Svolgimento del processo
1. La società A.R. s.r.l. ha interposto appello avverso la sentenza del Tar Lazio, sez. II ter, 23 novembre 2023, n. 17451 che ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti, proposti, il primo avverso un provvedimento di rigetto di un’istanza di riesame della scheda di dettaglio del P.M.O. di Via P., civico n. 231, e il secondo avverso l’atto endoprocedimentale di chiusura dell’istruttoria, riferito ad altra successiva istanza (ricorso pertanto dichiarato anche inammissibile) e rigettato il secondo ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la delibera di Giunta Capitolina di conclusione del procedimento di tale successiva istanza di revisione, conclusosi del pari con un rigetto.
2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.
2.1. Con D.D n. 2672 del 1.10.2002 il Municipio I di Roma Capitale rilasciava in favore della A.R. s.r.l. una concessione Osp permanente in Via P. n. 231 per mq. 29,40, riferita all’occupazione con tavoli, sedie, fioriere, pannellature, ombrelloni, alla quale, con successiva D.D. n. 1720 del 9.07.2003, veniva successivamente aggiunta una pedana.
2.2. Con D.D.T. n.1813 del 20.06.2007 e D.D.T. n. 1599 del 3.10.2008 veniva modificato il regime della viabilità stradale di Via P..
2.3. Con D.C.M. n. 28 del 14.10.2011 il Municipio I approvava il P.M.O. di Via P., nell’ambito del quale la parte in cui insisteva il civico n. 231, oggetto di concessione in favore della ricorrente, veniva dichiarata a occupabilità zero.
2.4. Conseguentemente, con nota prot. (…) del 13.06.2012, il Municipio I comunicava all’A.R. s.r.l., in occasione della relativa scadenza, la disdetta della concessione Osp permanente per mq. 29.40 in Via P. n. 231, già autorizzata con D.D. n. 1720/2003.
2.5. L’interessata impugnava detto provvedimento innanzi il T.a.r. per il Lazio, inscrivendo la causa al n.r.g. 8418/2012.
2.6. Sopravveniva nelle more la D.D.T. n 425 del 10.03.2016, recante nuova disciplina viaria di Via P., derogatoria dell’Ordinanza Sindacale di Traffico n. 190/1997.
2.7. Pertanto il 23.06.2016 la Commissione P.M.O. confermava la scheda di dettaglio del P.M.O. di Via P. n. 231, evidenziando come la stessa non facesse riferimento alla D.D.T. 1599/2008, richiamata nell’istanza di riesame, bensì alla D.D.T. n. 1813/2007 del Dipartimento Mobilità e Trasporti, relativamente ai tratti di sosta tariffata (fascia blu), nonché all’O.S. 190/1997, relativamente ai tratti di sosta codificata come fascia bianca, con conseguente non assentibilità di Osp in zone con parcheggio codificato misto, al fine di non compromettere l’equilibrio proporzionale tra soste tariffate e soste gratuite o ad orario.
2.8. Preso atto di quanto sopra, con nota prot. (…) del 12.09.2016 il Municipio I disponeva il rigetto dell’istanza di revisione del P.M.O. promossa dalla ricorrente nel 2014, oggetto del ricorso per motivi aggiunti nel giudizio iscritto presso il Tar per il Lazio al n.r.g. 8418/2012, conclusosi con sentenza di rigetto n. 5151/2019, confermata in appello da questa sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 6916/2019.
2.9. Con nota prot. (…) del 28.09.2018 la A.R. s.r.l., premesso che Via P. rientrava nella viabilità locale e non nella viabilità principale, e che nell’area antistante il ristorante non esisteva alcuna sosta tariffata, chiedeva la riattribuzione della concessione Osp per mq. 29,40.
2.10. Nel Verbale del 5.12.2018 la Commissione P.M.O., premesso che dall’istruttoria compiuta, risultava che già nel 2002 l’area oggetto della richiesta di Osp era adibita a parcheggio per i residenti del settore F della ZTL, ex O.S. 190/1997 (come da segnaletica verticale ed orizzontale ivi esistente), e che la suddetta disciplina di sosta risultava riconfermata dalla D.D.T. n. 425/2016, confermava la scheda di dettaglio redatta in applicazione dei criteri tecnici approvati per la redazione del Piano che non prevedono l’assentibilità di Osp in zone con parcheggio codificato misto.
2.11. Pertanto, con atto prot. (…) del 15.01.2019, il Municipio I comunicava all’interessata il rigetto dell’istanza di riesame: detto provvedimento veniva impugnato innanzi al T.a.r. per il Lazio con ricorso principale, iscritto al numero di ruolo R.G. n. 3183/2019.
2.12. Con D.D. 558 del 4.11.2021 il Dipartimento Sviluppo Economico e Attività Produttive riteneva, sia pure con atto endoprocedimentale di conclusione dell’istruttoria, non accoglibile un’ulteriore istanza di riesame P.M.O. di Via P. presentata dalla ricorrente e dall’Associazione “R.P.B.”.
2.13. Avverso detto provvedimento l’interessata promuoveva un primo ricorso per motivi aggiunti nel giudizio R.G. n. 3183/2019 incardinato presso il T.a.r. per il Lazio.
Il 18.05.2021 la A.R. s.r.l. aveva infatti presentato, insieme all’Associazione “R.P.B.”, una nuova istanza di riesame della scheda di P.M.O. di Via P., impugnando il silenzio serbato su di essa da Roma Capitale nel giudizio n.r.g. 6261/2022, all’esito del quale, con sentenza n. 12787 del 10 ottobre 2022, il T.a.r. per il Lazio, sez. II ter, dichiarava l’illegittimità del silenzio serbato da Roma Capitale sull’istanza presentata dalla ricorrente e l’obbligo dell’Amministrazione Capitolina di provvedere entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza, salva nomina di un Commissario ad acta, ritenendo a tal fine irrilevante l’atto di conclusione dell’istruttoria, di cui alla D.D. 558 del 4.11.2021, in assenza dell’adozione dell’atto conclusivo, di spettanza della Giunta Capitolina, chiamata ad esprimere la sintesi degli interessi in gioco.
2.14. Con D.G.C. n.76 del 2.03.2023 la Giunta Capitolina, in ottemperanza all’indicata sentenza del T.a.r. per il Lazio, resa nel giudizio ex artt. 31 e 117 c.p.a., adottava infine il provvedimento espresso di rigetto dell’istanza di revisione del P.M.O. presentata dalla A.R. s.r.l. e dall’Associazione “R.P.B.”, confermando, contestualmente, la scheda di dettaglio n. 115 approvata con D.C.M. n. 28/2011, recante il P.M.O. di Via P., condividendo del tutto le conclusioni della Commissione Tecnica, già riportate nella D.D. 558 del 4.11.2021 di conclusione dell’iter istruttorio.
2.15. Avverso detta D.G.C. n. 76 del 2.03.2023 l’interessata promuoveva ulteriore ricorso per motivi aggiunti nel giudizio R.G. n. 3183/2019, incardinato presso il T.a.r. per il Lazio.
Segnatamente l’ultima istanza di revisione del P.M.O. veniva rigettata, in sintesi, per il fatto che si era ritenuto non opportuno sottrarre ulteriori aree di sosta su via P., strada classificata quale viabilità locale e ricompresa nell’ambito di pianificazione del centro storico, su cui vige la “Nuova disciplina della sosta tariffata su strada”, ai sensi della quale occorre contemperare la domanda di sosta dei residenti e la necessità di distribuire in modo omogeneo gli stalli di sosta gratuita.
2.15.1. La ricorrente contestava, con il secondo ricorso per motivi aggiunti, le ragioni di diniego di revisione del P.M.O., lamentando il difetto di partecipazione procedimentale (avendo essa ricevuto soltanto l’atto di avvio del procedimento di revisione, senza ulteriori comunicazioni con riguardo ai motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza), rappresentando la sussistenza delle condizioni che, ai sensi dell’art. 10, comma 4, della D.A.C. 21/2021, legittimavano la richiesta di revisione del Piano, evidenziando l’erronea ascrizione di via P. alla viabilità principale, anziché alla viabilità locale, la genericità della motivazione, in sostanza compendiata nella mera circostanza del ricadere la via in un’area di sosta tariffata, e l’esistenza di una rilevante sopravvenienza, rappresentata da una nota dell’Amministrazione capitolina che avrebbe rilevato, nella zona del quartiere Monti (al cui interno si colloca via P.) un eccesso di stalli di sosta. Infine, a giudizio della ricorrente, la Giunta Capitolina si sarebbe limitata a ratificare le conclusioni della Commissione Tecnica, omettendo la fase decisoria del procedimento.
3. Con sentenza 23 novembre 2023, n. 17451, il T.a.r. per il Lazio, sez. II ter, alla luce dell’adozione della D.G.C. n. 76/2023 del 2.03.2023, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo e del primo ricorso per motivi aggiunti (questi ultimi, peraltro, dichiarati anche inammissibili in quanto rivolti avverso un atto endoprocedimentale), mentre ha respinto il secondo ricorso per motivi aggiunti, relativo all’impugnativa dell’indicata delibera di Giunta Capitolina.
4. Avverso tale sentenza A.R. s.r.l., precisando di avere interesse alla riforma della sentenza di prime cure solo per la parte riferita al secondo ricorso per motivi aggiunti, riproponendo i relativi motivi, ha articolato, in tre motivi, le seguenti censure:
1) Erroneità ed omessa pronuncia: violazione degli artt. 7 e ss. L. n. 241 del 1990;
2) Erroneità ed omessa pronuncia: violazione degli artt. 10 e 37 della D.A.C. 21/201; eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, erroneità, arbitrio assoluto;
3) Erroneità ed omessa pronuncia: eccesso di potere per arbitrarietà, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento dei presupposti in fatto e diritto.
5. Si è costituita Roma Capitale, con memoria di mero stile, instando per il rigetto del ricorso.
6. In vista dell’udienza di discussione entrambe le parti hanno prodotto memoria di discussione diretta, ex art. 73 comma 1 c.p.a., nonché memoria di replica, instando nei rispettivi assunti.
6.1. In particolare parte appellante, con la memoria di discussione, ha chiesto che venga disposta istruttoria, al fine di chiarire se ad oggi, nell’area d’interesse, vi sia o meno penuria di stalli di sosta, il tutto con dati tecnici, specifici e non mere affermazioni di stile, evidenziando come il giudice di prime cure non abbia considerato che non era stato dato atto di istruttorie successive al 2020, anno di redazione della nota assessorile prodotta dall’appellante, analitica e specifica sulla questione, concludendo che l’occupazione richiesta dalla ricorrente non altererebbe alcun equilibrio tra soste e parcheggi e che il provvedimento impugnato non aveva affatto considerato tale nota.
7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 13 febbraio 2025.
Motivi della decisione
8. Viene in decisione l’appello proposto dalla società A.R. s.r.l. avverso la sentenza del T.a.r. per il Lazio, in epigrafe indicata, che ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti, proposti, il primo avverso un provvedimento di rigetto di un’istanza di riesame della scheda di dettaglio del P.M.O. di Via P., civico n. 231, e il secondo avverso l’atto endoprocedimentale di chiusura dell’istruttoria, riferito a successiva istanza (ricorso pertanto dichiarato anche inammissibile) e rigettato il secondo ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la delibera di Giunta Capitolina, D.G.C. n.76 del 2.03.2023, di conclusione del procedimento riferito a tale successiva istanza di revisione, conclusosi del pari con un rigetto.
9. Segnatamente il primo giudice, nel rigettare il secondo ricorso per motivi aggiunti – sul quale residua l’interesse di parte appellante – ha in primis osservato che il diniego opposto dalla Giunta capitolina alla richiesta di riesame era motivato con richiamo, per relationem, al parere negativo della Commissione Tecnica incaricata, a sua volta adottato alla luce di quanto rilevato dal Dipartimento mobilità e trasporti.
9.1. Ha poi respinto il primo motivo di tale ricorso, con il quale la ricorrente aveva lamentato la violazione delle garanzie partecipative, in quanto la società era stata debitamente avvisata dell’avvio del procedimento (peraltro iniziato a istanza di parte), mentre nessun dubbio vi era in ordine alla conoscenza delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza, in quanto già indicate nella Determinazione Dirigenziale gravata con il primo ricorso per motivi aggiunti.
9.2. Quanto alle restanti doglianze ha osservato che le valutazioni tecnico-discrezionali svolte dalla Commissione incaricata erano immuni dai vizi denunciati, avendo la Commissione ragionevolmente e adeguatamente chiarito, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica – che, come noto, può essere sindacata soltanto ove affetta da manifesta arbitrarietà e illogicità – i motivi per i quali le proposte di revisione presentate non potevano essere accolte, avendo evidenziato puntualmente le ragioni per le quali non appariva opportuno sottrarre ulteriori spazi agli stalli di sosta (gratuiti o a pagamento) esistenti su una via che rientra tra le zone centrali della città “in cui l’offerta di sosta rimaneva carente, a fronte di una crescente domanda da parte sia dei residenti che dei fruitori occasionali”, così da rispondere, conclusivamente, a una esigenza di tutela della mobilità cittadina, oltre che degli equilibri finanziari connessi all’esistenza dei parcheggi a pagamento.
Né la scelta formale di motivare il provvedimento richiamando, per relationem, la valutazione della Commissione, integrava di per sé una carenza argomentativa dell’atto giuntale, esplicitando, per contro, la prescelta modalità argomentativa la totale condivisione delle valutazioni dell’organo tecnico, sulla base delle risultanze istruttorie pure richiamate nel provvedimento.
Quanto alle ulteriori doglianze articolate dalla società A.R. – la concessione di suolo pubblico a favore della quale risultava disdettata da Roma Capitale fin dal 2012, con provvedimento il ricorso avverso il quale risultava definitivamente respinto con sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 6916 dell’11 ottobre 2019 – il primo giudice ha osservato che:
a) diversamente da quanto sostenuto in gravame, il provvedimento di diniego di riesame qualifica via P. come rientrante nella viabilità locale e non in quella principale; la circostanza, peraltro, era ininfluente ai fini del contestato esito provvedimentale, a determinare il quale aveva concorso il fatto che la strada rientra nella zona del centro storico, area in cui occorre tutelare le esigenze di mobilità, anche mediante riserva degli spazi di sosta e conservazione degli equilibri esistenti tra sosta tariffata e sosta gratuita;
b) la detta motivazione risultava in sé congrua e sufficiente ed era stata sostanzialmente criticata dalla ricorrente non individuando profili intrinseci di illogicità, ma sovrapponendo una sua valutazione di merito alla valutazione discrezionale posta in essere;
c) a nulla rilevava la circostanza del pregresso godimento, da parte della ricorrente, di una concessione di suolo pubblico in corrispondenza del civico n. 231 di via P., atteso che la stessa era venuta meno ben nove anni prima dell’istanza di riesame del cui rigetto si discute(va), restando del tutto assertiva e soggettiva l’affermazione secondo cui la detta occupazione, nel periodo di validità, non avrebbe determinato una apprezzabile diminuzione dei parcheggi sulla via o un significativo squilibrio tra gli stalli di sosta e parcheggio, tanto più che, nel corso di nove anni, la situazione del traffico si era notoriamente evoluta in senso peggiorativo;
d) la nota prot. (…) dell’11 febbraio 2020 dell’Assessore alle politiche dell’Ambiente del Municipio I non integrava, all’evidenza, una modifica normativa che comportasse cambiamenti dello stato dei luoghi, né, alla luce del suo letterale tenore, un vero e proprio “atto di impulso di un organo politico”, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 15, della D.A.C. 21/2021, non essendo la missiva in alcun modo correlata a specifici progetti volti al decoro ed alla rigenerazione urbana dell’area.
10. Con tre motivi di appello la società contesta il decisum di prime cure nella parte riferita al rigetto del secondo ricorso per motivi aggiunti, nella sostanza riproponendone i motivi.
11. Segnatamente con il primo motivo di appello l’A.R. s.r.l. lamenta l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui aveva disatteso la censura relativa all’omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in violazione dell’art. 10 bis L. n. 241 del 1990, sulla base del rilievo che il primo giudice non abbia considerato che nel caso di specie non si era di fronte ad attività vincolata, ma puramente discrezionale, trattandosi di riesame del Piano di massima occupabilità, sollecitato su istanza di parte.
11.1. L’Amministrazione infatti aveva comunicato l’avvio del procedimento esclusivamente per indicare il dies a quo da cui calcolare i termini procedimentalmente previsti per la conclusione del procedimento, non notiziando gli istanti dei motivi ostativi all’accoglimento della loro istanza ed impedendo ogni forma di contraddittorio endoprocedimentale, in violazione dei principi cardine del procedimento amministrativo, del Regolamento in materia e disattendendo quanto evidenziato nella medesima istanza di riesame, con cui si specificava “Si chiede ovviamente di essere destinatari di ogni comunicazione, con particolare riguardo a quella di avvio del procedimento e di partecipare endoprocedimentalmente all’attività della P.A., discrezionale e non vincolata e che quindi deve garantire la partecipazione del privato”.
11.2. Il motivo va disatteso in quanto, come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure, con motivazione in alcun modo scalfita dal motivo di gravame, nessun dubbio poteva esserci per l’interessata in ordine alla conoscenza delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza, tutte già indicate nella D.D. impugnata con i primi motivi aggiunti, da ritenersi quale mero atto endoprocedimentale di conclusione dell’istruttoria, come ritenuto peraltro dal Tar per il Lazio, sez. II ter, con la sentenza 10 ottobre 2022, n. 12787, che ha ritenuto che l’atto conclusivo del procedimento dovesse essere adottato dalla Giunta Capitolina, che ha pertanto provveduto con la delibera oggetto del secondo ricorso per motivi aggiunti.
11.3. Infatti, come peraltro risultante dal provvedimento gravato, con Determinazione Dirigenziale n. QH/558/2021 del 04/11/2021 (prot. n. (…)), “è stato concluso l’iter istruttorio relativo all’istanza di revisione in esame, recependo le motivazioni di cui al parere negativo espresso dalla Commissione Tecnica, e per l’effetto, rigettando l’istanza” (rectius proponendo il rigetto dell’istanza) e “con nota prot. (…) del 05/11/2021, il suddetto provvedimento espresso di rigetto è stato regolarmente notificato alla società richiedente” (rectius è stata notificata la nota di proposta del rigetto dell’istanza).
11.3.1. Pertanto la società, essendo ben conscia della circostanza che l’iter dovesse essere ancora concluso, avendo in tal senso promosso autonomo giudizio con il rito sul silenzio innanzi al T.ar. per il Lazio, accolto con la sentenza della sez. II ter, 10 ottobre 2022, n. 12787, ben avrebbe potuto interagire con il Comune nel corso del procedimento, depositando controdeduzioni rispetto alla proposta di rigetto di cui all’indicata Determinazione Dirigenziale, laddove per contro si è limitata ad avversare l’atto conclusivo del procedimento, con il secondo ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la delibera di Giunta Capitolina, che ha poi recepito il contenuto della Determinazione Dirigenziale, la quale a sua volta aveva fatte proprie le conclusioni delle Commissione Tecnica, pronunciatasi su conforme parere del Dipartimento Mobilità e Trasporti, di cui alla nota prot. (…) del 28/09/2021.
11.3.2. Pertanto alcun rilievo ha quanto dedotto da parte appellante – e peraltro privo di qualsivoglia supporto probatorio circa l’impegno da assumere e/o circa la possibile disponibilità di parcheggi coperti nella zona de qua – circa il fatto che, ove il contraddittorio fosse stato correttamente istaurato, la stessa avrebbe potuto esporre soluzioni alternative, come ad esempio l’impegno a sottoscrivere un contratto per mettere a disposizione gratuita della collettività aree di parcheggio (peraltro coperte e non esposte alle intemperie) sostitutive degli stalli oggetto di occupazione di suolo pubblico.
11.3.3. Infatti, venendo in rilievo un’istanza di revisione di un P.M.O., che non prevedeva alcuna occupazione di suolo pubblico al civico n. 231 di Via P., per circostanze ben note alla ricorrente, cui l’occupazione di suolo pubblico non era stata più rinnovata da tempo, in applicazione del P.M.O., detta soluzione alternativa avrebbe potuto essere fornita all’atto di presentazione dell’istanza di revisione, ovvero ancora all’atto di comunicazione dell’avvio del procedimento, essendo possibile per la parte, all’esito di tale comunicazione produrre memorie e documenti ex art. 10, L. n. 241 del 1990, ovvero ancora, in ultimo, in esito alla comunicazione della D.D. suindicata, contenente la conclusione dell’iter istruttorio, con correlativa proposta di rigetto dell’istanza, da parificarsi, in quanto mero atto endoprocedimentale, ad una comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
Ed invero, quanto meno all’esito della comunicazione di tale D.D., l’A.R. s.r.l. – avendo tra l’altro promosso autonomo ricorso con il rito sul silenzio, non ritenendo concluso il procedimento – nel rispetto del principio di leale collaborazione e di buona fede, che governa i rapporti fra cittadino e P.A., ex art. 1 comma 2 bis, L. n. 241 del 1990, avente portata biunivoca e corollario del principio di buon andamento e imparzialità della P.A. ex art. 97 Cost., avrebbe ben potuto indicare la paventata soluzione alternativa, corredata da idonea documentazione, per contro genericamente dedotta solo in sede ricorsuale.
11.3.4. Ciò in disparte dal rilievo che appare poco credibile che potessero essere offerti parcheggi gratuiti coperti, a spese della società appellante, a favore indistintamente della collettività o dei residenti, e non piuttosto, secondo l’id quod plerumque accidit, a favore dei (soli) clienti dell’esercizio di ristorazione in sua titolarità.
11.4. Pertanto, avuto riguardo alla specificità della fattispecie, alcuna omessa pronuncia o alcuna carenza di motivazione è ravvisabile nel decisum di prime cure, che ha respinto sul punto la censura, non rilevando, per le ragioni innanzi esposte, la circostanza che nell’ipotesi di specie si sia in presenza di attività discrezionale anziché di attività vincolata; ciò in disparte dal rilievo che, secondo quanto di seguito precisato, non erano stati forniti dalla parte, nell’istanza di revisione, idonei supporti probatori circa la ricorrenza dei presupposti (vincolanti) per procedere alla revisione del P.M.O., quale normata nel Regolamento per la disciplina del canone patrimoniale per l’occupazione di suolo pubblico di cui all’art. 1, comma 819, lett. A), della L. 27 dicembre 2019, n. 160, approvato con Deliberazione n. 21 del 24/03/2021 dell’Assemblea Capitolina (di seguito anche Regolamento o D.A.C. 21/2021).
11.5. Del tutto inconferente è poi il richiamo operato da parte appellante alla sentenza del T.a.r. per il Lazio, n. 14781 del 5 ottobre 2023, in quanto riferita a una mancata comunicazione di avvio del procedimento rispetto ad una revisione in peius del Piano di massima occupabilità, laddove qui viene in rilievo un’istanza sulla revisione in melius del Piano (e dunque un’istanza di parte).
12. Con il secondo motivo di appello la società denuncia l’erroneità della sentenza di prime cure nel punto in cui ha disatteso la censura riferita alla violazione degli artt. 10 e 37 della D.A.C. 21/2021, riferiti alla revisione del P.M.O., nonché il correlativo difetto di istruttoria e di motivazione.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti infatti la società aveva gravato la Delibera di Giunta sotto il profilo del difetto di istruttoria e illogicità, nonché di contraddittorietà dell’azione amministrativa, evidenziando in primo luogo come la scheda allegata al P.M.O., come esposto nell’istanza di riesame, fosse errata perché redatta sul falso presupposto che Via P. fosse strada a viabilità principale, laddove la stessa era a viabilità locale, richiamando la giurisprudenza amministrativa, rammentata nell’istanza, secondo cui l’occupazione di suolo pubblico su viabilità locale non sarebbe denegabile per il mero fatto di ricadere su area di sosta tariffata.
La possibilità di richiedere il riesame della scheda di P.M.O., in tesi, era affidata ad una sopravvenienza, nel caso di specie rappresentata da una nota dell’Amministrazione capitolina, ove era stato dettagliatamente evidenziato che nel tratto d’interesse non vi era necessità di stalli di sosta (nota prot. (…) dell’11 febbraio 2020 dell’Assessore alle politiche dell’ambiente del Municipio I).
Parte appellante aveva dunque evidenziato come, su tale nota di Roma Capitale, il gravato provvedimento non avesse speso una parola, con gravissimo difetto istruttorio.
La ricorrente si era infatti attivata per comprendere se la propria occupazione alterasse l’equilibrio tra soste ed occupazioni. Vistasi replicare, con l’indicata nota del 2020 di Roma Capitale, che l’occupazione era assentibile perché i posti di parcheggio erano ritenuti sufficienti, aveva allora proposto istanza di riesame della scheda di Piano, laddove il provvedimento di diniego finale non era in alcun modo motivato in relazione a tale nota assessorile, senza peraltro dare conto di nuove rinnovate istruttorie, successive al 2020, quando il problema era stato ritenuto inesistente.
Il primo giudice aveva liquidato la nota del 2020, in tesi erroneamente qualificata quale “atto di impulso politico”, banalizzandola, quando in realtà conteneva dati tecnici, precisazioni che Roma Capitale non aveva nemmeno contestato.
12.1. Anche tale motivo è destituito di fondamento, avendo il giudice di prime cure esaurientemente risposto alle doglianze della ricorrente.
12.2. Preliminarmente occorre ricordare che, come osservato dal T.a.r., (con richiamo alla sentenza della sezione n. 11380 del 2 settembre 2022 e ai precedenti ivi citati), i Piani di massima occupabilità costituiscono una peculiare species all’interno dell’ampio genus degli atti di pianificazione (generalmente indirizzati ad una pluralità indifferenziata di destinatari ed improduttivi di effetti nei confronti di singoli soggetti), in quanto essi producono invece, nella maggior parte dei casi, effetti immediati nei confronti di specifici destinatari direttamente e specificamente individuati nei Piani medesimi, con ciò assumendo forma e natura tipicamente provvedimentale. I PP.M.O. invero sono stati previsti, sin dalla deliberazione del Consiglio comunale n. 103/2004 e, in seguito, nei vari Regolamenti capitolini succedutisi in materia di occupazione di suolo pubblico (che, con alcune eccezioni, ne hanno demandato l’approvazione ai singoli Municipi, oggi invece di competenza della Giunta Capitolina), come strumenti di pianificazione destinati esclusivamente ad una determinata categoria di soggetti, vale a dire agli esercenti l’attività di somministrazione di alimenti e bevande (che sono, in sostanza, gli unici titolati, in base agli stessi Regolamenti, ad ottenere la tipologia di concessione regolata dai PP.M.O.). Inoltre, nel tempo i Piani – pur perseguendo obiettivi “generali” di pianificazione delle diverse zone del territorio di Roma Capitale, con la finalità espressa di tutelare gli “interessi pubblici relativi alla circolazione, igiene, sicurezza, estetica, ambiente e tutela del patrimonio culturale” (cfr. già art. 4 bis del Regolamento di cui alla D.C.C. 119/2005 e, oggi, con testo sovrapponibile, art. 10, comma 4, della D.A.C. 21/2021) e, quindi, atteggiandosi, in astratto, quali strumenti di pianificazione generale, in concreto sono poi sempre stati approvati effettuando una puntuale ricognizione delle attività commerciali già operanti nei siti da pianificare, specificamente identificate per il tramite dell’indirizzo comprensivo del numero civico, e delle occupazioni eventualmente già concesse, rispetto alle quali, in alcuni casi, sono state apportate modifiche direttamente in sede di approvazione della scheda di P.M.O.. In linea con questo peculiare atteggiarsi dell’attività di “pianificazione” di cui si discute, la normativa adottata in materia da Roma Capitale prevede un’apposita disciplina per la revisione dei PP.M.O., su istanza di coloro che vi abbiano interesse.
12.3. In particolare il Regolamento capitolino da un lato stabilisce che il “rilascio di concessioni” agli esercenti la somministrazione può essere subordinato alle prescrizioni di appositi PP.M.O. che individuino la massima occupabilità delle aree di rispettiva competenza e, dall’altro lato, ne prevede espressamente la possibilità di revisione, al ricorrere di determinati presupposti, su richiesta di Associazioni o anche di singoli interessati.
Al riguardo l’articolo 10, comma 4 del predetto Regolamento, di cui alla D.A.C. n. 21/2021, prevede infatti che:
“Nell’ambito della Città Storica, Roma Capitale può subordinare il rilascio di concessioni di suolo pubblico alle prescrizioni di appositi piani che individuino la massima occupabilità delle aree di rispettiva competenza espressamente individuate con deliberazione di Giunta Capitolina (…). Tali piani sono approvati dalla Giunta Capitolina, acquisito il parere della Polizia Locale di Roma Capitale e della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e degli altri Uffici competenti per le singole materie, tenendo conto degli interessi pubblici relativi alla circolazione, igiene, sicurezza, estetica, ambiente e tutela del patrimonio storico-artistico-culturale. In caso di modifiche normative che comportino cambiamenti dello stato dei luoghi, ovvero su impulso degli organi politici in relazione a specifici progetti volti al decoro ed alla rigenerazione urbana dell’area o, in occasione di mutamento delle condizioni poste alla base di un precedente diniego, di modifiche alla viabilità, le associazioni di categoria possono presentare una proposta di revisione delle occupazioni di suolo pubblico relative ad un Piano di Massima Occupabilità già approvato da sottoporre all’approvazione della Giunta Capitolina….”.
L’articolo 37, comma 15 prevede inoltre che:
“(…) il Dipartimento Sviluppo Economico e Attività Produttive, con proprio atto, provvederà ad effettuare una ricognizione dei criteri di cui al presente Regolamento da adottare ai fini della revisione e della redazione dei Piani predetti, da sottoporre alla Giunta Capitolina per l’approvazione. E’ fatta salva la validità di tutti i Piani di Massima Occupabilità già approvati dagli Organi comunali e/o municipali competenti, ferma restando la facoltà di attivare specifico procedimento di revisione”.
12.4. Con Determinazione Dirigenziale del Dipartimento Sviluppo Economico n. rep. (…) del 06/05/2021 (prot. (…)) sono stati individuati, all’esito della ricognizione effettuata in esecuzione di quanto previsto dall’articolo 37, comma 15 del Regolamento, i criteri per la redazione e revisione dei PP.M.O., come riportati nello schema dì cui all’Allegato A) del medesimo provvedimento e parte integrante dello stesso, riferiti esclusivamente alle occupazioni di suolo pubblico funzionali alle attività di somministrazioni di alimenti e bevande, di cui all’art. 11, comma 1 del medesimo Regolamento.
12.5. Ciò posto, l’istanza di riesame dell’appellante, come claris verbis desumibile dalla gravata Delibera di Giunta, è stata respinta avendo riguardo al parere conclusivo della Commissione Tecnica, per le motivazioni di cui al parere del Dipartimento Mobilità e Trasporti prot. (…) del 28/09/2021 ((…)) nel quale veniva osservato che “in continuità con precedenti pareri P.M.O. (Nota Protocollo (…) del 19 giugno 2020), in generale, i pareri di competenza del medesimo Dipartimento sono resi in stretta relazione alla tutela dell’interesse pubblico rappresentato dallo stesso “…. vale a dire la sosta intesa come componente della mobilità, oltre che rispetto alla salvaguardia degli equilibri finanziari del contratto di servizio con A.. Il suddetto contratto è regolato da un meccanismo di corrispettivo fisso a fronte di introiti stimati su serie storica, per un numero medio di stalli, la cui progressiva riduzione potrebbe portare ad una insostenibilità finanziaria del contratto, oltre che a un possibile danno erariale con creazione di debito fuori bilancio”;
Nella medesima nota veniva chiarito che Via P. è classificata quale “viabilità locale” ed è ricompresa nell’Ambito di pianificazione “Centro Storico”, nel quale vige la “Nuova Disciplina della Sosta Tariffata su Strada”, approvata con Deliberazioni G.C. n.257/2008 e n.281/2008, e s.m.i. applicata nel tratto compreso tra L. A. a Via dei S. con Determinazione Dirigenziale di Traffico n. 1813 del 20 giugno 2007 e che in particolare, la “Nuova disciplina della sosta tariffata su strada”, di cui alle Deliberazioni G.C. n. 257/2008 e n. 281/2008, e s.m.i., comprende tra gli obiettivi specifici:
– “tutelare la domanda di sosta da parte dei residenti dissuadendo l’uso dell’auto privata nelle aree coperte da servizi “forti” di trasporto pubblico e comunque caratterizzate da un’elevata densità di addetti e visitatori da questi ultimi richiamati”
– “distribuire in modo omogeno degli stalli di sosta gratuita pari al 20% nelle zone “A” …1″;
12.5.1. Pertanto il Dipartimento Mobilità e Trasporti, con la nota sopra citata, ha comunicato di non ritenere opportuno sottrarre aree di sosta negli Ambiti di tariffazione delle zone centrali della città, in cui l’offerta di sosta rimane carente, a fronte di una crescente domanda da parte sia dei residenti che dei fruitori occasionali.
12.6. Detti rilievi sono stati poi recepiti nella Determinazione Dirigenziale n. QH/558/2021 del 04/11/2021 (prot. n. (…)), con cui è stato concluso l’iter istruttorio e da ultimo nella Deliberazione di Giunta n. 76 del 2 marzo 2023, sulla base del rilievo che “si ritengono pertanto pienamente condivisibili le motivazioni della Commissione Tecnica sopra riportate in ordine al rigetto dell’istanza di revisione, in considerazione della necessità di contemperare gli interessi pubblici richiamati con i molteplici interessi privati coinvolti, attesa l’esigenza anche di tutela della domanda di sosta nell’area in questione”.
12.7. Ciò premesso, le censure sono destituite di fondamento.
12.8. In primis va disattesa la censura fondata sul rilievo che venga in considerazione una strada di viabilità locale e non principale in quanto il primo giudice ha correttamente evidenziato che il provvedimento faceva riferimento alla strada de qua come di viabilità locale, ma che detta circostanza non potesse ex se portare all’accoglimento dell’istanza di revisione, venendo in rilievo una strada del centro storico con penuria di parcheggi.
Ed invero mentre la disdetta (rectius il mancato rinnovo) del 13.06.2012 motivava genericamente la decisione di non assentire l’occupazione di suolo pubblico in favore della ricorrente, in relazione alla esistenza, sulla strada, di un’area di sosta parcometrata, già con successiva nota prot. (…) del 12.09.2016, con cui il Municipio I disponeva il rigetto dell’istanza di revisione del P.M.O. promossa dalla ricorrente nel 2014, nel confermare il precedente diniego, si specificava che in Via P. era presente una situazione di parcheggio codificato misto e che l’eliminazione di stalli di sosta libera avrebbe compromesso l’equilibrio tra le varie tipologie di parcheggio.
12.8.1. Risulta pertanto irrilevante la censura relativa alla riconducibilità di Via P. alla viabilità principale o locale, dal momento che l’Amministrazione si era già rideterminata in passato, motivando analogamente il diniego sulla esigenza di preservare l’equilibrio fra le varie tipologie di parcheggio (tariffata e gratuita) che l’eventuale sottrazione di posteggi a favore di concessioni di occupazione di suolo pubblico rilasciate a privati avrebbe compromesso, a prescindere dalla natura della strada, con motivazione dichiarata legittima da questa sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 6916/2019, le cui conclusioni appaiono del tutto condivisibili.
In tale sentenza si è infatti evidenziato, tenendo conto dei principi che governano la materia de qua, “Questa motivazione, poi, va esente da ogni possibile censura per essere giusta comparazione tra interessi pubblici e privati coinvolti nell’azione amministrativa.
E’ noto che la concessione di bene pubblico sottrae il bene alla fruizione della collettività indistinta per lasciarlo all’uso particolare del privato; sta alla valutazione discrezionale dell’amministrazione concedente apprezzare la meritevolezza dell’interesse privato (che richieda di poter utilizzare a suoi fini il bene pubblico) e se esso possa giustificare la compressione dell’interesse pubblico ad utilizzare il bene (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2019, n. 5779 e le pronunce ivi richiamate; VI, 9 giugno 2014, n. 2933).
Se oggetto della richiesta di concessione è il tratto di strada esterno alla carreggiata, è, di regola, sottratta alla fruizione della collettività indistinta l’area di sosta dei veicoli (art. 7, comma 6, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 Nuovo codice della strada); la sosta dei veicoli è variamente regolamentata – a pagamento, libera, ad orario – e la regolamentazione è frutto, a sua volta, della comparazione di vari interessi, pubblici e privati.
Così, nel caso dei centri abitati, la regolamentazione mista della sosta, con alternanza, cioè, di aree di sosta a pagamento (cc.dd. strisce blu) con aree di sosta libera (cc.dd. strisce bianche) – imposta, peraltro, in via generale, dall’art. 7, comma 8, del codice della strada – vale a contemperare l’interesse di chi vi accede per ragioni di svago o di lavoro con quello dei residenti a poter lasciare gratuitamente in sosta il proprio veicolo, considerato che anche i permessi di sosta nelle strisce blu rilasciati ai residenti normalmente prevedono il pagamento di una tariffa annuale (lo si ricava indirettamente anche dalla previsione dell’art. 7, comma 11, del codice della strada).
Nei centri storici delle grandi città, a rischio di svuotamento per la pressione antropica che incide sulla qualità della vita, mantenere aree di sosta libera è, dunque, essenziale per garantire la primarietà dell’interesse generale all’effettiva residenzialità degli stessi.
Alle amministrazioni comunali, pertanto, compete la scelta dei limiti consentiti l’occupazione di suolo pubblico a privati per fini di proprio interesse e definire, così, il rapporto tra la quantità di aree a sosta a pagamento e aree a sosta libera.
Se è vero, allora, come dimostrato dalla documentazione fotografica in atti che nel tratto di strada prospiciente il locale dell’appellante non erano presenti aree di sosta a pagamento, è altrettanto vero che l’intera zona urbana in cui è inserita via P. era interessata dall’alternanza di aree di sosta a pagamento ed aree di sosta libera per cui ragionevolmente l’amministrazione appellata ha ritenuto che la concessione di suolo pubblico al privato avrebbe alterato il rapporto proporzionale tra le une e le altre a detrimento di quelle a sosta libera; il che, per quanto detto, avrebbe significato una compressione dell’interesse alla residenzialità, apprezzato come dominante dall’amministrazione comunale nell’area del centro storico in cui è situata la via in questione”.
12.9. Dette conclusioni sono del tutto replicabili nella presente sede.
12.10. Infatti, va ulteriormente rimarcato che la zona di Via P. è una zona con parcheggio codificato misto in quanto ambito territoriale ove insistono tipologie di sosta “a pagamento” e “libera/gratuita/a orario”.
Con la D.D.T. n. 1813 del 20.06.2007 (All. 17 deposito di I grado), infatti, il Dipartimento Mobilità di Roma Capitale, aveva istituito, nella suddetta zona, aree di sosta a tariffazione oraria e aveva predisposto la nuova disciplina del traffico in Via C., Via U., Via dei S., Via P. e nel R. M..
In particolare, per quanto riguarda Via P. (da S. del G. a via P.) detta D.D. aveva previsto: “1. È istituita la sosta a tariffazione oraria per sole autovetture disposta in fila e a spina secondo le modalità di sosta di cui al paragrafo XX; 2. Sono istituiti divieti di fermata; 3. è confermata l’area di sosta per auto a servizio di diversamente abile, munito di apposito contrassegno da esporre in originale e in maniera ben visibile all’interno dell’abitacolo, vigente nei pressi del n.civ.255; 4. è istituito attraversamento pedonale”.
12.11. I criteri approvati in via preventiva dalla Commissione Tecnica per la redazione dei Piani di Massima Occupabilità nel Centro Storico di Roma escludevano pertanto l’assentibilità di occupazioni di suolo pubblico in zone con parcheggio codificato misto, da intendersi quale quello ricadente in un ambito territoriale ove insistono tipologie di sosta a pagamento e libera/gratuita/a orario, in cui l’eventuale sottrazione di posteggi potrebbe compromettere l’equilibrio tra le varie tipologie di parcheggio.
12.12. Pertanto del tutto condivisibile è la statuizione di prime cure che ha ritenuto corretto l’operato della Giunta Capitolina.
Deve infatti osservarsi in primo luogo, per mere esigenze di completezza, che l’individuazione delle aree da ricomprendere nei Piani di massima occupabilità e gli stessi criteri in virtù dei quali operare detta individuazione e la relativa disciplina costituiscono espressione della discrezionalità amministrativa e come tali sono sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva l’ipotesi della manifesta irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà ed illogicità delle scelte e salvo il caso che queste ultime siano determinate da un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti (Cons. Stato, sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5103).
La funzione di detti Piani non può pertanto avere riguardo alla sola posizione degli interessati, essendo diretti a definire la disciplina delle occupazioni di suolo pubblico (da attuare poi attraverso i singoli provvedimenti di concessione), sforzandosi di coordinare l’interesse privato nei limiti del possibile i vari interessi pubblici in gioco (circolazione, igiene, sicurezza, estetica, ambiente e tutela del patrimonio culturale).
L’amministrazione comunale deve pertanto procedere, nel determinarsi, ad una valutazione discrezionale complessa che non può risolversi tout court a vantaggio dello sviluppo economico ed occupazionale, ma che necessita di un bilanciamento tra interessi che devono convivere in modo ordinato (Cons. Stato, sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5103).
12.13. Peraltro, non venendo in evidenza nella fattispecie de qua l’approvazione di un P.M.O., ma la decisione su un’istanza di revisione, va evidenziato – circostanza che assume valore dirimente ai fini della decisione – che nell’ipotesi di specie non erano stati forniti idonei elementi probatori a supporto della ricorrenza dei presupposti per procedere a detta revisione, quali normati dal richiamato art. 10, comma 4 della D.A.C. n. 21/2021, ovvero:
1) modifiche normative che comportino cambiamenti dello stato dei luoghi;
2) impulso degli organi politici in relazione a specifici progetti volti al decoro ed alla rigenerazione urbana dell’area;
3) mutamento delle condizioni poste alla base di un precedente diniego e modifiche alla viabilità.
12.14. Infatti correttamente il giudice di prime cure – lungi dal qualificare (al contrario di quanto dedotto da parte appellante) la nota prot. (…) dell’11 febbraio 2020 dell’Assessore alle politiche dell’Ambiente del Municipio I (invocata dalla società appellante quale sopravvenienza che la Giunta Capitolina avrebbe dovuto prendere in considerazione) quale atto di impulso politico – ha ritenuto che la nota non integrava, all’evidenza, una modifica normativa che comportasse cambiamenti dello stato dei luoghi, né, alla luce del suo letterale tenore, un vero e proprio “atto di impulso di un organo politico”, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 15, della D.A.C. 21/2021, non essendo la missiva in alcun modo correlata a specifici progetti volti al decoro ed alla rigenerazione urbana dell’area.
12.15. Né si può ritenere che i dati espressi in detta nota, tra l’altro non corredati da idonea documentazione a supporto, evidenziassero un mutamento delle condizioni poste alla base di un precedente diniego.
12.16. Infatti nell’indicata nota ci si limita a indicare, senza idoneo supporto probatorio, che i dati in essa indicati circa il numero dei parcheggi a pagamento e dei parcheggi gratuiti risulti da “informazioni assunte da R.S.M. e da A.” per poi concludere, con giudizio valutativo, che “La circostanza che il numero di parcheggi risulti superiore alla necessità reale è comprovata dal fatto che dal 2012 i residenti del “quadrante Piazza Dante”, a causa di un importante cantiere in corso, fruiscono dei permessi ZTL Monti senza che ciò abbia mai determinato alcun problema”.
12.17. Pertanto non risulta ravvisabile alcun difetto di istruttoria in quanto la Giunta Capitolina ha compiuto apposita istruttoria, adeguatamente ricostruita nelle premesse dell’atto gravato, nella quale ha riepilogato i pareri rilasciati dagli Uffici preposti, che hanno determinato la scelta finale di confermare i contenuti del P.M.O. di Via P.. Tutti i pareri necessari, infatti, erano già stati acquisiti dalla apposita Commissione Tecnica e non necessitavano di aggiornamenti, in mancanza di sopravvenienze debitamente documentate, secondo quanto innanzi evidenziato. Tra i suddetti pareri il Regolamento non prevede infatti l’intervento dell’Assessore Municipale all’Ambiente, né quanto dal medesimo dichiarato, nella nota prot. (…) del 2020, poteva assumere rilevanza ai fini delle decisioni da adottare dalla Giunta Comunale o costituire elemento di contraddittorietà dell’iter procedimentale.
12.18. Non accoglibile appare pertanto, in assenza di idonea allegazione probatoria che era in potere della parte fornire, anche con istanza di accesso – posto che la stessa doveva essere posta a base dell’istanza di revisione – circa il mutamento in melius della situazione dei parcheggi, l’istanza istruttoria formulata da parte appellante con le memorie di discussione finale.
12.19. Irrilevante risulta inoltre quanto in maniera reiterata dedotto da parte appellante – nonostante quanto già esaurientemente osservato in proposito dal primo giudice – circa la fruizione in passato di un Osp a servizio della relativa attività, posto che la stessa non è stata più rinnovata da tempo, in quanto contrastante con il P.M.O. adottato dall’Amministrazione Capitolina, nel contemperamento degli opposti interessi, al fine di esercitare a monte la discrezionalità relativa alle concessioni di suolo pubblico, secondo quanto in precedenza osservato.
12.20. E’ infatti noto che secondo la costante giurisprudenza amministrativa, in sede di concessione di suolo pubblico l’Amministrazione, è chiamata ad esercitare, nel contemperamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, un’ampia discrezionalità che non si esaurisce nell’individuazione delle aree da occupare, ma riguarda anche la dimensione, i tempi, i modi dell’occupazione, nonché le eventuali restrizioni ritenute, di volta in volta, opportune per esigenze urbanistiche, architettoniche, paesaggistiche e di viabilità etc…” (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 09 dicembre 2024, n. 9848; 6 novembre 2024, n. 8868; 2 dicembre 2019, n. 8256 1).
E’ del pari noto che la concessionaria di un bene pubblico comunale “non è infatti titolare di alcuna aspettativa al rinnovo di un rapporto, il cui diniego, nei limiti della ragionevolezza dell’agire amministrativo (che qui non è stata violata), è parificabile al rigetto di un’ordinaria istanza di concessione, con conseguente facoltà dell’ente locale di non procedere al rinnovo della concessione di suolo pubblico che si intenda riservare ad una destinazione più adeguata ed idonea alle caratteristiche del bene e alla realizzazione degli interessi generali; né la pregressa considerevole durata della concessione può incidere, affievolendolo, sul potere discrezionale dell’amministrazione a destinare il proprio bene ad usi più coerenti all’interesse pubblico” (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 09 dicembre 2024, n. 9848; 22 aprile 2020, n. 2552).
E invero “a differenza della proroga della concessione che determina il prolungamento – senza soluzione di continuità – della durata della concessione in essere, il rinnovo della concessione integra gli estremi di una nuova concessione che si sostituisce alla precedente oramai scaduta (Cons. Stato, sez. VI, 03 dicembre 2018, n. 6852)”.
13. Con il terzo e ultimo motivo di appello viene lamentato che il giudice di prime cure non abbia preso in considerazione il motivo di ricorso riferito al difetto di istruttoria e motivazione, liquidandolo genericamente.
13.1. Il T.a.r. per il Lazio, con la precedente sentenza resa nel giudizio ex artt. 31 e 117 c.p.a., aveva infatti ordinato “l’adozione di un provvedimento espresso da parte dell’Organo dotato della competenza deliberativa in materia”, ossia la Giunta Capitolina.
Roma Capitale aveva di fatto proposto una distorta e provocatoria interpretazione del dictum del T.a.r., impuntandosi nella deliberazione di Giunta Capitolina nel sostenere che di fatto già esisteva un provvedimento espresso.
Il T.a.r. infatti aveva sostenuto, con l’indicata sentenza resa nel giudizio sul silenzio, che l’iter non fosse affatto concluso e che mancasse il passaggio più importante, quello deliberativo da parte dell’Organo competente; pertanto, in tesi di parte appellante, l’Amministrazione avrebbe dovuto meglio approfondire la questione, richiedendo supplementi istruttori, anziché appiattirsi su quanto ritenuto dalla Commissione Tecnica.
14. Anche tale motivo appare destituito di fondamento, posto che il T.a.r. per il Lazio, sez. II ter, con l’indicata sentenza 10 ottobre 2023 n. 12787, ha semplicemente precisato come l’iter procedurale non potesse ritenersi concluso con l’adozione della D.D. di conclusione dell’iter istruttorio, dovendo l’atto conclusivo essere adottato dalla Giunta Capitolina, organo apicale chiamato ad esprimere la sintesi degli interessi contrapposti (“E’ naturale, dunque, che la valutazione di sintesi finale sul contemperamento di tali interessi (entrambi di irrinunciabile rilievo, in quanto espressivi di valori costituzionalmente tutelati) sia demandata soltanto ad un Organo apicale, unico che può esprimere, nella sua differenziata compagine e con la visuale circolare completa tipica della centralità, il dovuto e giusto contemperamento delle diverse e contrapposte istanze, potendo anche fornire, all’occorrenza, specifiche direttive ovvero motivatamente discostarsi – secondo l’usuale schema procedimentale dell’agere amministrativo – dalle risultanze dell’istruttoria svolta e dai pareri delle Strutture interne (per contro ciascuna deputata alla “salvaguardia” di uno specifico interesse di natura pubblicistica), la cui acquisizione è testualmente obbligatoria, ma non vincolante”).
14.1. Ciò non esclude pertanto che, ove, come poi accaduto, la Giunta Capitolina avesse condiviso le risultanze dell’istruttoria tecnica, la stessa potesse motivare il provvedimento finale ob relationem, con rinvio alle risultanze dell’istruttoria, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della L. n. 241 del 1990, secondo la costante giurisprudenza in materia (ex multis Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2024, n. 5520 secondo cui nell’ambito del procedimento amministrativo, il provvedimento amministrativo può essere legittimamente motivato “ob relationem” ad altro atto, di cui non è peraltro necessaria l’allegazione, ma è sufficiente che sia messo a disposizione del destinatario del provvedimento stesso, cioè che esso possa essere acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti disciplinato dalla L. n. 241 del 1990 L. 7 agosto 1990, n. 241).
14.2. Correttamente pertanto il giudice di prime cure ha osservato che “né la scelta formale di motivare il provvedimento richiamando, per relationem, la valutazione della Commissione integra di per sé una carenza argomentativa dell’atto giuntale, esplicitando, per contro, la prescelta modalità argomentativa la totale condivisione delle valutazioni dell’organo tecnico, sulla base delle risultanze istruttorie pure richiamate nel provvedimento”.
15. L’appello va pertanto respinto.
16. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite, in favore di Roma Capitale, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri accessori, se dovuti, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Conclusione
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2025.
