• Home
  • >
  • Cassazione civile sez. V, 22/09/2025, n. 25761

Cassazione civile sez. V, 22/09/2025, n. 25761

Massima

In materia di agevolazione fiscale per l’acquisto della “prima casa”, il beneficio si estende oltre i casi espressamente previsti dalla legge, ricomprendendo non solo l’acquisto di immobili già esistenti o di quelli in corso di costruzione destinati ad abitazione non di lusso, ma anche le ipotesi in cui vengano in rilievo operazioni atipiche—quali le permute di cosa presente con cosa futura o i contratti do ut facias—inerenti a immobili ancora da costruire.

Supporto alla lettura

AGEVOLAZIONI FISCALI PRIMA CASA

Si tratta di una serie di agevolazioni fiscali finalizzate a favorire l’acquisto di immobili da destinare ad abitazione principale. Per esempio, con i benefici “prima casa” sono ridotte sia l’imposta di registro, se si acquista da un privato, sia l’IVA, se si acquista da un’impresa. Inoltre non sono dovuti imposta di bollo, tributi speciali catastali e tasse ipotecarie sugli atti assoggettati all’imposta di registro e quelli necessari per effettuare gli adempimenti presso il catasto e i registri immobiliari.

Queste agevolazioni interessano chi acquista un’abitazione principale e, in generale, si applicano quando:

 il fabbricato che si acquista appartiene a determinate categorie catastali;

 il fabbricato si trova nel comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza o lavora;

 l’acquirente rispetta determinati requisiti (non essere titolare di un altro immobile nello stesso comune e non essere titolare su tutto il territorio nazionale di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su un altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa).

Dal 1° gennaio 2016, i benefici fiscali sono riconosciuti anche all’acquirente già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni, a condizione che la casa già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto. L’estensione dell’agevolazione spetta anche nel caso di nuovo acquisto a titolo gratuito (donazione e successione).

Le agevolazioni ottenute quando si acquista un’abitazione con i benefici “prima casa” possono essere perse e, di conseguenza, si dovranno versare le imposte risparmiate, gli interessi e una sanzione del 30% delle imposte stesse. Questo può accadere se:

 le dichiarazioni previste dalla legge nell’atto di acquisto sono false;

 l’abitazione è venduta o donata prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto, a meno che, entro un anno, non si riacquista un altro immobile, anche a titolo gratuito, da adibire in tempi ragionevoli a propria abitazione principale.

Sulla causa di decadenza dell’agevolazione “prima casa”per mancato trasferimento della residenza nel termine di 18 mesi, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che se non è ancora trascorso tale termine per il trasferimento della residenza, l’acquirente che non può rispettare l’impegno assunto ha la possibilità di revocare la dichiarazione formulata nell’atto di acquisto dell’immobile e di chiedere la riliquidazione dell’imposta. Per fare questo, deve presentare un’istanza all’ufficio presso il quale l’atto è stato registrato. Se, invece, il contribuente lascia trascorrere il termine di 18 mesi senza trasferire la residenza e senza presentare un’istanza di revoca all’ufficio dell’Agenzia, si verifica la decadenza dall’agevolazione “prima casa”. Il contribuente ha comunque la possibilità di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso, se non gli è stato ancora notificato un atto di liquidazione o un avviso di accertamento. Deve però presentare un’istanza all’ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto, con cui dichiarare l’intervenuta decadenza dall’agevolazione e richiedere la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle Entrate di Pescara ha emesso avviso di liquidazione n. (omissis) notificato a (omissis) e (omissis), con il quale ha revocato l’agevolazione “prima casa”, recuperando l’imposta Iva ad aliquota normale (differenza da 4% a 10%), in relazione a contratto atipico (do ut facias, consistente in cessione di immobile contro costruzione di tre unità immobiliari abitative), con il quale (omissis) e (omissis) (coniugi in regime di comunione dei beni) e (omissis) avevano posto in essere un’articolata operazione permutativa nei confronti della (omissis) Srl

2. Avverso l’avviso di liquidazione n. (omissis), (omissis) e (omissis) hanno proposto autonomamente ricorso con reclamo ai sensi dell’art. 17-bis D.Lgs. 546/92.

3. La Commissione tributaria provinciale di Pescara, con la sentenza n. 154/02/2020, depositata il 24.08.2020, ha accolto parzialmente il ricorso.

4. Avverso la sentenza di prime cure hanno proposto appello i contribuenti, e la CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto il ricorso ed annullato l’atto impugnato, ritenendo che anche se l’operazione non è espressamente ricompresa nel paradigma legale che prevede il beneficio, la causa che sta alla base del negozio “atipico” in questione non è dissimile da quella dei negozi presi in espressa considerazione dalla legge, sicché non vi sarebbe alcuna ragione ostativa a riconoscere il beneficio, considerando che si tratta di bene non di lusso e che è stato osservato il termine di tre anni.

5. Avverso la suddetta sentenza di gravame l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui hanno resistito con controricorso i contribuenti.

6. Successivamente parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. Con unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto art.1 Tariffa Parte I, Nota II-bis allegata a TU registro n. 131/86 per trasferimenti soggetti ad imposta di registro; ai sensi della Tab. A parte II, n. 21 all. D.P.R. n. 633/72 applicabile ai trasferimenti soggetti ad Iva, per il richiamo contenuto in quest’ultima norma alle condizioni previste dalla Nota II bis all’art. 1 tariffa TU registro, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

1.1. La CTR avrebbe riconosciuto l’agevolazione fiscale pur avendo implicitamente ammesso che la fattispecie in esame (“cessione di bene presente contro bene futuro”) non è espressamente prevista dalla legge per il beneficio, soluzione non consentita perché l’agevolazione “prima casa” è una norma speciale e derogatoria che, in quanto tale, deve essere interpretata in senso restrittivo e non può essere estesa analogicamente a casi diversi da quelli espressamente contemplati. Il contratto in esame è qualificato come un “contratto atipico do ut facias” o “permuta di cosa presente con cosa futura”, riconducibile all’art. 1472 c.c. e si tratta dunque di un contratto misto che produce effetti reali per il bene presente ed effetti obbligatori per quello futuro da realizzare. Considerato che nella vendita di cosa futura la proprietà si trasferisce solo quando il bene viene ad esistenza, questa fattispecie non sarebbe assimilabile alla cessione di un bene in corso di costruzione.

1.2. I contribuenti hanno sostenuto che l’agevolazione si estende a “case di abitazione, ancorché non ultimate”, purché permanga l’originaria destinazione, e anche ai contratti d’appalto per la costruzione di case non di lusso. Hanno richiamato le norme applicabili (art. 1 Tariffa Parte I, Nota II-bis TU registro; Tab. A parte II, n. 21 D.P.R. 633/72) ed hanno citato giurisprudenza della Cassazione che riconosce il beneficio per gli immobili “in corso di costruzione”.

2. La questione riguarda, in sostanza, la assimilabilita dell’operazione posta in essere a quella degli immobili “in corso di costruzione”, ai quali si applica l’agevolazione.

3. Questa Corte ha difatti chiarito che l’agevolazione spetta anche con riferimento agli immobili in costruzione, determinando altresì il termine massimo di realizzazione, ed individuandolo nel termine di decadenza triennale del potere di accertamento dell’ufficio erariale in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire dei benefici medesimi di cui all’art. 76, comma 2, del D.P.R. n. 131 del 1986, decorrente dalla richiesta di registrazione dell’atto: le agevolazioni per l’acquisto della cd. “prima casa” spettano anche all’acquirente di immobile in corso di costruzione, da destinare ad abitazione non di lusso, tali benefici, tuttavia, possono essere conservati soltanto qualora la finalità dichiarata dal contribuente nell’atto di acquisto, di destinare l’immobile a propria abitazione, venga da questi realizzata entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell’Ufficio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire dei benefici medesimi di cui all’art. 76, comma 2, del D.P.R. n. 131 del 1986, decorrente dalla richiesta di registrazione dell’atto; nell’ipotesi in cui il legislatore non fissi il termine entro il quale deve verificarsi la condizione per il riconoscimento di un beneficio, tale termine, infatti, non può essere mai più ampio di quello previsto per i relativi controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso (Cass. 17/02/2022, n. 5180 (Rv. 663894 – 01)).

L’estensione del beneficio, da parte della giurisprudenza, alle ipotesi di immobili in corso di costruzione, da destinare ad abitazione non di lusso, risponde quindi alla medesima finalità dell’agevolazione “prima casa”, cioè favorire l’acquisto dell’abitazione principale.

3.1. In questa prospettiva deve prevalere l’effettiva destinazione dell’immobile rispetto al suo stato in divenire al momento dell’acquisto.

Recentemente si e affermata la spettanza dell’agevolazione anche nel caso di fabbricato collabente destinato, previ gli interventi edilizi del caso, ad abitazione principale (Cass. n. 3913/25).

3.2. Quindi, su tale fondamento teorico, deve ritenersi che l’uso concreto dell’immobile come residenza abituale del contribuente, da realizzarsi entro il termine sopra stabilito, giustifica l’estensione del beneficio anche nel caso in cui l’immobile non sia ancora ultimato al momento della compravendita. Escludere l’agevolazione per il solo fatto che l’immobile sia in costruzione determinerebbe, infatti, una disparità di trattamento irragionevole tra chi acquista un’abitazione già completata e chi, con lo stesso intento abitativo, acquista un bene ancora da ultimare. Una tale distinzione risulterebbe incoerente, poiché in entrambi i casi l’acquisto risponde alla medesima esigenza di soddisfare il bisogno abitativo primario del contribuente.

3.3. Partendo da tale impianto teorico, se ne deve concludere che anche la fattispecie in oggetto – consistente in un do ut facias, realizzato con cessione di immobile contro costruzione di tre unità immobiliari abitative – debba essere ricompresa nel perimetro dell’agevolazione.

3.4. Non sussiste quindi l’invocata violazione di legge, atteso che la CTR ha fatto corretta applicazione del principio che può così sintetizzarsi: ” “l’agevolazione “prima casa” di cui all’art. 1 Tariffa Parte I, Nota II-bis del D.Lgs. 131/1986 in materia di imposta di registro ricomprende anche l’ipotesi degli immobili in corso di costruzione destinati ad abitazione non di lusso, ivi comprese le ipotesi in cui vengano in rilievo operazioni atipiche (nella fattispecie permute e do ut facias) inerenti ad immobili ancora da costruire, laddove realizzano la finalità di assicurare una prima casa all’acquirente, risultando coerenti con la finalità della norma, che consiste nel favorire l’acquisto dell’abitazione principale, ed assumendo in ogni caso rilievo, a tal fine, l’effettiva destinazione dell’immobile a residenza, da realizzarsi entro i termini di legge”.

3.5. Il motivo è dunque infondato.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono, consegue che il ricorso dell’erario va rigettato.

5. In considerazione della novità della questione si ritiene che sussistano giustificati motivi per la compensazione delle spese di legittimità.

6. Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2025.

Depositata in Cancelleria il 22 settembre 2025.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi