili, costantemente monitorate e gestite con cure adeguate in ambito carcerario, in modo tale da non configurare un trattamento contrario al senso di umanità e da essere assimilabili a quelle garantite a una persona in stato di libertà.

Supporto alla lettura

DIFFERIMENTO DELLA PENA

Il differimento della pena è quell’istituto giuridico che consente alla persona già condannata di rimandare l’attuazione della propria sanzione.

La legge prevede due tipi di rinvio dell’esecuzione della pena:

  • obbligatorio (art. 146 c.p.): al quale il giudice non può sottrarsi e riguarda solo le pene detentive (reclusione o arresto), non è, invece, possibile chiedere il rinvio obbligatorio della multa o dell’ammenda. Questo tipo di rinvio potrebbe avere luogo nei confronti di una donna incinta (revocato nei casi di interruzione di gravidanza); nei confronti della madre di un bambino di età inferiore a 1 anno (revocato se la madre viene dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale o per decesso del figlio); nei confronti di un soggetto affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertata, o da un’altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con la stato di detenzione, quando il soggetto si trova in una fase della malattia talmente avanzata da non rispondere più ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.
  • facoltativo (art. 147 c.p.): concesso se il giudice ritiene meritevole l’accoglimento della richiesta. Può essere concesso per un periodo non superiore a 6 mesi (se è stata presentata domanda di grazia al Presidente della Repubblica); se una pena detentiva deve essere eseguita contro un soggetto in condizioni di grave infermità fisica, e quindi esige un trattamento che difficilmente si può attuare in stato di detenzione; nei confronti della madre con prole di età inferiore ai 3 anni (revocato qualora sia dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale o per decesso del minore); nel caso di sopravvenuta infermità psichica del soggetto condannato, tale per cui il giudice possa ritenere che ciò renda impossibile l’esecuzione della pena (in questo caso viene ordinato il ricovero in una struttura che possa occuparsi della patologia in essere).

In ogni caso il giudice non può ordinare il differimento della pena e, se adottato, è revocato, se sussite il concreto pericolo che il condannato, approfittando della momentanea libertà, commetta altri delitti.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ordinanza del 4 aprile 2025, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto l’istanza avanzata dalla difesa del condannato ai sensi degli artt. 147 cod. pen., 47-ter, comma 1, Ord. pen., al fine di ottenere il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare a causa dello stato di salute, asseritamente incompatibile con la detenzione.

Il Tribunale, richiamata la vicenda giudiziaria all’esito della quale (Omissis) era stato condannato alla pena di dodici anni di reclusione per omicidio volontario del padre, in un contesto di deprivazione affettiva, ha dato conto dei resoconti dell’équipe dell’istituto, dai quali il condannato appare consapevole dell’accaduto, accetta la condanna, frequenta la scuola, evidenziandosi tuttavia la necessità di proseguire nell’osservazione intramuraria per esplorare maggiormente i vissuti familiari.

Con riferimento alle condizioni di salute, la relazione sanitaria 24 marzo 2025 dell’ASL Roma 6 e le precedenti evidenziano che, nell’ottobre 2023, è stato impiantato sul detenuto un defibrillatore presso l’ospedale di O per fronteggiare la cardiopatia ipertrofica ostruttiva, apparecchio periodicamente verificato e ben funzionante.

Il Tribunale ha altresì evidenziato che il condannato è stato sottoposto a visita cardiologica il 14 febbraio 2025, tratteggiandosi un quadro di compenso emodinamico, condizione coerente con le risultanze delle precedenti visite pur non potendosi escludere eventuali acuzie, lo stato attuale della salute del condannato richiede la sola prosecuzione del monitoraggio e delle cure, da effettuarsi anche presso presidi territoriali alla luce di tale quadro, il Tribunale ha escluso che sussistano, rebus sic stantìbus, i presupposti per il differimento della pena, considerata la necessità di bilanciare, da un lato, la finalità di assicurare una detenzione dignitosa e rispettosa dei principi di tutela della vita e della salute del condannato, dall’altro, le esigenze di difesa della collettività, correlate alla pericolosità del condannato.

Nel caso di specie, l’attuale stabilizzazione delle condizioni di salute, pur necessitante di contatti con presidi ospedalieri, restituisce un quadro stazionario della salute del condannato, non ingravescente, sotto controllo e compatibile con un regime detentivo caratterizzato dalla frequenza scolastica, dalla partecipazione alle attività trattamentali, dall’intrattenimento di relazioni proficue con i compagni, atte ad escludere profili di contrarietà al principio di umanità della pena.

Con riferimento alla pericolosità, il Tribunale ha evidenziato la segnalata necessità di un puntuale approfondimento critico circa il reato commesso che dia modo di sviscerare definitivamente l’origine della rabbia che ha condotto a quel gesto di estrema e irreversibile gravità, sicché ha ravvisato perduranti elementi di pericolosità sociale in capo al condannato.

 

2. Ha interposto ricorso per cassazione la difesa, proponendo un unico motivo, sintetizzato ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con il quale si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per violazione degli artt. 146, 147 cod. pen., 47-ter Ord. pen. e, sotto altro profilo, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Descritta la vicenda giudiziaria sfociata nella condanna a carico di (Omissis) con l’omicidio del padre, la difesa richiama le condizioni di salute del condannato, affetto da cardiopatia ipertrofica, come descritta nelle relazioni sanitarie e nei relativi certificati medici (in particolare, visita cardiologica 14 febbraio 2025, ecografia addominale 18 marzo 2025), dai quali emerge che “non si esclude la possibilità che si verifichino le condizioni per accessi urgenti a presidi ospedalieri, tenuto conto delle patologie cardiache”.

Alla luce di tale quadro e dei principi elaborati anche dalla giurisprudenza sovranazionale della Corte EDU, il ricorrente sostiene che non sia legittimo il richiamo, effettuato dal Tribunale, alla possibilità di attivare, ove se ne ravvisasse la necessità, presidi sanitari di urgenza, dovendosi vagliare la compatibilità delle condizioni medesime con lo stato detentivo, anche in relazione al principio di umanità cui la detenzione deve conformarsi.

Nel caso di specie, il Tribunale non avrebbe logicamente argomentato per quali ragioni un detenuto con rischio di ricadute nella patologia cardiaca di per sé grave, sia tale da rientrare nei limiti di tollerabilità compatibili con il regime detentivo, occorrendo altresì verificare, una volta esaurita la delibazione dello stato di salute, se l’eventuale differimento dell’esecuzione possa consentire al condannato di commettere nuovi reati, difettando in proposito l’assunzione di una visuale prospettica, non limitata al passato percorso criminale, circa la condotta futura del detenuto.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.

Alla luce delle coordinate esegetiche elaborate dalla giurisprudenza di legittimità, di recente ribadite con il principio, così massimato “Il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena di cui all’art. 147, comma primo, n. 2), cod. pen., presuppone che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la sua vita o da provocargli rilevanti conseguenze dannose, e, comunque, tale da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, essendo necessario operare un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività.” (Sez. 1, n. 11725 del 14/03/2025, S., Rv. 287692-01; cfr. anche, tra le molte, Sez. 1, n. 2337 del 13/11/2020, PG c. F., dep. 2021, Rv. 280352-01), deve ricordarsi che l’istituto del rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva si prefigge di evitare, a determinate condizioni, che il condannato affetto da una morbilità grave e non agevolmente trattabile in costanza di detenzione, permanga in stato detentivo, così producendosi una condizione inumana e degradante che non potrebbe essere compatibile, in primis, con i principi della Costituzione (artt. 27, 32 Cost.).

Come recentemente ha ricordato Sez. 1, n. 11725 del 14/03/2025, cit., la giurisprudenza della Corte EDU, evocata dal ricorrente a sostegno del proprio ricorso, fa obbligo allo Stato di preservare la salute e il benessere dei detenuti, secondo la previsione dell’art. 3 CEDU – cfr. Corte EDU Rooman c. Belgio ((GC), n. 18052/11, parr. 144-48, 31 gennaio 2019 e, ancor più recentemente, Corte EDU Niort c. Italia, n. 4217/23, par. 146, 27 marzo 2025 -, sulla base di una valutazione che, nella decisione sul differimento o meno della pena, deve tenere conto a) della condizione del detenuto e dell’effetto su quest’ultimo delle modalità della sua reclusione; b) della qualità delle cure fornite; c) del fatto che il detenuto debba o meno continuare a essere detenuto in considerazione del suo stato di salute.

 

1.1. Ciò premesso, il Tribunale di sorveglianza ha dato conto delle condizioni stazionarie di salute del condannato, il quale, pur affetto da grave patologia cardiaca, beneficia del continuo monitoraggio reso possibile grazie alla installazione di ICD sottocutaneo, comunemente detto defibrillatore, del perdurante controllo e monitoraggio del dispositivo stesso, al fine di garantirne la piena funzionalità, delle visite mediche periodiche, tra cui, da ultimo, quella del 4 febbraio 2025, dalla quale è emerso un quadro, tra l’altro, di “compenso emodinamica”, a conferma dell’esito delle visite avvenute in precedenza.

Alla luce di tali elementi, il provvedimento riferisce di una condizione caratterizzata dalla stabilizzazione del quadro clinico del condannato, che, pur richiedendo costanti contatti con i presidi sanitari, versa in condizioni di salute stazionarie le quali, pur se potenzialmente suscettibili di ingravescenza, escludono, al momento, acuzie.

Il trattamento sanitario riservato al condannato risulta pertanto assimilabile a quello previsto per una persona in stato di libertà che sia affetta da analoga patologia ed il ricorrente, con affermazioni generiche, inidonee a scalfire la chiara e non contraddittoria motivazione a sostegno del provvedimento, si limita a ricordare che le condizioni di salute non debbono dare luogo ad una sofferenza ulteriore rispetto a quella strettamente connessa alla espiazione della pena, ciò che, nella specie, risulta invece escluso.

 

1.2. Sotto altro profilo, il Tribunale, con motivazione non illogica ed esaustiva, ha dato conto, dopo le iniziali difficoltà, delle proficue relazioni del condannato con i compagni, della sua partecipazione alle attività scolastiche di talché, pur nell’impossibilità, per le ragioni di salute, di praticare sport, tali emergenze restituiscono un quadro di condizioni detentive non contrarie al principio di umanità della pena.

Invero, anche alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU, ripresi e sviluppati, in ultimo, dalla decisione Corte EDU Niort c. Italia, cit., che richiamano gli indici sulla cui base deve essere formulato il giudizio di compatibilità della detenzione rispetto alle condizioni di salute del condannato – “… Un primo elemento è costituito dallo stato di salute dell’interessato e dall’effetto delle modalità di esecuzione della sua detenzione sulla sua evoluzione…. le condizioni di detenzione non devono in nessun caso sottoporre la persona privata della libertà a sentimenti di paura, angoscia e inferiorità che possano umiliare, svilire e minare eventualmente la sua resistenza fisica e morale….. Un secondo elemento è costituito dall’adeguatezza o meno delle cure e dei trattamenti medici dispensati in carcere. Tale questione è la più difficile da risolvere. La Corte rammenta che il semplice fatto che un detenuto sia stato visitato da un medico e che gli sia stato prescritto un determinato trattamento non può portare a concludere automaticamente che le cure dispensate sono appropriate. Inoltre, le autorità devono assicurarsi che le informazioni relative allo stato di salute del detenuto e alle cure ricevute in carcere siano riportate in maniera esaustiva, che il detenuto benefici tempestivamente di una diagnosi precisa e di cure adatte, e che sia oggetto, quando la malattia da cui è affetto lo richiede, di una vigilanza regolare e sistematica, e di una strategia terapeutica globale, volta a porre rimedio ai suoi problemi di salute o a prevenirne l’aggravamento piuttosto che a curarne i sintomi. Per di più, spetta alle autorità dimostrare che hanno creato le condizioni necessarie affinché il trattamento prescritto sia effettivamente seguito. Inoltre, le cure dispensate in ambiente carcerario devono essere appropriate, ossia di un livello equiparabile a quello che le autorità dello Stato si sono impegnate a fornire a tutti i cittadini. Tuttavia, questo non implica che sia garantito a ogni detenuto lo stesso livello di cure mediche che è garantito nelle migliori strutture sanitarie esterne all’ambiente carcerario (Blokhin, sopra citata, par. 137, e Rooman, sopra citata, parr. 146-147). Qualora non sia possibile la presa in carico nel luogo di detenzione, il detenuto deve poter essere ricoverato o trasferito in un reparto specializzato (Rooman, sopra citata, par. 148).

 

83. La Corte. (EDU, n.d.r.) ha anche precisato che è fondamentale che un detenuto affetto da una grave malattia sia sottoposto a un esame del suo stato di salute da parte di uno specialista della patologia in questione, affinché gli possa essere dispensato il trattamento adeguato (Wenner c. Germania, n. 62303/13, par.56, 1 settembre 2016, e Keenan c. Regno Unito, n. 27229/95, par.115, CEDU 2001 III). In caso di pareri medici divergenti sul trattamento adeguato allo stato di salute del detenuto, le autorità penitenziarie e i giudici nazionali, per adempiere al loro obbligo positivo derivante dall’articolo 3, possono dover chiedere il parere di un esperto medico specializzato” – è evidente l’assenza di aporie della decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma, dalla quale emerge il costante e accurato livello di cura riservato al condannato, con il monitoraggio della patologia cardiaca ad opera di specialisti e dell’apposito presidio sanitario (defibrillatore) installato sullo stesso.

 

1.3. Risultano altresì infondate le censure del ricorrente anche in ordine alla valutazione in ordine alla residua pericolosità, ravvisata dal Tribunale che, richiamando la relazione di sintesi che sottolinea la “necessità di proseguire nell’osservazione inframuraria per esplorare maggiormente i vissuti familiari e individuare risorse personali che gli garantirebbero un adattamento più sicuro e solido alla società”. Il Tribunale, con motivazione che, afferendo al merito, ove non illogica, coerente con le emergenze ed esauriente, non è suscettibile di censura in sede di legittimità, conclude nel senso della “necessità di un approfondimento nella riflessione sul reato che conduca ad enucleare in modo chiaro l’origine della rabbia e le causa alla base della messa in atto della condotta connotata da elevato grado di violenza, come tale indicativa di problemi di discontrollo degli impulsi”, aspetti che, nella non illogica decisione, richiedono un percorso critico, non essendo possibile, allo stato, escludere l’attualità della pericolosità del condannato”.

Ragioni che, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, non si limitano, come sarebbe censurabile, alla sola considerazione del grave reato commesso ma, assumendo la prescritta visuale prospettica, evidenziano la necessità di un ulteriore periodo di riflessione critica tesa a sondare ed approfondire maggiormente i vissuti familiari, ai fini di “un adattamento più sicuro e solido alla società”.

Tanto premesso, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

 

Conclusione

Così deciso in Roma il 12 settembre 2025.

 

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2025.

Allegati

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