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Cassazione civile sez. I, 18/09/2024, n.25073

Massima

In tema di adozione in casi particolari exart. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983, nel contenzioso che veda coinvolti solo i parenti del minore, pur non emergendo un vero e proprio conflitto di interessi tra quest’ultimo ed i genitori, è necessaria la nomina di un curatore speciale, al fine di garantire il suo migliore interesse ed interloquire circa la contrapposizione emersa tra i familiari sulla richiesta di cd. adozione mite. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, poiché, nel contenzioso tra gli zii affidatari, che chiedevano l’adozione mite, e la nonna, che voleva svolgere la funzione di vicariante, ed al quale erano rimasti estranei i genitori del minore, l’una decaduta e l’altro non individuato, non era stato nominato il curatore speciale).

 

Supporto alla lettura

ADOZIONE

L’ adozione è il rapporto di filiazione giuridica costituito fra soggetti non legati da filiazione di sangue.

La Legge n. 184 del 1983, riformata dalla Legge n. 149/2001, disciplina l’ istituto giuridico dell’ adozione, ponendo in primo piano l’interesse del minore abbandonato e il suo diritto ad avere una famiglia.

Sono previste le seguenti tipologie di adozione:

  • ADOZIONE NAZIONALE: l’adozione di un bambino in stato di abbandono sul territorio italiano.
  • ADOZIONE INTERNAZIONALE:A l’adozione di un bambino in stato di abbandono che si trova all’estero, in paesi con cui sono in vigore trattati internazionali o bilaterali con l’Italia e in cui operano associazioni autorizzate e certificate che fanno da tramite tra la coppia e le istituzioni del paese stesso (Enti Autorizzati).
  • ADOZIONE DI MAGGIORENNE: riguarda persone maggiori di età (e quindi giuridicamente autonome) che entrano a far parte degli interessi prevalentemente patrimoniali anche della famiglia dell’adottante;
  • ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI:  tutela il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi, o i minori che si trovino in particolari situazioni di disagio (art. 44 lettere a, b, c e d della legge 184/83). Le ipotesi in cui si può far ricorso a questo tipo di istituto sono tassativamente previste dalla legge e di norma, tranne alcune eccezioni, l’adottato antepone al proprio il cognome dell’adottante. Presupposto fondamentale è che i genitori dell’adottando prestino il proprio assenso, qualora siano in condizioni tali da fornirlo.

I requisiti essenziali al fine di dar luogo all’ adozione sono:

  • la dichiarazione dello stato di abbandono di un minore
  • l’idoneità dei coniugi ad adottare.

Competente a emettere entrambi i provvedimenti è il tribunale per i minorenni nel cui distretto si trova il bambino abbandonato.

L’adozione vera e propria è preceduta dall’affidamento preadottivo e, una volta intervenuta, spezza ogni vincolo di parentela fra il minore e i suoi familiari naturali, conferendo al bambino lo stato di figlio legittimo degli adottanti.

L’art.6 della Legge n. 184/83 stabilisce che l’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal Tribunale per i minorenni.
Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. L‘età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore.
Non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni.

Decorso un anno dall’affidamento, con possibilità di proroga di un anno, il tribunale, se ricorrono tutte le condizioni, pronuncia l’adozione, con la quale  cessano i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine e l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti ed il loro cognome.

N.B. La legge 184 del 1983 afferma che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, e che devono essere “disposti interventi di sostegno e aiuto” per favorire tale diritto. A tal proposito, la cd. adozione mite  mira a preservare il diritto del minore a mantenere un rapporto con la famiglia di origine ( difatti il minore, pur affidato legalmente ad altre persone, conserva il rapporto con i propri genitori e fratelli/sorelle biologici) ed è un istituto riconducibile all’art 44 lett. d) della Legge 184/1983, applicabile nei casi di semiabbandono, o abbandono ciclico o semipermanente.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RILEVATO CHE

Con sentenza del 2022 il Tribunale per i minorenni di Palermo disponeva farsi luogo all’adozione del minore Fe.Ga., nato nel (Omissis), da parte dei coniugi Lu.Vi. e Fe.Ro., ex art. 44, lett. d), L. n. 184/83 e 263 c.c., accogliendo il ricorso di quest’ultimi, statuendo altresì che il minore anteponesse il cognome Lu.Vi. al proprio.

Fe.Mi., madre del minore, ha proposto appello avverso la suddetta decisione. Si costituiva Mu.An., madre di Fe.Mi., proponendo appello incidentale con il quale lamentava la mancata acquisizione del consenso della madre all’adozione speciale e l’insussistenza dei presupposti della stessa. Si costituivano anche gli adottanti.

Con sentenza del 13.3.23 la Corte d’Appello ha respinto le impugnazioni, osservando che: la madre del minore era stata sentita e, comunque, non era legittimata all’audizione essendo decaduta dalla responsabilità genitoriale nel 2018; la madre del minore, trasferitasi a F con il figlio appena nato per convivere con il compagno, era stata dapprima collocata in casa-famiglia, di nuovo incinta, con decreto del Tribunale per i minorenni di Roma e poi, con successivo decreto del 4.2.2015, era stata sospesa la responsabilità genitoriale, nominando tutore il sindaco di Formia, collocando il minore presso la nonna Mu.An., con il controllo dei Servizi sociali di Termini Imerese; successivamente, trasferitasi a Palermo dalla madre, l’appellante Fe.Ro. era stata inserita presso una casa d’accoglienza in Palermo dalla quale si era allontanata per rientrare a casa dalla madre e poi trasferendosi presso la zia paterna, Fe.Ro.; l’appellante si era di nuovo trasferita a N, lasciando il piccolo Fe.Ga. alla zia; la madre di Fe.Mi. aveva riferito al Tribunale per i minorenni che gli zii paterni s’occupavano adeguatamente del minore; con decreto del 25.5.16 il Tribunale dei minorenni aveva affidato il minore agli zii paterni, Lu.Vi. e Fe.Ro., per un anno, in ragione del fatto che gli stessi lo avevano accudito sin dalla nascita, anche perché la madre della nonna non interagiva tra loro positivamente nella cura del minore, costituendo fonte di turbamento; nel frattempo, il Tribunale per i minorenni aveva stabilito che l’altra figlia di Fe.Mi., nata nel 2016, fosse affidata cautelativamente ai Servizi sociali di Termini Imerese i quali avevano poi evidenziato un’accesa conflittualità tra madre e nonna in ordine all’accudimento dei figli di Fe.Mi.; sottoposta ad esame medico presso l’ASP di Termini Imerese nel febbraio 2017, la stessa Fe.Mi. veniva ritenuta affetta da deficit intellettivo di base di lieve entità in soggetto con personalità borderline, con prescrizione di terapia, e successivamente le veniva redatta la diagnosi di oligofrenia lieve con disturbo borderline di personalità; i Servizi sociali verificavano altresì che Fe.Mi. presentava una condizione deficitaria sia sul piano cognitivo che comportamentale ed una labilità d’attenzione che interferiva inevitabilmente con la capacità di esercitare efficacemente la responsabilità genitoriale, mentre per la nonna Mu.An. veniva riscontrata un’oggettiva difficoltà relazionale con la figlia e con i Servizi sociali, e una tendenza ad interferire negativamente con gli affidatari del piccolo Fe.Ga.; il Tribunale per i minorenni disponeva, con decreto del 2018, che i Servizi sociali regolamentassero il regime degli incontri fra la minore affidato alla suddetta coppia di zii, e i fratelli, Fe.Ga. e Fe.Em. affidati alla nonna, con cadenza mensile, e disciplinando tali incontri con successivo decreto del 2020; il minore in ogni occasione aveva espresso il desiderio di vivere stabilmente con la famiglia affidataria e manifestato poco interesse nel mantenere le relazioni affettive con i fratelli biologici, non riconoscendo la madre quale soggetto competente a svolgere nei suoi confronti un ruolo educativo ed affettivo; gli affidatari avevano dimostrato una forte motivazione nell’affidamento e nell’adozione del minore, seguendo le indicazioni degli operatori e assecondando la possibilità di favorire i contatti con la madre naturale e i fratellini per i quali mostrava empatia e affetto; il Centro salute mentale di Formia – distretto 5 di Latina – aveva rilevato che il disturbo dell’umore e l’immaturità di Fe.Mi. rendevano impensabile un ruolo materno, pur avvertendo la stessa la motivazione a mantenere la continuità di un rapporto affettivo significativo con il figlio; alla luce dell’istruttoria espletata sussistevano i presupposti dell’adozione cd. “mite”, ex art. 44, c.1, lett. d, L. n. 184/83, considerando che: il minore, all’età di otto anni, aveva consolidato il legame con gli affidatari; la madre era stata dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale per gli abbandoni degli altri figli, avuti da uomini diversi; l’intento di rinforzare il legame tra i fratelli con la conservazione e monitoraggio degli incontri protetti.

Mu.An., nonna del minore, ricorre in cassazione con tre motivi. Lu.Vi. e Fe.Ro. resistono con controricorso. Non svolge difese Fe.Mi.

Diritto
RITENUTO CHE

Il primo motivo deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 330 e ss, c.c., 336, c. 1 e 4, c.c., 17, c.2, L. n. 184/83, 75, c. 2, 78, c.2, c.p.c., in relazione alle norme costituzionali e della Convenzione di NY e della Convenzione europea di Strasburgo del 25.1.96, per la mancata nomina di un curatore speciale del minore Fe.Ga.

Il secondo motivo deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, c. 2, n. 4, c.p.c., 111 Cost., per aver la Corte d’Appello motivato in maniera apparente in ordine alla maggiore utilità dell’adozione cd. mite per il minore rispetto alla prosecuzione dell’affidamento, non approfondendo quanto dichiarato dalla madre del minore all’udienza del 6.12.19 innanzi al Tribunale per i minorenni circa le minacce che avrebbe subito dal figlio della zia affidataria e dal padre per indurla a non dire al minore che era sua madre.

La ricorrente si duole in particolare che i giudici di merito non abbiano valorizzato i profili positivi della madre, come emersi nell’istruttoria, circa la sua volontà di porre rimedio alle precedenti mancanze attraverso la creazione di un rapporto sempre più solido con i figli, anche considerando che i fatti posti a fondamento della sentenza impugnata non presentavano una gravità tale da legittimare l’adozione disposta.

Il terzo motivo deduce nullità della sentenza, per violazione degli artt. 132, c. 2, n. 4, c.p.c., 8Cedu, per non aver la Corte d’Appello valutato all’attualità ed in concreto, attraverso una c.t.u., le capacità di cura ed accadimento della nonna materna in relazione alla sua richiesta d’affidamento del minore.

La Prima Presidente ha respinto un’istanza formulata dal collegio di assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla questione del rinvio della causa, in primo grado o in appello, nel caso di cassazione della sentenza d’appello per nullità derivante dall’omessa nomina del curatore speciale, per insussistenza di un effettivo contrasto in seno alla giurisprudenza di questa Corte, alla luce dell’orientamento consolidatosi negli ultimi anni (che afferma il rinvio in appello), come si dirà.

Anzitutto, va esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, sollevata dai controricorrenti. In punto di diritto, va osservato che il genitore non affidatario non è legittimato ad impugnare, neppure con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., il provvedimento di adozione in casi particolari, posto che l’art. 313 cod. civ., come novellato dalla legge n. 184 del 1983 (art. 65) conferisce la legittimazione ad impugnare il decreto del Tribunale solo all’adottante, all’adottando ed al Pubblico Ministero, non anche al suddetto genitore, che pur deve, ai sensi dell’art. 56, terzo comma della cit. legge n. 184 del 1983, prestare l’assenso, il cui rifiuto, peraltro, siccome espresso da genitore non esercente la potestà quale è quello non affidatario (artt. 317, ultimo comma cod. civ. e 155 comma terzo cod. civ.) non preclude al Tribunale di procedere all’adozione, ove ritenga il rifiuto stesso ingiustificato o contrario all’interesse dell’adottando. Tuttavia, nell’ipotesi in cui l’adozione riguardi un minore, il genitore legittimo, anche se non affidatario e non esercente la potestà genitoriale, può impugnare ex art. 313 cod. civ. il decreto del Tribunale per i minorenni quale rappresentante del figlio minore, posto che in più occasioni il legislatore (artt. 155,317,317 bis cod. civ.) ha inteso far salvo, per il genitore non affidatario, un potere di vigilanza sulla crescita del minore, nel cui ambito rientra la facoltà di adire il giudice ove ritenga sussistere il pericolo di un pregiudizio per l’interesse del figlio (Cass., n. 5776/2001; n. 8015/97; n. 5046/87).

Nella specie, come detto, la ricorrente non è il genitore del minore, né l’affidatario, ma la nonna.

Al riguardo, il difetto di legittimazione è rilevabile anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo il limite del giudicato interno, che non è configurabile, neppure in forma implicita, nella fattispecie cd. di assorbimento improprio, dovuta alla decisione sulla base di una ragione più liquida, ossia quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione ed indotto il giudice a decidere il merito “per saltum” rispetto all’ordine delle questioni di cui all’art. 276, comma 2, c.p.c. (Cass., n. 41019/21).

Tuttavia, nella specie, occorre tener conto che la nonna ricorrente è stata parte nei gradi precedenti, senza che sia stata mai messa in discussione tale sua qualità; sul punto si è formato il giudicato interno perché la Corte territoriale ha risposto sulle questioni sollevate dalla ricorrente, adesive a quelle della figlia (vedi pag. 4 sentenza impugnata par. 3.), e la decisione ruota attorno all’idoneità vicariante della Mu.An.

Rilevato dunque che la ricorrente è legittimata a promuovere il ricorso, il primo motivo è fondato. Invero, premesso che dagli atti si evince la mancata nomina di un curatore del minore, va premesso che nella specie non si applica il principio di diritto, affermato da questa Corte, a tenore del quale nel procedimento di adozione in casi particolari di cui all’art. 44, comma 1, lett. d), della L. n. 184 del 1983, non è configurabile un conflitto di interessi”in re ipsa”, anche solo potenziale, tra il minore adottando ed il genitore-legale rappresentante, che imponga la nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c., dovendo, anzi, individuarsi nella necessità dell’assenso del genitore dell’adottando, di cui all’art. 46 della legge citata, un indice normativo contrario all’ipotizzabilità astratta di un tale conflitto, che, invece, va accertato in concreto da parte del giudice di merito. Tale peculiare istituto, infatti, mira a dare riconoscimento giuridico, previo accertamento della corrispondenza della scelta all’interesse del minore, a relazioni affettive continuative e di natura stabile instaurate con quest’ultimo e caratterizzate dall’adempimento di doveri di accudimento, di assistenza, di cura e di educazione analoghi a quelli genitoriali, in quanto inteso a consolidare, ricorrendone le condizioni di legge, legami preesistenti e ad evitare che si protraggano situazioni di fatto prive di uno statuto giuridico adeguato (Cass., n. 12962/16).

Infatti, nel caso concreto, proprio perché il contenzioso si è sviluppato per un conflitto tra parenti della minore, l’una – la norma – che vuole svolgere la funzione vicariante e gli altri che chiedono l’adozione in casi particolari, l’interesse del minore non è rappresentato dai genitori, perché la madre è stata dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale nel 2018, mentre il padre non risulta individuato per quanto si evince dagli atti di causa; inoltre, entrambi i genitori sono anche estranei al processo.

Ne consegue la necessità della nomina del curatore che rappresenti il minore, il quale possa dunque interloquire circa la contrapposizione emersa tra la ricorrente e la coppia degli zii affidatari in ordine alla richiesta di adozione mite, al fine di perseguire il miglior interesse del medesimo minore.

Dato che il giudizio si è svolto in mancanza del curatore speciale del minore, deve ritenersi applicabile per analogia la norma di cui all’art. 10, comma 2, della L.183/1984, relativa ai procedimenti in materia di adozione, che prevede sia l’invito ai genitori o, in mancanza, ai parenti a nominare un difensore, sia l’informazione che, qualora non vi provvedano, si procederà alla nomina di un difensore d’ufficio, sia la puntualizzazione che la partecipazione agli accertamenti è consentita a tali soggetti con l’assistenza del difensore, del minore, il quale ne è parte, e, in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante legale ovvero, se sussista conflitto di interessi, di un curatore speciale, soggetti cui compete la nomina del difensore tecnico (Cass. 9100/2019).

Nella fattispecie, sebbene, come detto, non emerga un vero e proprio conflitto d’interessi tra il minore e i genitori, la nomina del curatore speciale s’impone comunque come doverosa al fine di garantire il suo miglior interesse.

L’omessa nomina del curatore speciale ha dunque comportato la nullità del giudizio per mancata costituzione del rapporto processuale e violazione del contraddittorio. Tale nullità è stata ritenuta da questa Corte rilevabile d’ufficio, trattandosi di verifica officiosa del contraddittorio, in rapporto a litisconsorte pretermesso (cd. Cass. 5256/2018; Cass. 21381/218; Cass. 8627/2020; Cass. 1471/2021; Cass. 11786/2021).

Al riguardo, si è discusso se, accolto il ricorso per cassazione per l’omessa nomina del curatore speciale, la causa debba essere rinviata al giudice d’appello, oppure al giudice di primo grado. Secondo un primo orientamento maggioritario nei giudizi che abbiano ad oggetto provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, in virtù del combinato disposto dei commi 1 e 4 dell’art. 336 c.c., va nominato al minore un curatore speciale ai sensi dell’art. 78, comma 2, c.p.c., determinandosi in mancanza una nullità del procedimento che, se accertata in sede di impugnazione, comporta la rimessione della causa al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio (Cass., n. 1471/21; n. 8627/21, 40490/21).

Successivamente, è emerso un diverso orientamento di questa Corte, ormai consolidato- al quale il collegio intende dare continuità – a tenore del quale, in siffatti casi, nel caso di mancata nomina di un curatore speciale, deve essere peraltro escluso il rinvio del giudizio in primo grado, giacché tale rimessione, comunque contraria alle esigenze di speditezza del procedimento diretto all’accertamento dello stato di adottabilità, risulta preclusa dalla natura tassativa delle ipotesi di cui agli art. 353 e 354 c.p.c., ed il giudice di appello deve pertanto procedere, a norma dell’art. 354, comma 4, c.p.c., alla rinnovazione degli atti del procedimento che risultano viziati a causa del loro compimento in assenza della partecipazione necessaria del curatore speciale del minore (Cass., n.12020/19; n. 7734/22; n. 2829/23).

Gli altri motivi sono da ritenere assorbiti dall’accoglimento del primo.

Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata; la causa va rinviata alla Corte d’Appello anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Palermo – sezione per i minorenni – in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso nella camera di consiglio del 5 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2024.

Allegati

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