Svolgimento del processo
1. La Corte di Appello di Caltanissetta, con sentenza del l°/3/2023, ha confermato la sentenza di condanna pronunciata all’esito del processo celebrato con il rito abbreviato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Caltanissetta il 5/5/2022 nei confronti di (omissis) e (omissis) in relazione ai reati di cui agli artt. 423 e 110, 614 e 61 n. 2 cod. pen.
2. (omissis) e (omissis) sono stati processati e condannati per avere, in concorso con (omissis), cosparso di liquido infiammabile e avere provocato un incendio che ha distrutto due autovetture, una tettoia e il prospetto dell’abitazione di (omissis) e (omissis) Delitto per commettere il quale si erano clandestinamente introdotti nella proprietà delle persone offese, fatto questo oggetto del secondo capo di imputazione.
I giudici di merito hanno fondato l’affermazione di responsabilità sugli accertamenti effettuati e sulle dichiarazioni rese da (omissis).
3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno dedotto i seguenti motivi.
3.1. Avv. (omissis) per (omissis).
3.1.1. Vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica attribuita al fatto. La difesa nell’unico motivo di ricorso rileva che la Corte territoriale avrebbe omesso di confrontarsi con la specifica questione posta nell’atto di appello dove si è evidenziato che il fatto – considerato quanto emerso e che gli autori (quanto meno (omissis)) non avevano intenzione di provocare un incendio ma esclusivamente di danneggiare un’autovettura – avrebbe dovuto essere qualificato ai sensi dell’art. 424, comma secondo cod. pen., ciò in virtù dell’elemento psicologico condiviso dagli imputati.
3.2. Avv. (omissis) per (omissis).
3.2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto. Nel primo motivo la difesa, con argomenti nella sostanza sovrapponibili a quelli esposti nel ricorso proposto nell’interesse del coimputato, rileva la carenza di motivazione con riferimento alla mancata qualificazione di quanto avvenuto ai sensi dell’art. 424 cod. pen.
3.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all’aumento applicato in continuazione.
4. In data 20 novembre 2023 sono pervenute in cancelleria le conclusioni nelle quali il Sost. Proc. Gen. (omissis) chiede che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
Motivi della decisione
1. I ricorsi sono complessivamente infondati.
2. Nei due atti di ricorso le difese deducono, con motivi nella sostanza sovrapponibili, la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica attribuita ai fatti che, considerato l’elemento psicagogico degli autori del reato, avrebbe dovuto essere qualificato ai sensi dell’art. 424, comma secondo cod. pen.
La doglianza è infondata.
2.1. Il reato di incendio di cui all’art. 423 cod. pen. e quello di danneggiamento seguito da incendio di cui all’art. 424, comma secondo, cod. pen., si distinguono in base all’elemento psicologico (Sez. 1, n. 29294 del 17/05/2019, Feno, Rv. 276402 – 01).
Nella prima ipotesi il dolo è generico e l’autore del reato ha la volontà di cagionare un incendio, cioè di provocare una combustione tale da non poter essere facilmente contenuta e spenta, cioè quando l’evento provocato con le fiamme sia tale che queste, per le loro caratteristiche e per la loro violenza, tendano a propagarsi in modo da creare effettivo pericolo per la pubblica incolumità (Sez. 5, n. 1697 del 25/09/2013 dep. 2014, Cavallari, Rv. 258942 – 01).
Nella seconda ipotesi, invece, il dolo è specifico e il soggetto agente, senza prevedere o volere un incendio, impiega il fuoco al solo ed esclusivo fine di danneggiare un bene altrui specificamente individuato in quanto la norma contempla l’incendio come evento che esula dall’intenzione dell’autore (Sez. 1, n. 16612 del 11/02/2013, Sofrà, Rv. 255644 – 01).
Se lo stesso, quindi, oltre che col fine di danneggiare, agisce anche con la coscienza e volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni di un fuoco di non lievi proporzioni si configura il delitto di incendio (con riferimento al tentativo cfr. Sez. 3, n. 30265 del 19/04/2021. Tagliamento, Rv. 28172.0 – 01; Sez. 5, n. 1697 del 25/09/2013 dep. 2014, Cavallari, Rv. 258942 – 01; Sez. 1, n. 6250 del 03/02/2009, Cerasuolo, Rv. 243228 – 01), anche se il dolo è eventuale.
2.2. Il dolo è un fenomeno interiore (costituito dalla rappresentazione e dalla volontà della condotta e di determinare l’evento preso di mira) che si ricostruisce necessariamente in via indiziaria, attraverso la valorizzazione di indicatori fattuali capaci di sostenere l’opzione ricostruttiva di sussistenza e di qualificazione dello stesso.
Al fine di accertarlo, pertanto, come evidenziato già dalle Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261105 – 01 – in cui si evidenzia che le difficoltà connesse alla dimostrazione di un dato “così poco estrinseco” come l’atteggiamento interiore non possono dar luogo a schemi presuntivi – è necessario seguire un ragionamento indiziario “dovendosi inferire fatti interni o spirituali attraverso un procedimento che parte dall’id quod plerumque accidit e considera le circostanze esteriori, caratteristiche del caso concreto, che normalmente costituiscono l’espressione o accompagnano o sono comunque collegate agli stati psichici” (in tal senso, da ultimo Sez. 1, n. 36697 del 18/4/2023, Maresca, n.m.; Sez. 5, n. 20851 del 12/03/2021, Arcieri, Rv. 281109 – 01 in motivazione e Sez. 1, n. 31449 del 14/02/2012, Spaccarotella, Rv. 254143 – 01).
2.3. Nel caso di specie la Corte territoriale si è conformata ai principi indicati.
Nella motivazione della sentenza impugnata, infatti, con gli specifici riferimenti alle modalità utilizzate – caratterizzate dall’impiego di un rilevante quantitativo di benzina in un’area (sotto una tettoia e in prossimità di un’abitazione) dove la propagazione impetuosa e incontrollabile delle fiamme era ben più che prevedibile quanto, piuttosto, probabile o, meglio, praticamente certa – ha dato conto della sussistenza dell’elemento psicologico del reato di incendio, quanto meno sotto il profilo dell’accettazione dell’evento e di determinare un pericolo concreto per l’incolumità delle persone che abitavano nell’immobile al quale si sono estese le fiamme.
3. Nel secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse di (omissis) la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all’aumento applicato in continuazione.
La doglianza è infondata.
La sentenza impugnata, con riferimento alla misura della pena inflitta all’imputato, ha fatto buon governo della legge penale e ha dato conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’esercizio del potere discrezionale ex artt. 132 e 133 cod. pen. della Corte di merito, e ciò anche in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, tenuto conto, quanto a quest’ultimo aspetto, dell’assenza di elementi positivi di valutazione, tale non potendo essere considerato il fatto che il ricorrente ha reso delle dichiarazioni ammissive che sono risultate prive di effettivo rilievo.
La risposta così fornita risulta adeguata alle generiche critiche contenute nell’atto di appello e il percorso argomentativo esposto, assolutamente lineare, non appare censurabile (Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818).
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62 bis cod. pen., d’altro canto, è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, RV. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/201.0, Giovane, RV. 248244; n. 42688 del 24/09/ 2008, Caridi, RV 242419).
Il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, infatti, è tenuto a motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
4. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili nel presente giudizio così come liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che liquida in complessivi Euro 4.500,00, otre accessori di legge.
Così deciso il 5 dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2024.
