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Cassazione penale sez. V, 16/05/2025, n. 18473

Massima

Il delitto di diffusione illecita di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, previsto dall’art. 612-ter c.p., ha natura di reato istantaneo. Qualora la condotta contestata sia quella dell’”invio” tramite strumenti informatici, come Whatsapp o email, il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui l’autore impartisce il comando che ne dispone la trasmissione.
Di conseguenza, la successiva ricezione delle immagini da parte dei destinatari costituisce un evento successivo alla già avvenuta consumazione del reato, risultando irrilevante sia per il perfezionamento del delitto sia per l’individuazione della competenza territoriale.

Supporto alla lettura

REVENGE PORN

L’ Art. 612 ter c.p. punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il cd. revenge porn, che appartiene alla categoria dei reati contro la persona ed in particolare dei delitti contro la libertà individuale. Si prevede che:

“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.

2. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

3. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

4. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

5. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”

Il bene giuridico tutelato è la libertà personale e morale della persona.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 12 febbraio 2025, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti rinviava a questa Corte di cassazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 24-bis cod. proc. pen., la decisione sulla questione di competenza territoriale formulata dalla difesa dell’imputato A.A. a cui era stato ascritto il delitto punito dall’art. 612-ter, comma 2, cod. pen., per avere inviato foto intime ritraenti la persona offesa tramite la messaggistica di Whatsapp ai di lei parenti, nonché, via mail, all’indirizzo della struttura alberghiera presso la quale la predetta lavorava.

Nel caso di specie, non era stato possibile desumere il luogo da cui era avvenuto l’invio delle immagini, così da non potersi ivi radicare la competenza per territorio come indicato dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 8, comma 1, cod. proc. pen. (si citavano le sentenze Rv. 284576, 274366).

Il pubblico ministero, proseguiva il Gip, aveva sostenuto che il giudice competente dovesse essere individuato ai sensi del criterio sussidiario di cui all’art. 9, comma 1, cod. proc. pen., posto che almeno parte della condotta si era consumata con la ricezione delle immagini, nella città di A (ove la madre ed il fratello avevano ricevuto i messaggi Whatsapp e ove era ubicata la struttura alberghiera a cui era stata indirizzata la mail), così da doversi confermare la competenza per territorio del Tribunale di Asti.

La difesa dell’imputato eccepiva, invece, che occorreva fare riferimento al criterio sussidiario di cui all’art. 9, comma 2, cod. proc. pen., non potendosi affermare che la condotta contestata fosse stato consumata, anche solo in parte, in A, così da doversi individuare il giudice competente in quello nel cui circondario era posta la residenza dell’imputato, il Tribunale di Avellino.

Così riassunte le diverse opzioni sostenute dalle parti, il Gip, ritenendo che entrambe fossero astrattamente sostenibili, rinviava a questa Corte di cassazione la decisione ai sensi dell’art. 24-bis cod. proc. pen.

2. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto (omissis), ha inviato requisitoria scritta con la quale ha concluso per la competenza del Tribunale di Avellino.

Motivi della decisione

La competenza per territorio a decidere sul reato contestato a A.A. appartiene al Tribunale di Avellino.

1. Secondo le indicazioni fornite dal Giudice remittente e non contraddette dalla difesa del A.A., questi è imputato del delitto punito dall’art. 612 ter, comma 2, cod. pen.,

per avere inviato delle foto intime della persona offesa, tramite la messaggistica whatsapp, al fratello ed alla madre di costei, e, tramite mail, alla struttura alberghiera ove la stessa prestava la propria attività lavorativa.

È pertanto contestato il delitto di cd. “revenge porn” introdotto nell’ordinamento dall’art. 10 della legge 19 luglio 2019 n. 69.

Per quanto qui di interesse si riportano i due primi commi di tale articolo (le successive modifiche legislative riguardano i limiti di pena, le aggravanti e la procedibilità, tutte elementi inconferenti rispetto alla presente verifica):

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da Euro 5.000 a Euro 15.000.”

“La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.”

Nel presente procedimento è contestato il comma secondo, con riferimento, pertanto, ad immagini non realizzate o sottratte dall’imputato ma da questi comunque ricevute o acquisite.

Deve inoltre sottolinearsi come fra le varie condotte, alternative, costituenti il suddetto reato sia stata contestata, solo e precisamente, quella di “invio”, delle predette immagini.

2. Lo si è sottolineato perché risulta evidente come la specifica condotta contestata, nonostante che le ulteriori modalità di trasmissione delle immagini concretino tutte e ciascuno il contestato delitto (in alternativa fra loro), ben può incidere, per la sua stessa natura, sulla individuazione del giudice competente per territorio. Così se altre condotte, come ad esempio la consegna o la cessione, presuppongono il pervenimento delle immagini ad un qualche destinatario, il qui contestato “invio” (non diversamente, peraltro, dalla “diffusione” e dalla “pubblicazione”) si consuma nel momento esatto in cui l’autore “invia” (o “diffonde” o “pubblica”) le immagini in suo possesso (senza il consenso della persona ritratta).

Nel caso di specie, posto che l’invio era avvenuto tramite un supporto informatico, nel momento (e nel luogo) in cui aveva dato il comando di “invio”, delle immagini (sessualmente esplicite).

Sul punto, del resto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che, avendo il delitto di cui all’art. 612 ter cod. pen natura di reato istantaneo., che il medesimo si consuma già all’atto della diffusione, dell’invio, del materiale in oggetto.

In Sez. 5, n. 14927 del 22/02/2023, T., Rv. 284576-02 si è, infatti, precisato che il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, che ha natura di reato istantaneo, si perfeziona nel momento in cui avviene il primo invio a un destinatario, indipendentemente dal rapporto esistente tra quest’ultimo e la persona ritratta (la fattispecie oggetto di questa pronuncia era del tutto simile alla presente fattispecie, riguardando la condotta di un imputato che, senza il consenso della vittima, aveva inviato immagini ritraenti la medesima, in situazioni sessualmente esplicite, ai suoi familiari).

Del resto, nell’analoga fattispecie di cui all’art. 600 ter cod. pen., come ha ricordato il Procuratore generale, si era così precisato:

– il reato previsto dall’art. 600 ter, comma terzo, cod. pen. (pornografia minorile commessa per via telematica) ha natura istantanea, in quanto la fattispecie è integrata ogniqualvolta venga posta in essere la distribuzione, divulgazione, diffusione o pubblicizzazione di materiale pornografico prodotto mediante la partecipazione di minori di diciotto anni (Sez. 3, n. 42509 del 11/11/2010, T., Rv. 248762-01;

– competente a conoscere del reato di pornografia minorile commesso per via telematica è l’ufficio giudiziario nella cui circoscrizione si trova il dispositivo informatico mediante il quale è stato impartito il comando di immissione in rete del materiale pedopornografico (Sez. 1, n. 47086 del 17/07/2018, G., Rv. 274366-01).

3. Si deve allora concludere che la condotta di “invio”, come quelle di “pubblicazione” e di “diffusione”, punita dall’art. 612 ter (primo e secondo comma) cod. pen., si consumano nel momento in cui l’autore digiti, quando le medesime avvengano attraverso strumenti informatici, il comando che ne dispone l’invio o la diffusione, non potendosi pertanto dare rilievo alcuno al pervenimento delle immagini all’indirizzo o alla destinazione scelta.

Se ne deduce che, anche ai fini della individuazione del giudice competente per territorio, irrilevante è il luogo in cui le immagini sessualmente esplicite sono state ricevute, costituendo, il pervenimento delle stesse, un momento successivo alla già avvenuta consumazione del reato.

4. Se ne deduce che, nel caso di specie, non essendo stato individuato il luogo di consumazione del reato e non potendosi pertanto fissare la competenza per territorio ai sensi dell’art. 8, comma 1, cod. proc. pen., deve farsi riferimento alle regole suppletive stabilite dall’art. 9 e, in particolare, esclusa l’applicabilità del comma primo (il luogo ove si era consumata parte della condotta), deve individuarsi il giudice competente ai sensi del secondo comma, ove l’imputato ha fissato la sua residenza.

Nel caso di specie è pacifico che l’imputato risieda nel circondario del Tribunale di Avellino (ove, peraltro, erano stati sottoposti a sequestro quegli strumenti informatici da cui, con apposita consulenza, erano state tratte le immagini sessualmente esplicite presenti agli atti).

P.Q.M.

Riunito al presente procedimento quello n. 4538/2025 trattandosi di un duplicato, visto l’art. 24-bis c.p.p., dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Avellino e ordina la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale di Avellino.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui al quarto comma dell’art. 24-bis c.p.p.

Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/03.

Conclusione

Così deciso, in Roma il 15 aprile 2025.

Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2025.

Allegati

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