– RILEVATO CHE:
1. L’Agenzia delle Entrate – Riscossione notificava, in data 12 novembre 2019, a It.Ro. l’intimazione di pagamento n. (Omissis), emessa ai sensi dell’art. 50, comma 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, con la quale si chiedeva al contribuente il pagamento dell’importo complessivo di Euro 75.857,90, risultante dai seguenti atti: a) avviso di addebito INPS n. (Omissis) per contributi I.V.S. (ossia contributi per Invalidità, Vecchiaia e Superstiti dovuti dai lavoratori autonomi) per Euro 1.089,54; b) intimazioni di pagamento n. (Omissis) per Euro 55.563,56 e n. (Omissis) per Euro 19.204,80 relative alla riscossione delle somme dovute in base rispettivamente agli avvisi di accertamento n. (Omissis) per l’anno 2007 e n. (Omissis) per l’anno 2008, per gli importi come rideterminati dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 4179/11/2014 depositata in data 30 luglio 2014, passata in giudicato.
2. It.Ro. impugnava l’intimazione di pagamento n. (Omissis), nonché le pregresse intimazioni di pagamento n. (Omissis) e n. (Omissis) dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenza n. 2993/2021, depositata in data 6 luglio 2021, accoglieva il ricorso, ritenendo che la sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 1531/2017 avesse annullato gli avvisi di accertamento quali atti prodromici all’atto impugnato. Pertanto, trattandosi di giudicato contrastante e temporalmente posteriore rispetto a quello della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 4179/11/2014, posta a fondamento degli avvisi di accertamento, il conflitto doveva essere risolto in favore dell’ultima pronuncia adottata.
3. Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, con sentenza n. 4337/2022, pronunciata il 21 ottobre 2022 e depositata in segreteria il 9 novembre 2022, rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata e condannando l’appellante alla rifusione delle spese di lite.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 9 gennaio 2023).
Resiste con controricorso It.Ro.
Non si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, rimasta intimata.
5. Con decreto presidenziale del 18 febbraio 2025 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1 cod. proc. civ.
– CONSIDERATO CHE:
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 324 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, che la Corte regionale aveva erroneamente interpretato il giudicato formatosi con la sentenza della C.T.R. Lombardia n. 1531/2017, depositata il 5 aprile 2017, ritenendo che fosse sussistente un conflitto di giudicati tra quest’ultima sentenza la sentenza della stessa C.T.R. n. 4179/2014, depositata il 30 luglio 2014, con riferimento all’eccepito annullamento degli avvisi di accertamento presupposti delle intimazioni di pagamento impugnate, ed applicando, di conseguenza, il criterio della c.d. prevalenza del giudicato cronologicamente posteriore.
2. Il motivo è fondato.
A seguito di verifica fiscale l’Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento di maggiori redditi imponibili nei confronti di It.Ro., per gli anni dal 2005 al 2008.
Avverso gli avvisi di accertamento n. (Omissis) (relativo all’anno d’imposta 2007) e n. (Omissis) (relativo all’anno d’imposta 2008) il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenze nn. 277/26/2013 e 298/26/2013, li rigettava.
Avverso tali sentenze l’It.Ro. proponeva distinti atti di appello dinanzi alla C.T.R. della Lombardia la quale, previa riunione dei giudizi, con sentenza n. 4179/11/2014, passata in giudicato, rideterminava le pretese dell’Ufficio nella misura del 44% del maggior reddito accertato per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, in conformità a quanto già deciso per l’anno 2005.
A seguito di tali sentenze, l’Ufficio procedeva ad emettere provvedimenti di sgravio parziale per gli anni in questione.
A questo punto l’Agente per la riscossione notificava all’It.Ro. comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, che veniva impugnata dal contribuente, il quale eccepiva la violazione dell’art. 1, commi 537 ss., della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
La C.T.P. di Milano adita, con sentenza n. 5667/2015, depositata il 23 giugno 2015, annullava gli atti impugnati, rilevano la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate alle istanze di annullamento proposte dal contribuente, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 540, L. n. 228/2012.
Interposto gravame sia dall’Agente per la riscossione che dall’Agenzia delle Entrate, la C.T.R. della Lombardia, con sentenza n. 1531/2017, depositata il 5 aprile 2017, rigettava entrambi gli appelli, condannando entrambi gli Uffici alla rifusione delle spese di lite.
Ora, l’oggetto del giudizio definito con la sentenza n. 1531/2017 riguardava soltanto l’impugnazione della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, e non anche gli avvisi di accertamento presupposti delle intimazioni di pagamento odiernamente impugnate, sui quali si era formato il giudicato con la sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 4179/2014, che aveva rideterminato la pretesa tributaria nella misura del 44% del maggior imponibile accertato.
D’altronde, la C.T.R. non avrebbe potuto procedere all’annullamento degli avvisi di accertamento in questione, posto che tale procedura riguarda gli atti della riscossione, e non gli avvisi di accertamento definitivi, sui quale l’iscrizione a ruolo si fonda.
Nessun conflitto di giudicati, pertanto, era nella specie configurabile, in quanto l’oggetto del giudizio definito con la sentenza n. della C.T.R. Lombardia n. 1531/2017, depositata il 5 aprile 2017, riguardava unicamente la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, e non anche gli avvisi di accertamento n. (Omissis) (relativo all’anno d’imposta 2007) e n. (Omissis) (relativo all’anno d’imposta 2008), sui quali si era formato il giudicato con la sentenza della stessa C.T.R. n. 4179/2014, depositata il 30 luglio 2014, sia pure per il minor importo ivi indicato.
L’annullamento della comunicazione preventiva e dei ruoli, il cui pagamento è stato con la stessa intimato, è avvenuto ai sensi dell’art. 1, comma 540, della L. 24 dicembre 2012, n. 228. Detta disposizione prevede che “in caso di mancato invio, da parte dell’ente creditore, della comunicazione” concernente l’esito dell’esame della dichiarazione di sospensione legale presentata dal debitore ai sensi del comma 538 dello stesso art. 1 della L. n. 228/2012, “trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite di cui al comma 537 sono annullate di diritto e quest’ultimo è considerato automaticamente discaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi”.
Tale disposizione, quindi, prevede l’annullamento di diritto delle partite di ruolo rispetto alle quali l’ente creditore non ha risposto nel termine di 220 giorni all’istanza di sospensione della riscossione presentata dal debitore ai sensi dell’art. 1, comma 538, della L. n. 228/2012. Ciò che viene annullato, dunque, è il ruolo formato dall’ente creditore per la riscossione coattiva del credito erariale, ma non il titolo giuridico in forza del quale il ruolo è stato formato, in quanto è solo con la formazione del ruolo che l’Amministrazione Finanziaria dà avvio alla riscossione coattiva delle imposte accertate.
A seguito dell’annullamento delle partite di ruolo, l’Ente creditore può, quindi, ovviamente iscrivere nuovamente a ruolo se il titolo giuridico legittimante l’iscrizione è ancora valido.
Ebbene, nel caso di specie, a seguito dell’annullamento delle partite di ruolo relative agli atti impositivi in esame con la più volte richiamata sentenza della C.T.R. Lombardia n. 1531/2017, alla quale l’Amministrazione Finanziaria ha dato esecuzione con gli sgravi di tali partite, l’Ufficio ha proceduto in seguito ad intimare nuovamente il pagamento degli importi risultanti dovuti in forza della sentenza di secondo grado della stessa C.T.R. n. 4179/2014, passata in giudicato, che ha rideterminato il maggiore imponibile per gli anni 2007 e 2008 in capo al sig. It.Ro..
È dunque evidente l’errore in cui è incorsa la Corte territoriale, nel ritenere che gli avvisi di accertamento n. (Omissis) per l’anno 2007 e n. (Omissis) per l’anno 2008 fossero stati annullati con la sentenza di secondo grado n. 1531/2017 e, conseguentemente, sussistente un conflitto di giudicati, che invece non c’è.
Nella fattispecie, dunque, il titolo giuridico degli affidamenti di cui alle intimazioni in questione è costituito dalla sentenza di secondo grado n. 4179/2014 depositata in data 30 luglio 2014 e passata in giudicato in data 16 marzo 2015 per mancata impugnazione, sentenza che consente la riscossione della pretesa tributaria dalla stessa accertata definitivamente nel termine di prescrizione decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c.
3. Consegue l’accoglimento del ricorso, e la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può quindi essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario proposto da It.Ro..
Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza del contribuente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Spese compensate per i gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto da It.Ro.
Condanna It.Ro. alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in Euro 5.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2025.
