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Corte di Giustizia Tributaria I grado di Ascoli Piceno sez. I, 10/06/2025, n. 319

Massima

In materia di successione, l’errore dichiarativo che comporta una notevole sottostima dell’asse ereditario, anche se attribuibile a una svista materiale nella consultazione di documenti allegati, non è considerabile un “errore materiale facilmente riconoscibile” tale da imporre l’autotutela all’Amministrazione Finanziaria qualora la correzione richieda un processo valutativo complesso anziché una mera trascrizione. La mancata opzione formale per l’esenzione dall’imposta di successione (prevista per i trasferimenti di partecipazioni societarie che garantiscono il controllo) non può essere sanata da “comportamenti concludenti”, poiché la normativa tributaria, trattandosi di agevolazioni derogatorie, richiede una dichiarazione esplicita e contestuale alla presentazione della denuncia di successione.

Supporto alla lettura

DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE

La dichiarazione di successione deve essere presentata dagli eredi, dai chiamati all’eredità, dai legatari entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, che coincide, generalmente, con la data del decesso del contribuente.

Il d.lgs n. 139/2024 ha introdotto diverse modifiche al Testo unico delle Successioni e Donazioni, tra cui il principio dell’autoliquidazione dell’imposta di successione per le successioni aperte dal 1° gennaio 2025. In base a questo principio l’imposta di successione deve essere liquidata dai soggetti obbligati al suo pagamento in base ai dati indicati nella dichiarazione.

Devono presentare la dichiarazione di successione:

  • gli eredi, i chiamati all’eredità e i legatari (purché non vi abbiano espressamente rinunciato o – non essendo nel possesso dei beni ereditari – chiedono la nomina di un curatore dell’eredità, prima del termine previsto per la presentazione della dichiarazione di successione) o i loro rappresentanti legali;
  • i rappresentanti legali degli eredi o dei legatari;
  • gli immessi nel possesso dei beni, in caso di assenza del defunto o di dichiarazione di morte presunta;
  • gli amministratori dell’eredità;
  • i curatori delle eredità giacenti;
  • gli esecutori testamentari;
  • trustee.

Se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione è sufficiente presentarne una sola.

Non c’è obbligo di dichiarazione se ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto;
  • ha un valore non superiore a 100.000 euro;
  • non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari.

Queste condizioni possono venire a mancare per effetto di sopravvenienze ereditarie.

Se si eredita un immobile, prima di presentare la dichiarazione di successione occorre calcolare e versare le imposte:

  • ipotecaria;
  • catastale;
  • di bollo;
  • la tassa per i servizi ipotecari e catastali e i tributi speciali in caso si richiesta dell’Attestazione di avvenuta presentazione della dichiarazione.

L’imposta, autoliquidata dal contribuente, deve essere corrisposta entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione. Il contribuente può scegliere di pagare l’imposta contestualmente alla presentazione del modello dichiarativo, assieme alle altre somme autoliquidate.

Sia nel caso di pagamento contestuale alla presentazione della dichiarazione, sia in caso di pagamento successivo, si può optare per il versamento rateizzato, se l’importo da rateizzare non è inferiore a 1.000 euro (imposta da versare- acconto). In questo caso è dovuto un acconto almeno pari al 20% dell’imposta da versare, mentre la restante parte può essere rateizzata nel seguente modo:

  • per importi fino a 20.000 euro, è possibile optare per un massimo di 8 rate trimestrali di pari importo;
  • per importi superiori a 20.000 euro è possibile optare per un massimo di 12 rate trimestrali di pari importo.

In caso di trust testamentario, l’imposta di successione è dovuta al momento del trasferimento dei beni e diritti a favore dei beneficiari finali, tuttavia il trustee può optare, in dichiarazione, per il versamento anticipato dell’imposta indipendentemente dalla data di apertura della successione; in tal caso potrà fruire delle differenti modalità di pagamento (entro 90 giorni dal termine previsto dalla norma per la presentazione della dichiarazione ovvero rateizzando l’importo dovuto al netto dell’acconto).

Per le successioni aperte prima del 01 gennaio 2025 l’imposta continua ad essere liquidata dagli uffici competenti per la lavorazione ed il suo pagamento deve essere effettuato, tramite F24 entro 60 giorni dalla data in cui è stato notificato l’avviso di liquidazione. Scaduto tale termine si rendono applicabili, oltre alle sanzioni, anche gli interessi di mora. Anche per tali successioni è possibile fruire della rateazione dell’imposta dovuta, laddove l’importo da rateizzare (al netto dell’acconto) non sia inferiore a 1.000 euro.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(omissis) e (omissis) impugnano il diniego di autotutela dell’Agenzia delle Entrate DP di Fermo prot. n. 25184 del 2 agosto 2024, notificato in data 30 agosto 2022 relativo all’Imposta di successione e relative sanzioni per l’anno 2023.

I ricorrenti, dopo aver premesso:

– di essere eredi per via legittima del defunto padre (omissis) (deceduto in data 9.6.2023);

– di aver presentato una prima dichiarazione di successione (20.11.2023) nell’ambito della quale hanno dichiarato, tra i beni caduti in successione, il 49,51% della società Willpower Holding srl e il 40% della società Super Fly Holding srl, allegando alla dichiarazione medesima apposite situazioni patrimoniali delle predette società, ai fini della valutazione delle relative quote di partecipazione per l’applicazione dell’imposta di successione ex art. 16, comma 1, lett. b) del (cioè il valore delle quote in base al patrimonio netto contabile desunto d.lgs. n. 346/1990 dalle situazioni patrimoniali);

– che in sede di compilazione della dichiarazione di successione, ai fini della indicazione del valore delle quote delle suddette società cadute in successione, il notaio incaricato dell’incombente ha preso in considerazione, per un errore materiale, la voce denominata “patrimonio netto” presente nella colonna dell’attivo delle citate ed allegate situazioni patrimoniali, in luogo della voce corretta denominata sempre come “patrimonio netto” del passivo dello stato patrimoniale (con riguardo alla società Willpower, era indicato erroneamente l’importo di € 6.346,00, esattamente pari al 49,51% -quota caduta in successione-di € 12.817,25, ossia la voce denominata “patrimonio netto” risultante nella colonna dell’attivo dello stato patrimoniale. Analogo errore materiale era effettuato anche con riguardo all’altra società Super Fly);

– che per effetto dell’errore materiale in questione l’intero asse ereditario risultava di valore notevolmente inferiore alla franchigia di un milione di euro per ciascun discendente in linea retta. Ciò comportava ex se che gli eredi non optavano, né potevano farlo formalmente, per l’esenzione dall’imposta di successione prevista dall’art. 3, comma 4-ter, di cui al d.lgs. n. 346/1990, seppure essi ne avessero diritto con riguardo alla società Willpower, sussistendo le relative condizioni sostanziali e sebbene gli eredi avessero già manifestato ab origine, per fatti concludenti, l’intenzione di detenere il controllo della società per almeno cinque anni (onde fruire dell’esenzione), come si evince dalla circostanza che, in data 7 dicembre 2023, il sig. (omissis) – coerede – era formalmente nominato rappresentante comune della comunione ereditaria con la sorella (omissis), in perfetta armonia alle indicazioni fornite in materia dall’A.d.E. (cfr. circ. 16 febbraio 2007, n. 11; circ. 22 gennaio 2008, n. 3);

– che successivamente, in data 4 aprile 2024, gli eredi presentavano un’altra dichiarazione di successione “sostitutiva”, esclusivamente al fine di dichiarare le passività del conto corrente acceso presso la banca Intesa San Paolo; anche a tale ulteriore dichiarazione di successione venivano nuovamente allegate le situazioni patrimoniali contabili delle due società, già allegate con la prima dichiarazione, con evidente ostensione quindi del valore del patrimonio netto contabile di entrambe le entità legali;

– che a fronte dell’errore materiale sopra descritto gli eredi (omissis) ricevevano la notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione n. 13196 del 23 aprile 2024, con il quale l’Ufficio, utilizzando gli stessi dati riportati nelle situazione patrimoniali allegate alla dichiarazione di successione (che dunque non erano contestati), rettificava il valore delle quote cadute in successione, come correttamente determinabili in base alle predette situazioni patrimoniali allegate alle dichiarazioni di successione, rideterminando in € 8.608.890,70 il valore della partecipazione in Willpower ed in € 19.895,74 il valore della partecipazione in Super FLY, chiedendo il pagamento dell’imposta di successione di € 295.633,45, oltre la sanzione di pari importo – a titolo di dichiarazione infedele- e relativi accessori, per un importo complessivo di euro 591.275,65. Tale atto impositivo si rendeva definitivo con la conseguente irrogazione di un’ulteriore sanzione del 30% per mancato pagamento dell’imposta nei termini prescritti.

– che in data 2 agosto 2024, gli eredi presentavano istanza di autotutela obbligatoria ai sensi dell’art. 10-quater della legge n. 212/2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. m) del d.lgs. n. 219/2023, con la quale deducevano la presenza di errore materiale riconoscibile “ictu oculi” costituito, come accennato, dall’aver erroneamente preso in considerazione il patrimonio netto risultante dalla colonna dell’attivo dello stato patrimoniale, piuttosto che quello risultante dalla colonna del passivo, trattandosi di errore desumibile dal contesto della dichiarazione e quindi rilevabile d’ufficio. Tale errore materiale ha impedito agli eredi di esercitare l’opzione per l’esenzione di cui all’art. 3, comma 4-ter del d.lgs. n. 346/990 con riferimento alla società Willpower, per la quale il contribuente ha acquisito il controllo ai sensi dell’articolo 2359 primo comma, numero 1 del codice civile della società» poiché alla data del decesso del de cuius, il figlio Sig. (omissis), risultava in proprio proprietario del 5,39% della società medesima che sommato al 49,51% caduto in successione determinano la maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea;

– che in data 30 agosto 2024, l’Ufficio ha notificato il provvedimento in epigrafe con il quale ha respinto l’istanza di autotutela obbligatoria.

Tutto ciò premesso, impugnavano il predetto diniego di autotutela deducendo i seguenti motivi di ricorso:

1) Violazione dell’art. 10-quater, comma 1, lett. d) della legge n. 212/2000, in materia di autotutela obbligatoria: sussistenza di un “errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria” circa la corretta indicazione nelle dichiarazioni di successione del “patrimonio netto” contabile delle società Willpower e Super Fly;

2) Inapplicabilità della sproporzionata sanzione irrogata per infedele dichiarazione;

3) sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione dall’imposta di successione ai sensi dell’art. 3, comma 4-ter del d.lgs. n. 346/1990 (i.e., emendabilità della dichiarazione in caso di vizio del consenso, esercizio dell’opzione per “fatti concludenti” e “controllo di diritto” delle società, le cui quote sono cadute in successione), ricorrendone i relativi presupposti con riguardo alla partecipazione nella società Willpower, essendo evidente che il mancato esercizio formale dell’opzione in questione con la dichiarazione originaria sia stata conseguenza esclusiva (“a cascata”) dell’errore materiale, obiettivo, essenziale e manifesto compiuto dal notaio in sede di compilazione della stessa denuncia, che, per una mera svista, ha fatto riferimento ad una voce erronea della situazione patrimoniale contabile della società, invece che a quella corretta desumibile dalla stessa situazione patrimoniale allegata alla dichiarazione fiscale (sia la prima, che la seconda). Nel caso di specie trova applicazione il principio generale, sancito dall’art. 1, comma 1 del d.p.r. n. 442/1997, della validità dei comportamenti concludenti ai fini dell’esercizio delle opzioni fiscali e in tale ottica è decisiva la circostanza, che dimostra altresì la buona fede dei contribuenti, che già in data 7 dicembre 2023, e quindi anteriormente alla presentazione della dichiarazione di successione, il sig. (omissis) aveva assunto formalmente la carica di rappresentante comune della comunione ereditaria, in perfetta aderenza alle indicazioni fornite dall’A.d.E. per usufruire dell’esenzione in esame in caso di comunione ereditaria (cfr. circ. 16 febbraio 2007, n. 11; circ. 22 gennaio 2008, n. 3).

Si è costituita l’Agenzia delle Entrate DP di Fermo rappresentando in via pregiudiziale:

– l’inammissibilità del ricorso avverso il diniego di autotutela poiché debitamente motivato, atteso che il ricorso, ai sensi dell’art.19 lett. g ter) d.lgs. 546/92, è consentito solo avverso al rifiuto espresso o tacito, mentre nel caso specifico l’Amministrazione ha emesso un provvedimento di diniego di autotutela pienamente motivato; diversamente opinando si andrebbe oltre l’intento legislativo consentendo la riapertura dei termini decadenziali dell’impugnativa, atteso che a fronte di un avviso di liquidazione definitivo, ammettere la possibilità di contestare un rifiuto (di autotutela) debitamente motivato equivale a consentire, in sostanza, di contestare il merito di una pretesa benché, ormai, definitiva;

– violazione dell’art. 18 d.lgs. n. 546/92 per omessa indicazione dei motivi specifici di impugnazione, non essendo stati rappresentati in sede di ricorso vizi di legittimità del diniego di autotutela; nel ricorso manca l’enunciazione di quei motivi di interesse generale ovvero di eventuali vizi del diniego di autotutela che costituiscono, secondo le indicazioni della Corte di Cassazione, il limite all’impugnazione del diniego di autotutela. In particolare, la Corte di cassazione ha respinto l’interpretazione del giudice di merito che si è scostato dall’orientamento consolidato per cui, con riguardo al contenzioso tributario, il sindacato del giudice sul provvedimento di diniego dell’annullamento in sede di autotutela dell’atto tributario divenuto definitivo è limitato all’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute. Deve, invece, escludersi che possa essere accolta l’impugnazione del provvedimento di diniego proposta dal contribuente che contesti vizi dell’atto impositivo per tutelare un interesse proprio ed esclusivo;

– limitazione del thema decidendum alla sola sanzione proporzionale irrogata, atteso che il ricorrente, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, quanto ad imposta e sanzione per omesso versamento, ha definitivamente rinunciato a contestare e poter richiedere a rimborso quanto, per l’appunto, versato.

– in ordine al motivo di ricorso incentrato sul concetto di errore facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria, nel caso specifico vi è stata una errata indicazione nella dichiarazione di successione dei valori delle partecipazioni cadute in successione da cui è derivata una sottostima molto rilevante del valore complessivo dell’asse ereditario, e per determinare la quota di partecipazione del de cuis non è stato sufficiente trascrivere il valore del patrimonio netto indicato tra le passività della documentazione contabile resa disponibile dai contribuenti, poiché l’Ufficio per rideterminare le quote ha dovuto ricorrere ad un processo valutativo consistito nell’individuare più voci e sottrarle al Patrimonio netto indicato tra le passività. In tale ottica, l’errore in questione giammai può essere considerato semplicemente materiale o una mera svista, non impattante sulla determinazione dell’imponibile, realmente riconoscibile all’uomo comune, incontestabile ed oggettivamente desumibile dallo stesso contesto della dichiarazione;

– per quanto concerne la presunta sproporzione della sanzione rispetto alla condotta, come già evidenziato nel diniego di autotutela, l’Ufficio si è limitato ad applicare il minimo edittale previsto per legge ai sensi dell’art. 51 TUS:

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte ritiene che il ricorso vada parzialmente accolto.

In via preliminare deve essere respinta l’eccezione secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per violazione dell’art.19 lett. g ter) d.lgs. 546/92, norma che, ad avviso dell’Ufficio, consentirebbe l’impugnativa solo in caso di rifiuto espresso o tacito, mentre nel caso specifico l’Amministrazione ha emesso un provvedimento di diniego di autotutela
pienamente motivato.

Invero, il ricorso è diretto a contestare la violazione di una ipotesi di autotutela ritenuta dal ricorrente obbligatoria (un errore materiale del contribuente, ritenuto-dai ricorrenti- facilmente riconoscibile dall’A.F.), con conseguente sindacato di giurisdizione pieno da parte del Giudice Tributario, anche quando l’atto di liquidazione “a monte” non sia stato impugnato, purché la relativa istanza di autotutela sia stata presentata entro un anno dalla notifica dell’atto impositivo ex art. 10- quater, comma 2 della legge n. 212/2000, come pacificamente avvenuto nel caso di specie.

Parimenti non condivisibile appare l’assunto dell’Ufficio secondo cui la presente controversia sarebbe stata definita (salvo l’aspetto relativo alla sanzione proporzionale del 100% delle maggiori imposte per infedele dichiarazione), per avere i ricorrenti definito, mediante l’istituto del “ravvedimento operoso” ex art. 13 del d.p.r. n. 472/1997, la diversa sanzione del 30% irrogata per l’omesso versamento ex art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 471/1997, delle somme dovute a seguito della notifica dell’avviso di liquidazione.

Si osserva, infatti, che in data 24 settembre 2024 i contribuenti hanno notificato il ricorso in esame avverso il diniego di autotutela e che solo successivamente, in data 25 settembre 2024, hanno comunque “sanato” in parte qua la vicenda fiscale, versando l’imposta di successione risultante dall’avviso di liquidazione al solo scopo cautelativo di evitare la relativa riscossione coattiva, e definendo la sola sanzione per l’omesso versamento ex art. 13, comma 3 del d.lgs. n. 471/1997, conseguente alla notifica dell’avviso di liquidazione, usufruendo dell’istituto del ravvedimento operoso.

Passando all’esame del merito della controversia e in particolare al motivo di ricorso incentrato sul concetto di errore facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria, la Corte ritiene che il diniego operato dall’ufficio sia legittimo, adeguatamente motivato ed esente da censure. In particolare, nel caso specifico, vi è stata una errata indicazione nella dichiarazione di successione dei valori delle partecipazioni cadute in successione da cui è derivata una sottostima molto rilevante del valore complessivo dell’asse ereditario e per determinare la quota di partecipazione del de cuis non è stato sufficiente trascrivere il valore del patrimonio netto indicato tra le passività della documentazione contabile resa disponibile dai contribuenti, poiché l’Ufficio per rideterminare le quote ha dovuto ricorrere ad un processo valutativo consistito nell’individuare più voci e sottrarle al Patrimonio netto indicato tra le passività.

In tale ottica, l’errore in questione giammai può essere considerato semplicemente materiale o una mera svista, non impattante sulla determinazione dell’imponibile, realmente riconoscibile all’uomo comune, incontestabile ed oggettivamente desumibile dallo stesso contesto della dichiarazione.

In definitiva, nel caso di specie, i ricorrenti hanno errato nella compilazione di una dichiarazione (adempimento proprio), non avvedendosi dell’errata valutazione neanche in sede di presentazione della seconda dichiarazione modificativa, facendo così spirare i termini per un’ulteriore rettifica ed avvedendosene solo a seguito all’emissione dell’atto impositivo, assolutamente legittimo perché fondato sulla corretta e mai contestata valorizzazione delle quote di partecipazioni cadute in successione. In altri termini, a fronte dell’errore commesso dal contribuente, l’imposizione è corretta e non necessita di essere emendata perché l’ufficio ha calcolato le imposte sulla base del corretto valore delle partecipazioni.

Per quanto concerne il motivo di ricorso riguardante l’omessa opzione per l’agevolazione, ai sensi dell’art.3, comma 4 ter, d.lgs. n. 346/90, indotta dall’errore materiale (ritenuto dai ricorrenti facilmente riconoscibile), di errata trascrizione del dato corretto esposto negli allegati della dichiarazione, i ricorrenti invocano anche il principio di cui all’art. 1, comma 1, d.P.R. n. 442/97, secondo cui l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta si desumono da comportamenti concludenti. Nel caso di specie, il comportamento concludente sarebbe rappresentato dal fatto che il sig. (omissis), sin dal 07 dicembre 2023, ha assunto la carica di rappresentante comune della comunione ereditaria, in aderenza a quanto chiarito dalle circolari n. 11/2007 e 3/2008. Inoltre, errata sarebbe stata la posizione dell’Agenzia anche per quanto concerne la presunta assenza del requisito del controllo di diritto della società WILLPOWER, in quanto, a dire del ricorrente, sarebbero pienamente sommabili i voti spettanti direttamente a (omissis), a titolo individuale e nella misura del 5,39 %, e quelli spettanti quale rappresentante comune della comunione ereditaria e pari al 49,51%.

La doglianza non appare fondata.

Sul punto la Corte conviene con quanto sostenuto dall’Ufficio che ha sottolineato l’importanza in materia dell’art. 3, il quale prevede (nella sostanza anche dopo la modifica comma 4 ter, d.lgs. n. 346/90 operata dall’art.1 d.lgs. 18 settembre 2024) che: “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile.

Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 13 del decreto 22 legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.”

Il Legislatore ha pertanto espressamente previsto la necessità che venga rilasciata la dichiarazione, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione. Nell’ambito delle agevolazioni vige il principio per cui le norme sono di stretta interpretazione, trattandosi di deroghe al normale regime impositivo.

Fondata invece appare la doglianza relativa all’entità delle sanzioni irrogate.

Invero, la sanzione applicata dall’Ufficio colpisce i fenomeni di infedeltà dichiarativa, dunque quei comportamenti più gravi, riprovevoli ed ostativi dell’attività di rettifica dell’Amministrazione Finanziaria.

Nel caso di specie gli eredi hanno provveduto ad allegare alla dichiarazione di successione (sia alla prima, sia a quella sostitutiva) le corrette situazioni patrimoniali contabili delle società, le cui partecipazioni sono cadute in successione, con la conseguenza che essi non hanno voluto occultare intenzionalmente alcunché all’Erario. La fattispecie appare pertanto diversa da quella a cui si applica fisiologicamente la sanzione proporzionale minima del 100% per l’ipotesi di violazione ben più grave rappresentata dalla infedeltà dichiarativa, che ricorre invece quando l’Ufficio accerti l’inattendibilità della dichiarazione sindacando la correttezza delle relative valutazioni.

L’applicazione della sanzione proporzionale al 100% al caso di specie appare dunque sproporzionata rispetto alla gravità della condotta degli eredi, emergendo nella vicenda in esame solo ed esclusivamente la sussistenza di un errore nella individuazione della voce rilevante della situazione patrimoniale.

In tale prospettiva, la sanzione dell’art. 51 del TUS deve essere ridotta alla metà del minimo, in applicazione dell’art. 7, comma 4 del d.lgs. n. 472/1997, in omaggio al principio di proporzionalità da considerarsi immanente all’ordinamento tributario (il principio è oggi codificato all’art.3 comma 3 bis d.lgs. n.472/97).

Pertanto il ricorso va accolto limitatamente alla rideterminazione delle sanzioni nella misura del 50% del minimo ai sensi dell’art.7 quarto comma d.lgs. 472/97.

A fronte del parziale accoglimento del ricorso, le spese del giudizio vanno compensate

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di 1′ Grado accoglie parzialmente il ricorso e ridetermina le sanzioni nella misura del 50 % del minimo.

Spese compensate.

Allegati

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