• Home
  • >
  • Cassazione penale sez. III, 11/07/2025, n. 25599

Cassazione penale sez. III, 11/07/2025, n. 25599

Massima

La pena applicata su richiesta (patteggiamento) per i delitti tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000 (come gli artt. 4 e 5) è illegale e la sentenza che la irroga è annullabile senza rinvio, qualora venga pronunciata in assenza della condizione di integrale estinzione dei debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, o di ravvedimento operoso. Tale condizione, prevista dall’art. 13 bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, deve essere soddisfatta prima dell’apertura del dibattimento. L’omissione di tale presupposto comporta un’indebita diminuzione di pena.

Supporto alla lettura

PATTEGGIAMENTO

Il patteggiamento (rectius applicazione della pena su richiesta delle parti) è un accordo tra imputato e pubblico ministero per l’applicazione, da parte del giudice, di una pena non superiore a cinque anni di reclusione anche congiunti a pena pecuniaria. La disciplina dell’istituto è portata principalmente dagli artt. 444 e ss. c.p.p. L’iniziativa della richiesta di pena patteggiata può provenire sia dal PM che dall’imputato. La volontà dell’imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale. In udienza le volontà sono espresse oralmente, mentre fuori udienza con atto scritto che per l’imputato necessita di autenticazione della firma. Il patteggiamento e il giudizio abbreviato, salvo il caso di richiesta principale di abbreviato semplice, possono essere oggetto di richiesta subordinata l’uno all’altro (art. 438 comma 5 bis c.p.p.; in tema di richiesta principale di patteggiamento e subordinata di abbreviato. Lo stesso art. 444 cpp limita l’applicabilità del patteggiamento quando una pena detentiva (tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo) superi i cinque anni. In base al secondo comma sono poi esclusi dal patteggiamento una serie di procedimenti come quelli relativi a delitti di prostituzione minorile, pornografia minorile e violenza sessuale di gruppo e, comunque, tutti quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza o recidivi qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria. La legge n. 103 del 2017 ha ripristinato l’istituto del patteggiamento di secondo grado attraverso concordato anche con rinuncia ai motivi d’appello (art. 599 bis c.p.p.).

Ambito oggettivo di applicazione

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20/11/2024, il Gip del Tribunale di Macerata ha applicato a (omissis) su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di un anno di reclusione, sostituita nella corrispondente pena pecuniaria pari a euro 3.650,00, in ordine ai reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. 74/2000.

2. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, deducendo, con unico motivo di ricorso, erronea applicazione dell’art. 13 bis, comma 2, d.lgs. 74/2000, in quanto la possibilità di accedere al rito ex art. 444 cod. proc. pen., in base alla suddetta norma, è subordinata all’avvenuta estinzione del debito tributario primo dell’apertura del dibattimento. Tale condizione non ricorre nel caso in esame, non emergendo dagli atti alcuna prova del pagamento integrale, da parte dell’imputato, del debito verso l’Amministrazione finanziaria. Ne deriva che l’accesso al rito alternativo è avvenuto in assenza dei presupposti di legge e la relativa sentenza è, pertanto, affetta da vizio di legittimità.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Macerata per l’ulteriore corso del processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO 

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Si premette che deve darsi atto della ammissibilità del ricorso, in quanto rilievi del ricorrente evidenziano l’indebita diminuzione di pena di cui ha beneficiato l’imputato ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a causa della mancanza di una delle condizioni di ammissibilità della applicazione della pena su richiesta, costituita dalla estinzione integrale dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, o dal ravvedimento operoso, richiesti, alternativamente, dall’art. 13 bis, comma 2, d.lgs. 74/2000 per l’accesso a tale rito.

I suddetti rilievi debbono, dunque, essere ritenuti ammissibili, essendo volti a denunciare l’illegalità della pena, in quanto diminuita ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. nonostante la mancanza della condizione richiesta per accedere a tale rito alternativo e beneficiare della relativa diminuzione di pena. Si è infatti affermato che è illegale la pena determinata attraverso una riduzione per il patteggiamento non consentita per la mancanza dei presupposti richiesti dalla legge per l’accesso al rito speciale (Sez.3, n. 552 del 10/07/2019, Rv.278014).

Infatti, l’art. 13 bis, comma 2, d.lgs. 74/2000, richiede espressamente, per l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. ai delitti previsti da tale decreto (eccettuati quelli di cui agli artt. 4, 5, 10 bis, 10 ter e 10 quater, cfr., in proposito, Sez. 3, n. 38684 del 12/04/2018, Incerti, Rv. 273607), l’estinzione dei debiti tributari, mediante integrale pagamento degli importi dovuti (anche a seguito delle speciali procedure conciliative di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie), o il ravvedimento operoso.
Pertanto, trattandosi di pena illegale nel senso anzidetto, è consentito il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., avverso la sentenza che tale diminuzione di pena abbia indebitamente, in assenza del presupposto espressamente richiesto dalla legge per l’accesso al rito, applicato.

Nel caso in esame, si osserva che la sentenza di applicazione della pena su richiesta è stata pronunciata in relazione alle contestate violazioni degli artt. 4 e 5 d.lgs. 74/2000 (capi 1 e 2) commesse nel 2024, in mancanza della suddetta condizione di ammissibilità del rito, di cui non si dà atto nella sentenza, con la conseguente violazione del disposto del secondo comma dell’art. 13 bis citato, che determina l’illegalità della pena, che è stata determinata attraverso l’applicazione di una diminuzione non consentita, per l’assenza di una delle condizioni richieste per accedere al rito alternativo, costituita, per i reati previsti dal d.lgs. 74/2000 dal pagamento integrale dei debiti tributari o dal ravvedimento operoso.

1.2. Per le suddette ragioni il ricorso è, nel merito, anche fondato, in quanto, come già esposto, in tema di reati tributari, opera la preclusione al patteggiamento posta dall’articolo 13 bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, qualora no_n sia stato estinto il debito tributario prima dell’apertura del dibattimento ( Sez.3, n. 9083 del 12/01/2021, Rv.281709).

2. La sentenza impugnata deve, in conclusione, essere annullata senza rinvio, stante la sussistenza della denunciata illegalità della pena applicata su richiesta, con la trasmissione degli atti al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Mace”rata per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al tribunale di Macerata per l’ulteriore corso.

Così deciso all’udienza del 14/04/2025.

Depositato in Cancelleria l’11/07/2025.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi