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Corte di Giustizia Tributaria I grado di Vibo Valentia sez. I, 15/03/2023, n. 231

Massima

In materia di IMU, le agevolazioni fiscali per gli imprenditori agricoli professionali (IAP) e i coltivatori diretti (CD) si applicano esclusivamente a terreni agricoli e aree fabbricabili posseduti e condotti per attività agro-silvo-pastorali, con l’iscrizione alla previdenza agricola, non estendendosi automaticamente a fabbricati di tipo residenziale (A/4) o di deposito (C/2). La ruralità degli immobili, ai fini impositivi, deve essere oggettivamente attestata dalla classificazione catastale specifica (A/6 o D/10), non rilevando l’invocazione generica della ruralità o di attività agricole non accompagnate dal corretto classamento.

Supporto alla lettura

IMU

L’Imposta Municipale Propria (IMU) è l’imposta dovuta per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

L’IMU è stata introdotta, a partire dall’anno 2012, sulla base dell’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in sostituzione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).

A decorrere dal 2014 e fino al 2019, poi, l’IMU è stata individuata dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) quale imposta facente parte, insieme al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e alla tassa sui rifiuti (TARI), dell’imposta unica comunale (IUC).

La legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020) ha successivamente abolito, a decorrere dall’anno 2020, la IUC e – tra i tributi che ne facevano parte – la TASI. Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la IUC, vale a dire la TARI e l’IMU, quest’ultima come ridisciplinata dalla stessa legge n. 160 del 2019.

L’IMU si applica in tutti i comuni del territorio nazionale. È fatta salva l’autonomia impositiva prevista dai rispettivi statuti della regione Friuli-Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e di Bolzano; per queste ultime province continuano ad applicarsi, rispettivamente, l’Imposta immobiliare semplice (IMIS) e l’imposta municipale immobiliare (IMI) (art. 1, comma 739, della legge n. 160 del 2019).

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(omissis), con atto tempestivamente notificato, proponeva ricorso nei confronti del Comune di San Calogero avverso l’avviso di accertamento IMU, anno 2016, portante numero (omissis), notificato in data 11.01.2022. Chiedeva l’annullamento dell’avviso di accertamento asserendo di essere un IAP (imprenditore agricolo principale) in possesso delle agevolazioni specifiche di cui
all’art. 8, c. 2, del D.lgs n. 504/1992.

Il Comune di San Calogero, ritualmente convenuto, si costituiva in giudizio eccependo la mancata annotazione al Catasto della ruralità dell’immobile ex art. 9 del Decreto-legge del 30 dicembre 1993 n. 557.

All’udienza del 1° dicembre 2022 la causa veniva trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Giova innanzitutto considerare che l’avviso di accertamento impugnato riguarda cinque fabbricati ricadenti nei confini del comprensorio del (omissis).

Il primo insiste in Luogo_2 (F 12 – N. 1073 – Tip. Altro fabbr. – Cat. C2), il secondo, terzo e quarto in Indirizzo_1 (F 12 – N. 142 – Sub 1, 2, 3– Tip. Altro fabbr. – Cat. A4, A4, C2), il quinto insiste in Luogo_1 (F 12 – N. 492 – Tip. Area fabbr.).

Il ricorrente chiede l’agevolazione di cui all’art. 8, c. 2, del D.lgs n. 504/1992 per i fabbricati indicati mentre per il terreno (area fabbricabile, F 12 – N. 492) contesta la classificazione catastale di area fabbricabile in quanto, secondo la sua prospettazione difensiva, lo stesso sarebbe attraversato da un fosso di scolo che, in relazione alle caratteristiche tecniche e morfologiche, lo rendono inutilizzabile sotto tutti gli aspetti.

Tanto chiarito, giova rammentare che l’imposta municipale propria (IMU) è un’imposta dovuta per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

L’IMU è stata introdotta, a partire dall’anno 2012, sulla base dell’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in sostituzione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).

A decorrere dal 2014 e fino al 2019, poi, l’IMU è stata individuata dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) quale imposta facente parte, insieme al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e alla tassa sui rifiuti (TARI), dell’imposta unica comunale (IUC).

Anche l’IMU prevede esenzioni per le aree fabbricabili possedute e condotte da coltivatori diretti o imprenditori agricoli.

Ai fini della sussistenza dell’agevolazione devono sussistere le seguenti condizioni:

– gli immobili devono essere posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, comprese le società agricole di cui al comma 3 dello stesso art. 1;

– su di essi deve persistere l’utilizzazione agro silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali.

L’agevolazione comporta l’esenzione per il soggetto passivo che sia coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale.

Nello specifico, quindi, l’esenzione in parola è destinata agli imprenditori agricoli professionali e coltivatori diretti, iscritti alla previdenza agricola che, oltre a possedere il terreno agricolo, vi esercitano attività agro silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali.

Ebbene, dalla disamina degli immobili elencati nell’avviso di accertamento impugnato risultano (numeri da 1 a 4) due immobili classificati come A4 (F 12 – N. 142 – Sub 1, 2) – ovvero abitazioni di tipo popolare, e due immobili classificati come C2 (F 12 – N. 1073 e N. 142 – Sub 3), locali di deposito e magazzini, cantine, soffitte, solai, di cui solo uno può essere classificato quale pertinenza di una delle due abitazioni (F 12 – N. 142 – Sub 3 – (omissis) Indirizzo_1 ), mentre l’altro locale (F 12 – N. 1073 (omissis)) non può essere ritenuto pertinenziale in quanto – parlando di agevolazione sull’abitazione principale – anche per le rispettive pertinenze vi è esenzione, entro il limite massimo di tre e a patto che ognuna appartenga a una categoria catastale diversa (una C/2, una C/6 e una C/7).

L’ultimo immobile incluso nell’accertamento è un terreno classificato come zona residenziale di completamento che parte ricorrente ritiene inutilizzabile per scopi edificatori.

Tanto chiarito, per come sopra evidenziato, non è dovuta l’IMU sulle aree fabbricabili possedute da IAP o CD (imprenditori agricoli professionali e coltivatori diretti), iscritti alla previdenza agricola, qualora tali terreni siano utilizzati a finalità agro-silvo-pastorale, silvicoltura, funghicoltura e allegamento di animali.

L’accertamento in esame, invece, contesta (da 1 a 4) il possesso di immobili residenziali e di locali adibiti a cantine, posti auto o magazzini. Pertanto, non essendo stata contestata l’applicazione dell’imposta ad un terreno agricolo ma ad immobili di tipo residenziale, è evidente che l’agevolazione non può trovare applicazione in quanto l’esenzione per gli imprenditori agricoli è rivolta ai coltivatori (et similia) che esercitano la propria attività su di un terreno.

Nella fattispecie in esame, peraltro, il ricorrente invoca, per come sopra evidenziato, la diversa esenzione relativa alla prima casa.

Ma anche considerando tale diversa ipotesi di esenzione, la stessa non trova applicazione nel caso in esame in quanto negli immobili oggetto di accertamento non è stabilita la residenza del nucleo familiare né vi è prova che si tratti di dimora abituale, non essendo sufficiente l’invocato fatto notorio ai fini della prova della fondatezza del ricorso.

L’esenzione inoltre poteva, tutt’al più, riguardare un immobile ed una pertinenza e non tutti quelli oggetto di accertamento.

Né, tantomeno, poteva invocarsi la ruralità degli immobili in quanto, ai fini della dimostrazione della ruralità, per la fruizione dell’esenzione, ciò che rileva è l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10) (Cass. 18565/2009 e Cass. n.8845/2010).

Giova infatti osservare che con la pronuncia n. 12303/2020, del 23.06.2020 la V sez. della Corte di Cassazione è tornata sul tema ed ha affermato che: “L’orientamento in parola si pone in linea di continuità con il precedente, espresso fra le tante con le sentenze n. 18565/2009 e n. 8845/2010 che hanno sottolineato la “ininfluenza dello svolgimento o meno, nel fabbricato, di attività dirette alla manipolazione di prodotti agricoli rilevando solo il suo classamento”. Si può dunque affermare che ciò che conta, ai fini della esenzione prevista dalla normativa è il dato oggettivo dell’accatastamento, essendo sufficiente, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, DL 557/1993, che i soggetti interessati abbiano presentato, all’Agenzia del Territorio, una domanda di attribuzione e/o variazione di categoria catastale, per l’attribuzione della categoria A/6 o D/10 (art. 7, co. 2-bis, DL 70/2011).

In presenza di classamento catastale attestante la ruralità dell’immobile è poi onere del Comune dimostrare la insussistenza di tale requisito.

Per quanto attiene poi alla tassazione del F. 12, mappa 492 – Zona B1 lo stesso ricorrente deduce l’inutilizzabilità del terreno sotto tutti gli aspetti (cfr. ricorso di parte, pag. 3).

Ne consegue che, avendo escluso il ricorrente stesso qualunque forma di utilizzazione e, dunque, compresa quella agro-silvo-pastorale, silvicoltura, funghicoltura e allegamento di animali, egli non può beneficiare dell’agevolazione per gli imprenditori agricoli in difetto della specifica classificazione catastale.

Deve allora ritenersi legittimo l’operato del Comune resistente che, a fini fiscali, ha considerato quanto risultante nel certificato di destinazione urbanistica che classifica l’immobile quale zona residenziale di completamento.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si tiene conto nella liquidazione della nota spese depositata dal Comune escludendo la fase istruttoria perché non svolta.

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di I grado di VIBO VALENTIA così provvede:

1) rigetta il ricorso;

2) condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di San Calogero quantificate in euro 176,00 oltre rimborso spese generali, Iva, Cpa come per legge.

Così deciso in Vibo Valentia, in data 1.12.2022

Allegati

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