Fatto
RILEVATO CHE
l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla (omissis) Snc avverso un’ordinanza, in data 12/05/2018, di prosecuzione delle operazioni di vendita di un immobile adibito a capannone industriale è stata rigettata dal Tribunale di Catania, nel contraddittorio con la (omissis) Spa Srl e nella contumacia del C.R.I.A.S., creditore intervenuto, e di Co.St., quale aggiudicatario dell’immobile staggito, con sentenza n. 4276 del 21/10/2021;
avverso la sentenza del giudice dell’esecuzione propone ricorso per cassazione il Fallimento della (omissis) Snc, dichiarato successivamente all’emanazione del detto provvedimento decisorio;
risponde con controricorso la Belvedere Spv Srl; C.R.I.A.S. e Co.St. sono rimasti intimati;
il Procuratore Generale non ha preso conclusioni;
il Fallimento ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 24/04/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione;
Diritto
CONSIDERATO CHE
il ricorso non è rispettoso dei canoni di legge, in quanto si articolo in un motivo unico e promiscuo, senza esatta individuazione delle norme di legge sostanziale e processuale che si assumono violati ed afferma che la sentenza impugnata è affetta da: violazione di legge, erronea interpretazione di legge ed erronea e illogica motivazione;
ricorso, ove si reputasse possibile superare la carenza dei requisiti di forma, non si confronta con la preliminare ragione decisoria del giudice di merito, che è quella della tardività dell’opposizione agli atti, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ.;
la sentenza impugnata afferma che l’opponente non aveva dato prova che solo dopo l’ultima, ed effettiva, in quanto vi era stata l’aggiudicazione dell’immobile, vendita, la Snc (omissis) aveva avuto conoscenza dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione immobiliare in data 12/05/2018 che ordinava la prosecuzione delle operazioni di vendita, e ciò in quanto, avendo già in precedenza avanzato istanze di visibilità, era con certezza a conoscenza dell’emanazione del provvedimento di vendita originario, intervenuto nell’anno 2009, come pure del fatto che vi fosse già stato un ulteriore provvedimento di vendita o di prosecuzione della vendita, nell’anno 2015;
il Fallimento ricorrente non affronta il tema, posto a fondamento della decisione del Tribunale, del decorso del termine per l’opposizione agli atti esecutivi e comunque per l’esposizione di ragioni ostative alla vendita, se del caso mediante altri rimedi endoesecutivi, dalla prima istanza di accesso agli atti, o di visibilità, come ora d’uso nella pratica giudiziale, intervenuta nel corso dell’anno 2017 e che venne accolta in data 24/01/2017;
a decorrere da detta ultima data la Snc (omissis) era a conoscenza, o doveva reputarsi essere a conoscenza, della pendenza dell’esecuzione immobiliare nei suoi confronti e dell’emanazione della prima, ed originaria, ordinanza di vendita;
a fronte dell’affermazione esplicita, da parte del Tribunale, della conoscenza della pendenza della procedura esecutiva a decorrere dai primi mesi dell’anno 2017 parte ricorrente non ha in alcun modo specificato le ragioni della propria inerzia difensiva, limitandosi a prospettare di essere venuta a conoscenza, a seguito di una telefonata dell’aggiudicatario dell’immobile St.Co., intervenuta solo nel mese di maggio 2019, che l’ordinanza di vendita era stata emanata nel maggio dell’anno 2018, senza, tuttavia, in alcun modo spiegare le ragioni della propria inerzia tra il gennaio 2017 e il maggio del 2019;
la giurisprudenza di questa Corte afferma, oramai da tempo (Cass. n. 6487 del 17/03/2010 Rv. 611728 – 01), che, qualora il soggetto coinvolto nella procedura esecutiva proponga opposizione agli atti esecutivi, invocando la nullità di atti del procedimento, assumendo che uno di essi, presupposto degli altri (nella specie, l’ordinanza dispositiva della vendita immobiliare emessa fuori udienza), non gli sia stato debitamente notificato (quando la notifica era dovuta), l’opposizione, ove formulata oltre il termine di cui all’art. 617, secondo comma, cod. proc. civ. dall’ultimo atto del procedimento stesso, è da ritenersi tempestiva soltanto se l’opponente alleghi e dimostri quando è venuto a conoscenza dell’atto presupposto nullo (cioè, della sua mancata comunicazione e, quindi, della relativa nullità) e di quelli conseguenti, ivi compreso l’ultimo, e l’opposizione risulti avanzata nel termine di venti giorni da tale sopravvenuta conoscenza di fatto e, inoltre (Cass. n. 7051 del 9/05/2012 Rv. 622630 – 01) che colui il quale propone opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., ha l’onere di indicare e provare il momento in cui abbia avuto la conoscenza, legale o di fatto, dell’atto esecutivo che assume viziato, non potendosi altrimenti verificare il rispetto da parte sua del termine di decadenza per la proposizione dell’opposizione;
i suindicati oneri di allegazione non risultano specificamente soddisfatti, o, comunque le motivazioni della tardiva conoscenza dedotte dal ricorrente non sono adeguatamente riscontrabili;
a tanto consegue che le censure relative alla tempestività dell’opposizione devono essere ritenute inammissibili, prima che infondate;
a tanto consegue la preclusione all’esame delle censure relative all’eccessiva riduzione del prezzo di vendita, che, peraltro, non paiono adeguate in relazione al disposto dell’art. 586 in relazione all’art. 591 cod. proc. civ.;
la sentenza impugnata motiva, invero, sebbene non ve ne fosse bisogno, stante l’inammissibilità in rito dell’opposizione agli atti, anche sulle ragioni per le quali si era addivenuti a un prezzo base di trecentomila euro, per l’ultimo esperimento della vendita, e tanto a causa della situazione di interclusione del fondo sul quale era l’immobile e della mancanza della garanzia per evizione; il ricorso è, pertanto, inammissibile;
le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e, valutata l’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo in favore della Belvedere SPV Srl;
nulla per le spese nei confronti del C.R.I.A.S. e di Co.St., rimasti intimati;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, stante l’inammissibilità dell’impugnazione, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (in forza del comma 1 bis dello stesso art. 13), se dovuto;
il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 bis 1 cod. proc. civ.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 24 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2024.