Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Ad istanza della TEAM 90 Srl, il Tribunale di Velletri emise decreto ingiuntivo nei confronti della E.M.P. Srl (di seguito, per brevità, rispettivamente la Team e la Emp)
Successivamente, sempre ad istanza della Team, fu eseguito il pignoramento presso terzi dei crediti del debitore esecutato Emp nei confronti del terzo SO.I.M. Srl (di seguito, sempre per brevità, la SOIM), fino alla concorrenza di Euro 66.752,79, e la procedura è stata rubricata al n. 1990/2013 R.G.E. del Tribunale di Velletri.
La SOIM, terza pignorata, con pec del 04/02/2014, inviò al creditore procedente la sua dichiarazione ai sensi dell’art. 547 c.p.c., di senso negativo.
Tale dichiarazione fu contestata dal creditore procedente, sul presupposto che tra il debitore esecutato Emp ed il terzo SOIM era intervenuto il 16/07/2013 atto di cessione di ramo di azienda, per effetto del quale la Emp aveva delegato alla SOIM i pagamenti dovuti ai subappaltatori relativamente al ramo di azienda ceduto, tra i quali rientrava anche il suo credito.
Nelle more, con sentenza n. 38/2014 del 08/07/2014, il Tribunale di Avellino dichiarò il fallimento della debitrice esecutata Emp.
Il Giudice dell’esecuzione – dopo aver rilevato che il creditore non aveva introdotto la fase di accertamento ex art. 549 c.p.c. e dopo aver pertanto chiuso detta fase – con successiva ordinanza del 20/07/2015 assegnò comunque alla Team le somme pignorate, ordinando alla SOIM di pagare le somme stesse all’assegnataria.
La SOIM, ritenuto che l’ordinanza di assegnazione fosse illegittima, propose opposizione avverso detta ordinanza, con ricorso ex art. 617, comma 2 c.p.c.
Il Giudice dell’esecuzione sospese in via cautelare l’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione impugnata e concesse il termine per l’introduzione del giudizio di merito, ai sensi dell’art. 618, comma 2 c.p.c.
2. Con atto di opposizione ex art. 617 c.p.c. la SOIM conveniva in giudizio la Team al fine di sentire accertare la nullità ed illegittimità dell’ordinanza di assegnazione delle somme emessa nel procedimento iscritto al n. 1990/13 RGE atteso l’intervenuto fallimento della debitrice Emp, la violazione del disposto di cui all’art. 630 c.p.c. e la violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c. A sostegno dell’opposizione, la SOIM deduceva che: a) tra il terzo pignorato ed il debitore vi era stata una cessione di ramo d’azienda e dai conteggi effettuati il terzo era in realtà creditore (a sua volta) del debitore principale; b) nelle more era intervenuto il Fallimento del debitore principale con conseguente improcedibilità dell’azione intrapresa.
Si costituiva in giudizio la Team, contestando la domanda avversaria, della quale chiedeva il rigetto, con conferma della ordinanza impugnata. In estrema sintesi, secondo parte opposta, la SOIM, a seguito dell’acquisto, per cessione, del ramo di azienda della Emp, era divenuta essa stessa sua debitrice, in quanto con detta cessione il debito era stato trasferito dalla Emp alla SOIM. Comunque, chiedeva accertarsi il suo diritto alla riscossione del credito vantato nei confronti della SOIM.
Nessuno si costituiva in giudizio per il FALLIMENTO EMP Srl
Il Tribunale di Velletri con sentenza n. 234/2017 in accoglimento dell’opposizione:
– in accoglimento dell’opposizione, revocava l’ordinanza emessa in data 16/07 /2015 depositata in data 20/07/2015;
– in accoglimento della domanda di accertamento, articolata in via subordinata dalla Team, accertava che quest’ultima era creditrice nei confronti della SOIM della somma di Euro 69.029,43;
– compensava integralmente tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la SOIM,
articolando più motivi, ad alcuni dei quali rinunciava dopo la notifica dell’atto di appello. Pertanto, il giudizio di appello proseguiva soltanto in relazione al secondo motivo di appello, attinente al capo della sentenza con la quale il giudice di primo grado aveva accolto la domanda proposta dalla Team. Parte appellante concludeva, chiedendo alla Corte di dichiarare l’inammissibilità della domanda del creditore procedente diretta all’accertamento di un credito dello stesso nei confronti di essa terza, e conseguentemente, revocare l’accertamento della esistenza del credito della Team nei suoi confronti per la somma di Euro 69.029,43.
La Team si costituiva anche nel giudizio di appello, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità ovvero l’infondatezza dell’impugnazione, con vittoria delle spese del grado.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 358/2023, richiamato il principio stabilito da Cass. n. 9868/2021, dichiarava inammissibile l’appello, condannando la SOIM al rimborso delle spese processuali relative al grado in favore di parte appellata Team.
3. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la SOIM.
Ha resistito con controricorso la Team.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il difensore di parte ricorrente ha depositato memoria a sostegno del ricorso.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La SOIM – nel dolersi che è stato dichiarato inammissibile il suo appello avverso il provvedimento abnorme con il quale il giudice di primo grado si era pronunciato su un’autonoma domanda di accertamento di un rapporto debito-credito, che era stata proposta dalla Team (convenuta in un giudizio di opposizione agli atti esecutivi) del tutto estranea all’oggetto della opposizione – articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo, denuncia: “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112, degli artt. 323 e 339 c.p.c., degli artt. 617 e 618 c.p.c., e degli artt. 2907 e 2909 c.c. Illegittimità della declaratoria di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 618, comma 3 c.p.c. (seppure dichiaratamente ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c.). Omessa qualificazione della domanda da parte del giudice del primo grado ed omessa qualificazione della domanda da parte della Corte d’Appello anche ai fini della valutazione dell’ammissibilità dell’appello, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., perché il Giudice del secondo grado ha ritenuto inammissibile l’appello – dichiaratamente ai sensi dell’art. 348-bis, comma 1 c.p.c., ma in realtà per l’asserita violazione dell’art. 618, comma 3 c.p.c. -, ritenendo erroneamente che la domanda introdotta dalla TEAM 90 Srl, conventa nel giudizio ex art. 617 c.p.c. introdotto dalla SO.I.M. Srl, fosse stata qualificata dal Giudice di primo grado quale opposizione agli atti esecutivi, mentre tale domanda, decisa in un apposito autonomo capo del dispositivo della sentenza, non è stata qualificata come tale – e non avrebbe potuto esserlo, essendo del tutto estranea all’opposizione – né è stata qualificata in alcun modo dal Giudice del primo grado, ed in realtà integrava un’autonoma domanda diretta all’accertamento di un rapporto di debito-credito tra le parti, proposta con una sorta di “riconvenzionale”, irrituale ed abnorme, dalla parte convenuta nel giudizio introdotto quale opposizione agli atti esecutivi dal terzo pignorato, e come tale inammissibile”.
Sostiene che la sentenza resa nel giudizio di primo grado è un provvedimento abnorme, in quanto il giudice dell’opposizione agli atti esecutivi ha interpretato la domanda della Team come autonoma domanda di accertamento della esistenza di un credito nei confronti di essa SOIM, e l’ha accolta, senza previamente qualificarla in alcun modo, anziché dichiararla inammissibile.
Richiamando il principio affermato da Cass. n. 28131/2022, osserva che l’art. 617 c.p.c. delinea e circoscrive il ‘thema decidendum’ del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, sancendone la natura tipicamente rescindente. L’oggetto di tale giudizio, per espressa disposizione di legge, è circoscritto al vaglio della legittimità dei singoli segmenti del processo esecutivo, e quindi dei singoli atti esecutivi, nei limiti delle censure mosse dall’opponente. Con la conseguenza che la domanda di accertamento, proposta dalla Team, non poteva avere ingresso nel giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c. ed avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile dal giudice dell’opposizione.
Sottolinea che essa – poiché il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di accertamento della Team con sentenza avente efficacia di giudicato esterno ai sensi dell’art. 2909 c.c. – non aveva potuto far altro che impugnare detta sentenza con l’appello.
Invocando principi della giurisprudenza di questa Corte, sostiene che la corte di merito – in presenza di una sentenza solo formalmente unica, ma contenente due distinte decisioni (la prima attinente alla opposizione agli atti esecutivi e la seconda attinente ad altra domanda decisa) con una pronuncia dichiarativa della esistenza di un credito (del tutto indipendente dalla opposizione esecutiva); e, nella totale assenza di una qualificazione della domanda della parte opposta da parte del Giudice del primo grado, avrebbe dovuto qualificare la domanda come ordinaria domanda di accertamento della esistenza di un credito e, quindi, ritenere legittimo l’appello da essa proposto.
1.2. Con il secondo motivo, denuncia: “violazione e/o falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 e delle relative tabelle allegate in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., perché il Giudice del secondo grado, pur nella totale assenza di una fase istruttoria e/o di trattazione, ha liquidato le spese di lite, ponendole a carico della parte soccombente, comprendendo nella liquidazione – eseguita secondo i parametri medi del D.M. n. 55 del 2014 – anche il compenso previsto per l’espletamento della “fase istruttoria e/o di trattazione”.
Invocando il principio affermato da Cass. n. 10206/2021, si duole che la corte territoriale, nel liquidare le spese del grado in favore della appellata vittoriosa, ha riconosciuto anche il compenso per la “fase istruttoria e/o di trattazione”, che in realtà non ha avuto luogo nel giudizio appello.
2. Il primo motivo non è fondato.
Giova premettere che la questione, che esso sottende, non è la qualificazione della domanda proposta dalla SOIM (che è stata qualificata come opposizione agli atti esecutivi dalla stessa società, oltre che dal giudice di primo grado, per come ritenuto dalla corte territoriale), ma la mancata qualificazione della domanda proposta dalla Team da parte del giudice di primo grado.
In estrema sintesi, secondo la ricorrente, come sopra rilevato, la corte territoriale, in assenza di detta qualificazione, avrebbe dovuto qualificare la domanda come autonoma domanda di accertamento dell’esistenza di un credito della Team nei confronti di essa ricorrente, e, ritenuto ammissibile l’appello (il cui oggetto era per l’appunto l’autonomo capo della sentenza con il quale era stata decisa detta autonoma domanda, mai qualificata dal giudice di primo grado), avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda autonomamente introdotta dalla Team nell’ambito del giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c.
Orbene, vero è che, secondo un consolidato principio di diritto, anche di recente affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 907/2004 e n. 6844/2024), “l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione proposta effettuata dal giudice a quo, sia essa corretta o meno, a prescindere cioè dalla prospettazione o sussunzione sub specie juris operata dalle parti”, mentre “qualora, tuttavia, una qualificazione ad opera del giudice a quo sia mancata oppure non possa reputarsi effettiva (quando cioè essa si risolva in affermazioni a carattere generico, anodino o meramente apparente), l’attività di qualificazione deve essere svolta, anche di ufficio, dal giudice ad quem, adito con la impugnazione, non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità stessa del gravame”.
Tuttavia, erra la ricorrente quando afferma, come fa in memoria (p. 6), che: “…la domanda non poteva che essere ritenuta del tutto estranea all’opposizione – trattandosi di una opposizione agli atti esecutivi introdotta dal terzo pignorato (SO.I.M. Srl) per la revoca dell’ordinanza di assegnazione, emessa nei propri confronti sul presupposto della esistenza di un proprio debito nei confronti del debitore esecutato EMP Srl (fallita in corso della esecuzione che, nonostante ciò, non era stata dichiarata improcedibile) – essendo diretta ad accertare l’esistenza di un debito della SO.I.M. Srl (si ribadisce, terzo pignorato) nei confronti della creditrice procedente TEAM 90 Srl” e che “La TEAM 90 Srl, e con lei il Giudice del primo grado, hanno inteso quindi il giudizio ex art. 617 c.p.c. – anziché quale giudizio a carattere rescindente con oggetto necessariamente limitato all’accertamento della validità degli atti esecutivi, quale è -quale ordinario giudizio di cognizione con ampio ‘thema decidendum’
che possa estendersi alla esistenza di crediti del tutto estranei alla esecuzione”.
Invero, questa Corte ha di recente precisato (Cass. n. 33464/2024) che: “Se all’opposizione esecutiva – sottratta alla regola della sospensione feriale dei termini – è cumulata una connessa domanda di manleva – alla quale la predetta regola si applica – svolta dall’opponente, in via subordinata e in caso di rigetto dell’opposizione, nei confronti di un terzo, la decisione che, senza sciogliere la connessione, interviene sulle cause cumulate è soggetta alla sospensione ai sensi della L. n. 742 del 1969, non essendo concepibili due distinti regimi per l’impugnazione, la quale investe la decisione con riferimento ad entrambe le domande connesse”.
Tanto nel solco di precedente pronuncia (Cass. n. 11111/2020), nella quale era stato affermato che: “In tema di opposizione di terzo ad esecuzione prevista dall’art. 619 c.p.c., la contestazione della validità o dell’efficacia del fatto costitutivo del diritto di proprietà dell’opponente sul bene staggito non muta l’oggetto della causa neppure in caso di deduzione, da parte dell’opposto, della simulazione dell’atto di acquisto di quel diritto, né introduce una domanda differente e connessa ove sia invocata una pronuncia espressa sul punto, sicché le esigenze di speditezza poste a fondamento dell’esenzione di tale causa dalla sospensione feriale regolata dalla L. n. 742 del 1969 permangono immutate ed i termini processuali non sono sospesi durante il periodo feriale”.
Orbene, nel caso sotteso al ricorso in esame, la richiesta di accertamento dell’esistenza di un debito del terzo pignorato nei confronti della creditrice precedente non trasmoda in una causa diversa, condizionando intrinsecamente la fondatezza della proposta opposizione. Invero, secondo parte opposta, come si desume dallo stesso ricorso (p. 6), la SOIM, a seguito dell’acquisto, per cessione, del ramo di azienda della Emp, era divenuta essa stessa sua debitrice, in quanto con detta cessione il debito era stato trasferito dalla Emp alla SOIM.
In definitiva, l’accertamento del credito (in sede “riconvenzionale” in azione ai sensi dell’art. 617 c.p.c.) era la ragione della contestazione del creditore opposto all’opposizione all’ordinanza ai sensi dell’art. 553 c.p.c.
Pertanto, il motivo di ricorso potrebbe essere deciso già soltanto sulla base del presente principio di diritto:
“quando in una procedura esecutiva si trovino cumulate fra loro per ragioni di connessione due o più controversie, la decisione del giudice di merito, che intervenga su di esse senza sciogliere detta connessione, è soggetta alle regole che presiedono l’impugnazione nelle procedure esecutive, non essendo concepibile l’operare di due regimi distinti, atteso che l’impugnazione può coinvolgere la decisione in riferimento ad entrambe le domande connesse”.
D’altronde ed in via dirimente, l’ordinanza di assegnazione di un credito ex 553 c.p.c., una volta pronunciata, può essere opposta soltanto per vizi suoi propri o degli atti che l’hanno preceduta (oltre che per confutare l’interpretazione che il giudice dell’esecuzione ha dato alla dichiarazione del terzo, anche quanto alla entità ed alla esigibilità del credito: Cass. n. 20310/12), ma, comunque, sempre e solamente con opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 15822/23; n. 12690/22). Ciò in quanto, una volta concluso il procedimento esecutivo con l’assegnazione del credito pignorato, non è più possibile contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata, nelle forme dell’opposizione ex art. 615 c.p.c.
3. Fondato è, invece, il secondo motivo.
Occorre premettere che, nel caso di specie, nel giudizio di appello si sono tenute esclusivamente l’udienza di prima comparizione del 13/06/2018 – nella quale la Corte si è limitata a rinviare la causa ad altra udienza per la decisione e non si è svolta nessuna delle attività previste dall’art. 350 c.p.c., ovvero di quelle riconducibili alla previsione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, lett. c) – e l’udienza di precisazione delle conclusioni, quest’ultima tenutasi in trattazione scritta, in applicazione dell’art. 221 D.L. n. 34 del 2020, come convertito nella legge n. 77 del 2020, su disposizione della Corte con decreto del 28/01/2021.
Orbene, il Collegio non ignora che, secondo una recente ordinanza di questa Corte (Cass. n. 8870/2022, che richiama Cass. n. 20993/2020 e n. 21743/2019), “È costante l’affermazione di questa Corte, alla quale il Collegio presta piena e convinta adesione, che la fase di trattazione si ha in ogni caso nel corso del processo ordinario di cognizione, anche se non vi sia un’udienza specificamente dedicata alla trattazione o all’istruzione della causa, in quanto la disamina dei documenti e in ogni caso la stessa verifica della posizione processuale delle parti dà luogo ad attività definita di trattazione”; e che, secondo una ordinanza ancora più recente (Cass. n. C 28325/22, che richiama Cass. n. 15182/2022) “l’eventuale mancato svolgimento della fase istruttoria in sé e per sé considerata (ossia di alcuna delle attività che in tale fase sono da intendersi comprese secondo l’indicazione esemplificativa contenuta nel comma 5, lett. c, del medesimo art. 4) non vale ad escludere il computo, ai fini della liquidazione giudiziale dei compensi, dell’importo spettante per la fase così come complessivamente considerata nelle tabelle, restando questo comunque riferibile anche solo alla diversa fase della trattazione (come dimostra l’uso, nella descrizione in tabelle della corrispondente voce, della congiunzione disgiuntiva “o”, sia pure in alternativa alla congiunzione copulativa “e”: “e/o”), la quale nel giudizio di appello deve considerarsi fisiologica ex art. 350 cod. proc. civ.”.
Tuttavia, essendo specifico al giudizio di appello e – pertanto – più rispettoso delle peculiarità di questo e delle attività defensionali ivi svolte, reputa preferibile dare continuità al principio di diritto (già affermato da Cass. n. 10206/2021 e di recente ribadito da Cass. n. 19 29077/2024) secondo il quale “In tema di liquidazione delle spese processuali in base al D.M. n. 55 del 2014, l’effettuazione di singoli atti istruttori e, segnatamente, la produzione di documenti, in altre fasi processuali (come quella introduttiva e/o quella decisionale) non equivale allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione che, per quanto riguarda il giudizio di appello, può dare luogo al riconoscimento della relativa voce di tariffa unicamente qualora sia effettivamente posta in essere, nel corso della prima udienza di trattazione, una o più delle specifiche attività previste dall’art. 350 c.p.c. ovvero sia fissata un’udienza a tal fine o, comunque, allo scopo di svolgere altre attività istruttorie e/o di trattazione, ma non nel caso in cui alla prima udienza di trattazione sia esclusivamente e direttamente fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni, senza il compimento di nessuna ulteriore attività, e questo anche ove siano prodotti nuovi documenti in allegato all’atto di appello ovvero, successivamente, con gli scritti conclusionali”.
4. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata, sia pure esclusivamente con riferimento alla liquidazione delle spese di lite poste a carico della parte soccombente; e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, essa può anche essere decisa nel merito, con rideterminazione dell’importo delle spese liquidate in favore della appellata per il secondo grado, con esclusione dei compensi per la fase istruttoria e/o di trattazione.
L’accoglimento solo parziale del ricorso e, per di più, esclusivamente in punto di regolazione delle spese del grado di appello giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il primo ed accoglie il secondo motivo;
– cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo la causa nel merito, condanna l’odierna ricorrente al pagamento delle spese di lite relative al giudizio di secondo grado, liquidandole in Euro 9.515,00, oltre spese generali e accessori come per legge;
– compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2025.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2025.
