• Home
  • >
  • Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, n. 10424

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, n. 10424

Massima

L’impugnazione di una domanda reiterata di protezione internazionale dichiarata inammissibile non sospende automaticamente l’efficacia esecutiva del provvedimento di espulsione, a meno che non sia ottenuto un provvedimento di sospensione specifico o un permesso di soggiorno per altro titolo. È inoltre legittimo il decreto di espulsione sottoscritto da un Vice Prefetto in virtù di specifica delega prefettizia, anche se tale atto non rientra nelle attribuzioni proprie del delegato. Le doglianze relative a ragioni di protezione internazionale, integrazione sociale o pericolo generico devono essere specifiche e non stereotipate per essere ammissibili in sede di ricorso.

Supporto alla lettura

PROTEZIONE INTERNAZIONALE

La protezione internazionale è la categoria generale delle figure del diritto di asilo, che l’art. 10 Cost. riconosce allo straniero che nel suo Paese non può esercitare le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.

Il nostro sistema prevede tre figure di protezione:

  • status di rifugiato: riguarda il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può, o non vuole, avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le medesime ragioni sopra esposte e non può, o non vuole, farvi ritorno (nell’ambito di tali forme di persecuzione, sono state ricomprese alcune specifiche ipotesi fra cui la condizione degli omosessuali incriminati o a rischio di incriminazione perché nei loro Paesi gli atti omosessuali sono reato; la condizione delle donne a rischio di mutilazioni genitali femminili; la condizione dei fedeli di pratiche religiose proibite);
  • protezione sussidiaria:  concerne il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati  motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno, da individuarsi nella condanna a morte o nell’esecuzione della pena di morte, oppure nella tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante oppure, infine, nella minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale;
  • protezione umanitaria: non è uno status, è prevista da leggi nazionali che attuano il suggerimento europeo di proteggere persone in stato di vulnerabilità, per le quali sussistano gravi motivi umanitari (es. le ipotesi di minori non accompagnati; persone a rischio di epidemie nel proprio Paese; persone provenienti da paesi in cui vi è un conflitto armato non così grave da giustificare la protezione sussidiaria; richiedenti che, avendo in attesa della decisione sulla domanda avuto modo di inserirsi stabilmente nella società nazionale, non vanno sradicate dal nuovo contesto di vita).

Lo status di rifugiato è tendenzialmente permanente mentre la protezione sussidiaria dura cinque anni rinnovabili; entrambi possono essere revocati per seri motivi (es. commissione di reati gravi) oppure per il miglioramento radicale della situazione del Paese di origine. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari dura di solito due anni rinnovabili ed è rilasciato dal Questore (non dal giudice o dall’organo amministrativo, che si limitano a dichiarare che ve ne sono le condizioni).

La domanda di protezione è proposta in via amministrativa alle forze di polizia ed esaminata dalle Commissioni territoriali insediate nelle sedi stabilite dalla legge. La domanda è istruita con l’ascolto del richiedente asilo (la c.d. intervista) sulla vita passata e sulle ragioni dell’emigrazione, esaminati alla luce delle informazioni sul Paese di origine, le country of origin information (Coi). Decide poi con provvedimento motivato sia rispetto alla credibilità intrinseca che ai riscontri e alle Coi disponibili. Il richiedente può impugnare il provvedimento in tutto o in parte sfavorevole davanti al tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello dove ha sede la commissione territoriale o la sua sezione distaccata che ha emesso il provvedimento, oppure il Cara che ospita il richiedente asilo.

Il giudice decide sul rapporto; non può annullare l’atto perché mal motivato o viziato, ma esamina il merito. Avendo pieni poteri ufficiosi, può ricercare le Coi attraverso riviste, rapporti di ong, siti Internet specializzati (ma non deve chiedere al Paese di provenienza, il quale potrebbe fornire informazioni falsate o svolgere attività intese a perfezionare la persecuzione dedotta dal richiedente). E’ obbligatorio l’intervento del Pm.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

CHE:

1.- Il ricorrente, cittadino (omissis), ha proposto opposizione al decreto di espulsione del 25.10.2019 emesso dal Prefetto di Salerno, deducendo di avere presentato istanza di protezione internazionale conclusa con pronuncia di rigetto il 25 marzo 2016; di avere reiterato la domanda il 14 febbraio 2018, dichiarata inammissibile dalla Commissione in data 9 luglio 2019, provvedimento da lui impugnato. Il giudice di pace ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento di espulsione con ordinanza del 7 febbraio 2020 dando atto dell’esito della domanda di protezione, che il decreto di espulsione è tradotto in inglese, lingua ufficiale del (omissis), ed è firmato da vice prefetto delegato, con delega n. (omissis) del 22.11.2018. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il (omissis) affidandosi a sei motivi. Non ha spiegato difese la amministrazione intimata.

2.- Con il primo motivo del ricorso la parte lamenta la “violazione del diritto di difesa fino all’ultimo grado di giudizio”, deduce che la sua istanza reiterata di protezione internazionale è stata dichiarata inammissibile dalla Commissione, di avere proposto ricorso al Tribunale di Salerno che ha rigettato la domanda, ma di avere presentato ricorso per cassazione e di avere quindi diritto a restare in Italia fino alla decisione della Corte di cassazione.

Il motivo è infondato. Si tratta di una domanda reiterata dichiarata inammissibile dalla competente Commissione territoriale ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008art. 29, lett. b) e pertanto, secondo quanto dispone lo stesso D.Lgs. n. 25 del 2008art. 35 bis, lett. b) la presentazione del ricorso avverso la decisione della Commissione non sospende di per sè l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato. L’art. 32, comma 4 stesso decreto infatti stabilisce che il soggetto deve lasciare il territorio nazionale allo scadere del termine per impugnare la decisione negativa della Commissione territoriale; ciò può essere impedito dalla presentazione di una impugnazione cui la legge riconnetta effetto sospensivo, escluso nella fattispecie, ovvero se la parte ottiene uno specifico provvedimento di sospensione, ovvero ancora un permesso di soggiorno ad altro titolo. Il ricorrente non deduce di avere ottenuto un provvedimento di sospensione o permesso di soggiorno, nè invero indica una norma di diritto asseritamente violata dal giudice di pace sulla quale fondare la pretesa di restare sul territorio nazionale fino alla decisione della Corte di cassazione, essendovi piuttosto una norma di tenore contrario, contenuta nel combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008artt. 2932 e 35 bis.

3.- Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998art. 13 e della L. n. 241 del 1990art. 21 octies. Lamenta che il decreto di espulsione non contiene la sottoscrizione del competente prefetto e che è onere dell’amministrazione dimostrare che il provvedimento sia stato sottoscritto dal prefetto. Il motivo è infondato, posto che il giudice di pace ha accertato che il decreto è stato firmato dal vice prefetto in virtù di specifica delega; la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, vice-prefetto vicario e vice-prefetto aggiunto), ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato (Cass. 28330/2017Cass. 28115/2018; Cass. 7873/2018).

4.- Con il terzo motivo del ricorso sì lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998art. 13 e dell’art. 10 Cost. per la mancata indicazione delle fonti internazionali. Deduce che il giudice non ha adempiuto il dovere di cooperazione e che ha preso la sua decisione in base a generiche informazioni.

Il motivo è inammissibile poichè estremamente generico. Non si deduce esplicitamente nè la sussistenza di una ragione di protezione internazionale, con riferimento alla sua concreta posizione individuale, il cui esame è peraltro rimesso al giudice competente, nè una specifica causa di non espellibilità. Le stesse considerazioni valgono per il motivo n. 4 genericamente intitolato “integrazione sociale – pericolo di grave danno alla persona, contraddittorietà della pronuncia”; per il motivo n. 5 ancor più genericamente intitolato “drammaticità della esperienza vissuta nel propeso paese di origine durante il viaggio attraverso l’Italia” e il motivo n. 6 intitolato “attuale situazione socio-politica del (omissis)”. Si tratta di motivi che non soddisfano i requisiti posti dall’art. 360 c.p.c., e che si risolvono in generiche e stereotipate affermazioni sulla integrazione sociale, sul pericolo di grave danno alla persona, sulla drammaticità dell’esperienza vissuta nel proprio paese d’origine e sulla attuale situazione socio politica del (omissis); peraltro non si specifica neppure se si tratta di ragioni nuove e diverse rispetto a quelli rappresentate nella domanda reiterata di protezione internazionale, già ritenuta inammissibile dalla Commissione.

Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’intimata amministrazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio da remoto, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi