Svolgimento del processo
1. (omissis) impugnava gli avvisi di accertamento a titolo di imposta di registro notificatile per aver l’Ufficio ritenuto sussistente una causa di decadenza dal beneficio agevolativo della prima casa per abuso del diritto, risultando la contribuente in possesso di un immobile che aveva già goduto delle agevolazioni prima casa.
2. La CTP di Bologna accoglieva il ricorso, osservando che la nota II bis dell’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede che, al momento dell’acquisto agevolato di un immobile ad uso abitazione, l’acquirente non sia titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare, laddove per il precedente immobile (in relazione al quale aveva goduto l’agevolazione ‘prima casa’) la contribuente aveva già ottenuto il cambio di destinazione d’uso da abitazione (A/2) ad ufficio (A/10).
3. Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate, la CTR dell’Emilia-Romagna rigettava il gravame, affermando che nella valutazione del requisito oggettivo relativo alla non disponibilità di altro immobile si deve tener conto esclusivamente della classificazione catastale dell’immobile e non della sua concreta destinazione, che al momento del trasferimento della residenza la contribuente non disponeva di altro immobile che secondo la relativa classificazione catastale fosse destinabile ad uso abitazione e che, dunque, ricorrevano, nel caso di specie, ragioni economiche ed esigenze diverse ed ulteriori rispetto al mero vantaggio fiscale.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. (omissis) ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale la resistente ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 tariffa, parte I, nota II bis, D.P.R. n. 131/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR interpretato erroneamente, a suo dire, la locuzione “casa di abitazione” senza metterla in relazione con la fruizione dell’agevolazione stessa, che può essere richiesta una sola volta per l’acquisto di un fabbricato da adibire ad abitazione, salvo il caso della vendita o donazione del bene precedentemente acquistato con agevolazione.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, L. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che il mutamento della destinazione d’uso del precedente immobile, acquistato con le agevolazioni in parola ed effettuato solo tre giorni prima del secondo acquisto, era teso ad aggirare la ratio sottesa ai benefici fiscali in parola.
3. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono infondati.
L’art. 1 della tariffa, nota II bis, D.P.R. n. 131/1986 stabilisce: “Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto;
b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo”.
In tema di agevolazioni tributarie e con riguardo ai benefici per l’acquisto della “prima casa”, l’art. 1, quarto comma, e nota II bis, della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede, quindi, tra le altre condizioni per l’applicazione dell’aliquota ridotta dell’imposta di registro, la non possidenza, da parte dell’acquirente, di altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione. A tal riguardo, all’espressione “idoneità ad abitazione” deve essere attribuita, anche alla luce della ratio della disciplina in esame, un’accezione non meramente oggettiva, bensì soggettiva, nel senso che, ai fini della valutazione di tale “idoneità”, occorre apprezzare le concrete esigenze personali, familiari e lavorative dell’acquirente, rispetto alle quali assume rilievo anche l’ubicazione dell’immobile posseduto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 10925 del 11/07/2003; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11564 del 17/05/2006; per Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 100 del 2010 ricorre il requisito dell’applicazione del beneficio, anche all’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia).
In particolare, l’agevolazione per la cosiddetta prima casa, disciplinata dall’art. 1, lett. b), nota II – bis della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, subordina l’applicazione del beneficio all’acquisto di un’unità immobiliare da destinare a propria abitazione nel comune di residenza o (se diverso) ove si svolge la propria attività, alla non possidenza di altro immobile “idoneo” ad essere destinato a tale uso e alla dichiarazione formale, posta nell’atto di compravendita, di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato.
Ne consegue che chi abbia il possesso di altra casa valutata come “non idonea” all’uso abitativo, sia per circostanze di natura oggettiva (es.: inabitabilità) che di natura soggettiva (es.: fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative; può ugualmente godere dell’agevolazione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2418 del 18/02/2003).
Tuttavia, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 22560 del 10/08/2021 ha avuto modo di chiarire che, ai fini della fruizione dei benefici per l’acquisto della “prima casa”, l’art. 1, nota Il-bis, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 (nel testo vigente ratione temporis alla data del rogito, nella specie stipulato nel 2011), condiziona l’agevolazione alla non titolarità del diritto di proprietà “di altra casa di abitazione nel territorio del Comune ove è situato l’immobile da acquistare” senza più menzionare anche il requisito della “idoneità dell’immobile”, presente invece nella precedente formulazione della norma, sicché non assume rilievo la situazione soggettiva del contribuente o il concreto utilizzo del bene, bensì soltanto il parametro oggettivo della classificazione catastale dello stesso (cfr. in tal senso, già in precedenza, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25646 del 21/12/2015). Orbene, nel caso di specie, risulta ex actis e, comunque, non è contestato che:
1) con rogito del 28 febbraio 2005, la contribuente ha acquistato l’immobile sito nel Comune di B, alla Via (Omissis), usufruendo delle agevolazioni cd. “prima casa” e scontando, pertanto, le relative imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura ridotta, come previsto dalla normativa di settore ratione temporis vigente;
2) avendo la contribuente adibito il detto immobile ad uso studio privato, ha richiesto ed ottenuto la variazione d’uso e il contestuale passaggio dalla categoria catastale A/2 (abitazione civile) ad A/10 (studi privati);
3) successivamente, ha acquistato un nuovo immobile ad uso abitativo (l’appartamento sito alla Via (Omissis)), usufruendo nuovamente delle agevolazioni prima casa, non risultando più titolare, in virtù del fatto che quella sita in Via Saragozza era passata a nuova e diversa destinazione, di alcuna abitazione principale.
Del resto, la mera contiguità temporale (tre giorni), evidenziata dall’Ufficio, tra il mutamento della destinazione d’uso e l’acquisto del nuovo immobile da adibire ad abitazione non è di per sé sufficiente per poter affermare la mala fede della contribuente; potendo, di contro, la circostanza essere valorizzata a favore dell’intento regolarizzativo e di adeguamento del dato catastale alla già da tempo invalsa destinazione fattuale (non abitativa) dell’immobile preposseduto.
Né porterebbero a differenti conclusioni le pronunce menzionate dalla ricorrente (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 22339 del 06/09/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9096 del 24/08/1991), atteso che le stesse hanno stabilito si l’irrilevanza delle indicazioni catastali, attribuendo loro valore di semplici indizi, ma non ai fini fiscali, ciò in quanto il catasto è preordinato a fini essenzialmente fiscali. Solo al di fuori del contesto fiscale, pertanto, il diritto di proprietà, al pari degli altri diritti reali, non può – in assenza di altri e più qualificanti elementi ed in considerazione del rigore formale prescritto per tali diritti – essere provato in base alla mera annotazione di dati nei registri catastali.
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6 – Ordinanza nr. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 5.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 per cento, Iva e Cap.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 16 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2025.
				