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Cassazione civile sez. trib., 27/05/2025, n. 14110

Massima

L’emissione di una cartella di pagamento a seguito di liquidazione automatizzata (ex art. 36 bis D.P.R. 600/1973 e 54 bis D.P.R. 633/1972) non richiede, di regola, la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente. L’obbligo di contraddittorio preventivo sussiste solo “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, condizione che non si verifica necessariamente nei controlli documentali che si limitano a dati contabili senza margini interpretativi.

Supporto alla lettura

CARTELLA ESATTORIALE

La cartella esattoriale (o di pagamento) è un atto con il quale l’Agenzia delle Entrate ordina al contribuente il pagamento di un credito vantato da un Ente pubblico entro 60 giorni, decorso il quale potrà procedere ad esecuzione forzata. Si tratta di un documento con cui si fa valere un credito già esistente e, quindi, non ha un autonomo termine di prescrizione a cui riferirsi, infatti se si tratta di una cartella con cui viene ordinato il pagamento di un credito erariale si prescriverà in 10 anni; se si tratta del pagamento di una multa per violazione al Codice della Strada si prescriverà in 5 anni.

Quando si ritiene che la cartella sia illegittima, è possibile utilizzare 3 rimedi:

  • istanza per autotutela: richiesta che il contribuente rivolge direttamente all’Ente creditore illustrando le proprie ragioni e chiedendo l’annullamento del debito. Se la richiesta è fondata, l’Amministrazione provvede alla rimozione dell’atto. Non ci sono limiti procedurali o temporali, infatti l’istanza può essere presentata anche dopo che siano scaduti i termini per il ricorso, l’Amministrazione però ha la facoltà di non accettare le richieste del contribuente, in tal caso non ci sarà possibilità di impugnazione;
  • istanza di sospensione: proponibile solo in determinate ipotesi, e deve essere presentata esclusivamente al Concessionario della riscossione (non all’Ente) entro il termine tassativo di 60 giorni dalla notifica dell’atto, sarà poi l’Ente impositore a rispondere. La risposta potrà essere di accoglimento o di rigetto, ma finchè l’ente non risponde la riscossione rimane sospesa. Nel caso in cui la risposta non arriva entro 220 giorni il debito è annullato di diritto.
  • ricorso all’autorità giudiziaria: bisogna distinguere a seconda della natura del credito e del vizio che si vuole far valere: se si tratta di crediti tributari, l’opposizione va proposta dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni; se si tratta di crediti non tributari e si vuole contestare il merito della pretesa bisogna distinguere tra crediti per sanzioni amministrative (opposizione proposta dinanzi al Giudice di Pace o al Tribunale entro 30 giorni dalla notifica della cartella), crediti di natura previdenziale (opposizione proposta dinanza al Tribunale in funzione del Giudice del Lavoro entro 40 giorni dalla notifica della cartella); se si tratta di crediti non tributari e si vuole fa valere l’estinzione del debito per cause sopravvenute, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c; se si vogliono contestare vizi formali dell’atto, a prescindere dalla natura del credito, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. entro 20 giorni dalla notifica al Tribunale in funzione di Giudice dell’Esecuzione del luogo dove risiede il ricorrente.

Tali rimedi non sono alternativi, nel senso che la scelta di uno non esclude la possibilità di utilizzarne anche un altro.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

Nei confronti di Ba.Al., all’esito di un controllo automatizzato ex art. 36 bis D.P.R. 600/1973 e 54 bis D.P.R. 633/1972 veniva emessa la cartella di pagamento n. (Omissis).

Il contribuente impugnava la cartella dinanzi alla CTP di Milano, notificando il ricorso esclusivamente all’Agente della Riscossione e non all’Agenzia delle Entrate. La CTP di Milano, con sentenza n. 1872/14/2021 ha respinto il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Avverso tale pronuncia, il ricorrente proponeva appello dinanzi alla CTR della Lombardia notificando il ricorso all’Ente della Riscossione.

L’Agenzia delle Entrate si costituiva intervenendo volontariamente.

La CTR adita, con sentenza n. 4405/15/22 dichiarava l’inammissibilità dell’intervento volontario dell’Agenzia delle Entrate e respingeva l’appello del contribuente confermando la sentenza impugnata.

Il contribuente propone ora ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste l’Agenzia delle Entrate Riscossione con controricorso.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 D.P.R. 602/1973, 60 D.P.R. 600/1973 e 7 comma 3 L. 890/1982, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto raggiunta la prova della legittimità della notifica a soggetto diverso dal destinatario in assenza di idonea dimostrazione di invio della C.A.N.

Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54 bis D.P.R. 600/1973 e 6 L. 212/2000, in relazione all’art. 360 comma 1 n.3, per aver la CTR ritenuto non necessario il preventivo invio al contribuente della comunicazione di irregolarità.

Con il terzo motivo di ricorso si adombra la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 septies L. 241/1990 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3, per aver la CTR omesso di rilevare la non manifesta infondatezza e rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 comma 9, D.L. 193/2016, L. 225/2016 rispetto all’art. 97 Cost.

Il primo motivo è infondato.

La CTR ha accertato la regolarità della notifica, in particolare, puntualizzando che: “La cartella, emessa a seguito di liquidazione automatizzata ai sensi dell’art. 36 bis D.P.R. 600/73 e 54 bis 633/72, risulta notificata in data 20 gennaio 2020, come da ricevuta postale di ritorno sottoscritta dall’incaricato al ritiro”; risulta, parimenti, inviato al contribuente l’avviso di notizia di avvenuta notifica in pari data recante il n. (Omissis) spedito in data 6 febbraio 2020, come da timbro postale apposto sulla distinta (all. 3 fascicolo AdR)”.

A questo accertamento in fatto, parte ricorrente contrappone una diversa ricostruzione della vicenda notificatoria, invocando sul punto una riedizione del sindacato già espresso. In tal modo, viene trasceso il recinto del vizio di violazione di legge. In effetti, si reclama un diverso apprezzamento di fatto, anziché denunciare una difformità rispetto al paradigma normativo. Tale difformità è stata – lo si ripete – esclusa dalla CTR, che non ha escluso la rilevanza della comunicazione di avvenuta notifica, ma – piuttosto – l’ha accertata, segnalando il corretto invio dell'”avviso di notizia di avvenuta notifica”.

Il secondo motivo è infondato.

La pretesa veicolata con la seconda censura di valorizzare come adempimento indefettibile la preventiva comunicazione di irregolarità s’infrange sul condiviso principio nomofilattico alla stregua del quale “L’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall’art. 36 bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, e dall’art. 54 bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, non richiede di regola la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali e richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento, oppure può comportarne la nullità ex art. 6, comma 5, della L. n. 212 del 2000” (Cass. n. 1711 del 2018; v. anche Cass. n. 3154 del 2015 e Cass. n. 17396 del 2010). Segnatamente, l’art. 6, comma 5, L. n. 212 del 2000, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; se, infatti, il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (Cass. n. 8342 del 2012).

Il terzo motivo non coglie nel segno e va respinto.

In tal senso depone, la sentenza della Corte costituzionale n. 164 del 2020, che ha argomentatamente rigettato le questioni di legittimità concernenti le disposizioni della legge n. 205 del 2017, attraverso le quali si è consentito alle Agenzie fiscali di istituire, mediante sostanziali modifiche ai rispettivi regolamenti di organizzazione, posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione (POER), specificando i requisiti per accedervi, le modalità del loro conferimento, nonché i poteri attribuiti ai titolari e le modalità di articolazione di tali posizioni. Nella sentenza n. 164 del 2020 la Corte ha fatto leva sul difetto del carattere straordinario delle POER e sul rispetto del carattere della temporaneità. La Consulta ha incisivamente rimarcato i profili interconnessi della mancanza di stabilità, della mancanza di un “passaggio d’area”, della non attribuzione di un nuovo status.

Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2025.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2025.

Allegati

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