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Cassazione civile, sez. V, ordinanza, 08/01/2025, n. 326

Massima

In tema di IRPEF, e con riguardo ai redditi prodotti in forma associata, il socio di società in nome collettivo che non provveda tempestivamente – in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della quota – a richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese della modifica dell’atto costitutivo, o non provi che l’amministrazione finanziaria ne fosse a conoscenza, non può opporre, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul suo reddito di partecipazione, la perdita della qualità di socio non iscritta e non comunicata.

 

Supporto alla lettura

IRPEF

L’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) è disciplinata dal titolo I del D.P.R. n.917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), il cui presupposto è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie di reddito indicate nell’art.6 del D.P.R.n.917/1986:

  • fondiari, cioè dei fabbricati e dei terreni
  • di capitale
  • di lavoro dipendente (inclusi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di pensione)
  • di lavoro autonomo
  • di impresa
  • diversi (elencati nell’articolo 67 del Testo unico delle imposte sui redditi)

Le caratteristiche dell’ imposta IRPEF: diretta, personale, progressiva per scaglioni di reddito

  • diretta: grava direttamente sul reddito delle persone fisiche.
  • personale: perché colpisce in modo autonomo i redditi di ciascun contribuente ed
    anche perché tiene conto di circostanze estranee alla produzione delle diverse categorie di reddito
    (quali particolari tipologie di spese sostenute e carichi di famiglia) che determinano deduzioni dal
    reddito complessivo e detrazioni dall’imposta lorda.
  • progressiva per scaglioni: il prelievo cresce in modo più che proporzionale rispetto al
    crescere del reddito imponibile tramite un sistema di aliquote crescenti applicate al reddito
    imponibile suddiviso in scaglioni di reddito.

Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello
Stato. Per queste ultime è imponibile solo il reddito prodotto in Italia, mentre per quelle residenti in
Italia sono imponibili i redditi ovunque prodotti.

L’Irpef, dunque, si applica sul reddito complessivo del soggetto. L’imposta lorda si calcola applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le aliquote per scaglioni.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle Entrate notificava ad A.A. due avvisi di accertamento, nn. (Omissis) e (Omissis), con i quali veniva imputato, ai sensi dell’art. 5 t.u.i.r., al ricorrente, nella sua veste di socio al 50% della società Tiessebi Snc di B.B. E A.A., e, quindi, recuperato a tassazione, ai fini IRPEF per gli anni 2006 e 2007, maggior reddito ricostruito in capo alla società.

Il contribuente impugnava gli avvisi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso (d’ora in poi per brevità solo CTP) deducendo di essere uscito dalla società nel 2003, pur senza aver provveduto alle formalità richieste dalla legge.

La CTP, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva, ritenendo fornita dal contribuente la prova della propria uscita dalla compagine societaria.

2. L’Ufficio proponeva gravame alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto (d’ora in poi per brevità CTR) chiedendone l’integrale riforma. Deduceva, in particolare, che in mancanza di una formale cessione della quota di partecipazione non poteva ritenersi che il ricorrente non avesse percepito utili.

La CTR respingeva il gravame; in particolare, riteneva che il ricorrente avesse provato sia ‘l’uscita dalla società’ sia lo svolgimento di attività lavorativa ‘in altra e diversa situazione’; considerava, quindi, ‘effettiva e naturale’ l’estromissione del ricorrente dalla società, ‘anche se formalmente non corretta’.

3. Per la cassazione della citata sentenza l’Ufficio ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo. Il contribuente, pur avendo ricevuto rituale notifica del ricorso in data 2/3 marzo 2016, è rimasto intimato.

Il ricorso è stato, quindi, fissato per l’adunanza camerale del 18/12/2024.

Motivi della decisione

1. Con il primo (ed unico) motivo di ricorso l’Ufficio lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 D.P.R. 917/86 (Tuir) in relazione agli artt. 2285, 2300 e 2193 c.c.”. Premette in punto di fatto che all’esito di una verifica fiscale nei confronti della società Tiessebi Snc era emersa la mancata presentazione delle dichiarazioni per gli anni di imposta 2006 e 2007 e la mancata tenuta regolare della contabilità. Ricostruito, quindi, il reddito imponibile in capo all’ente, lo stesso, per il principio di trasparenza sancito dall’art. 5 t.u.i.r. era stato imputato al A.A. in proporzione della quota detenuta. Il contribuente, pur impugnando gli avvisi di accertamento, ammetteva di non aver posto in essere alcun atto formale di recesso dalla società e di aver semplicemente comunicato nel 2004 alla Camera di Commercio la cessazione dell’attività lavorativa, in conseguenza di un gravissimo infortunio subito l’anno precedente; ammetteva, poi, di aver ceduto solo in via di fatto la propria quota all’altro socio, senza formalizzare la relativa cessione. L’Ufficio evidenziava, poi, che il contribuente risultava ancora iscritto, come socio, nei libri sociali. In punto di diritto, quindi, l’Ufficio riteneva, in difetto degli adempimenti prescritti dal codice civile, inopponibile al Fisco la cessione di fatto delle quote del contribuente.

Il motivo è fondato.

1.1. Secondo la giurisprudenza pacifica di questa Corte “in tema di IRPEF, e con riguardo ai redditi prodotti in forma associata, il socio di società in nome collettivo che non provveda tempestivamente – in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della quota – a richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese della modifica dell’atto costitutivo, o non provi che l’amministrazione finanziaria ne fosse a conoscenza, non può opporre, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul suo reddito di partecipazione, la perdita della qualità di socio non iscritta e non comunicata” (Cass. 25/05/2022, n. 16871; conf. Cass. 26/02/2002, n. 2812).

Invero, la perdita della qualità di socio nelle società di persone (in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della quota) integrando una modificazione dell’atto costitutivo (per la società in nome collettivo, art. 2295 cod. civ.) è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese a pena di inopponibilità ai terzi, a meno che si provi che questi ne fossero a conoscenza (art. 2300, comma 3, cod. civ.). Così il regime di cui agli artt. 2290 e 2300 cod. civ., in forza del quale il socio di una società in nome collettivo che cede la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento anteriore in cui il terzo sia venuto a conoscenza della medesima, è di generale applicazione, non riscontrandosi alcuna disposizione di legge che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di origine negoziale con esclusione di quelle che trovano la loro fonte nella legge (ex multis, Cass. 06/10/2011, n. 20447).

Tanto premesso, in forza delle previsioni di cui agli artt. 2207, 2290 e 2300 cod. civ., il socio di una società in nome collettivo che abbia perduto tale qualità risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione (ed è appena il caso di rilevare che l’Amministrazione finanziaria assume la posizione di soggetto terzo rispetto al rapporto sociale ed all’atto di cessione delle quote sociali posto in essere dal socio di una società di persone). L’indicata pubblicità costituisce, dunque, fatto impeditivo di una responsabilità altrimenti normale che deve essere allegata e provata dal socio che opponga la cessione al fine di escludere la propria responsabilità per le obbligazioni sociali: con la conseguenza che rientra tra i poteri ufficiosi del giudice valutare, a fronte di una tale deduzione difensiva, se l’anzidetto onere sia stato o meno assolto (Cass. 27/03/2013, n. 7688).

1.2. Nella specie è pacifico che il detto onere non sia stato adempiuto dal contribuente, atteso che per espressa ammissione dello stesso non risulta posta in essere alcuna formale cessione della propria quota (50%) all’altro socio.

Di tanto appare consapevole anche la CTR quando afferma che l’estromissione del contribuente sia stata ‘effettiva e naturale, anche se formalmente non corretta’. Da tale premessa, però, la CTR non fa discendere le giuste conseguenze, ritenendo, in violazione dei principi sopra esposti, opponibile all’Amministrazione finanziaria una cessione delle quote sociali non pubblicizzata nelle forme previste dalla legge. In altri termini, la CTR ha ritenuto sufficiente il dato sostanziale (l’uscita del socio dalla compagine sociale) in luogo di verificare se il dato fosse stato pubblicizzato o fosse, comunque, pervenuto a conoscenza del Fisco. In senso contrario alla conoscenza del dato de quo in capo a terzi milita senza dubbio la circostanza che l’odierno intimato risultasse ancora iscritto nel libro dei soci.

2. Il motivo va, pertanto, accolto, la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio in relazione alla censura accolta, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria l’8 gennaio 2025.

Allegati

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