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Cassazione civile sez. trib., 08/04/2025, n. 9164

Massima

In tema di riscossione di tributi a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione ai sensi degli artt. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, la preventiva comunicazione al contribuente dell’esito del controllo non è obbligatoria e la sua eventuale omissione non comporta la nullità della successiva cartella di pagamento, salvo che le irregolarità rilevate non si limitino a meri errori materiali, ma implichino rettifiche che presuppongano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. In quest’ultimo caso, l’omissione della comunicazione può costituire vizio invalidante della procedura di liquidazione e della conseguente cartella, ai sensi dell’art. 6, comma 5, della L. n. 212 del 2000.

Supporto alla lettura

RISCOSSIONE COATTIVA

E’ procedimento attraverso il quale un ente pubblico (es. l’Agenzia delle Entrate) può agire per recuperare i crediti nei confronti di un contribuente che non ha ottemperato agli obblighi fiscali di varia natura, come il pagamento di imposte, tasse o multe.

La procedura di riscossione coattiva può includere una serie di azioni legali: la notifica di avvisi di pagamento, l’iscrizione a ruolo di cartelle esattoriali, l’iscrizione di ipoteche sulle proprietà del debitore, la procedura di vendita forzata dei beni pignorati, fino ad arrivare alla possibile azione di espropriazione dei beni del debitore.

La riscossione avviene attraverso un procedimento amministrativo, ed è per questo che segue una serie di passaggi stabiliti dalla legge. I principali sono:

– la notifica dell’avviso di pagamento: il creditore notifica al debitore l’avviso di pagamento, richiedendo il pagamento del debito entro un termine stabilito;

– l’iscrizione a ruolo della cartella di pagamento: se il debitore non paga entro il termine stabilito, il creditore iscrive a ruolo sia la cartella di pagamento che la notifica al debitore;

– la notifica della cartella di pagamento: il debitore riceve la notifica della cartella di pagamento, dove è riportato l’importo totale del debito non saldato e le relative sanzioni;

– il pignoramento: se il debitore non paga entro il termine stabilito nella cartella di pagamento, il creditore può procedere al pignoramento dei beni del debitore;

– la vendita all’asta dei beni pignorati: il creditore può procedere con la vendita all’asta dei beni pignorati per recuperare il debito;

– l’espropriazione: in casi estremi, il creditore può procedere con l’espropriazione forzata dei beni dei debitori.

Sono previsti alcuni limiti alla riscossione coattiva, per esempio quando il debito è prescritto, in caso di beni non pignorabili, se ci sono limiti alle rate, in caso di protezione dei consumatori, in caso di restrizioni alla riscossione internazionale.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

Dalla sentenza impugnata si evince che, a seguito di un controllo automatizzato sulla dichiarazione Unico 2007 per l’anno d’imposta 2006, ai sensi dell’art. 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e 36 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a Sc.Il. fu notificata una cartella di pagamento.

La cartella era stata notificata per un minor credito Iva, disconosciuto per l’anno 2006, ciò per cui fu trasmessa alla contribuente una preventiva comunicazione.

A seguito dell’interlocuzione della contribuente, che aveva provveduto anche ad un ravvedimento per erronea indicazione del tributo ed alla richiesta di parziale sgravio degli importi contestati nell’avviso bonario, l’ufficio procedette allo sgravio di Euro 2.945,13, inviando nuova comunicazione e quindi notificando la cartella.

La cartella fu impugnata dalla contribuente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Agrigento sull’assunto che essa non era stata preceduta da alcuna comunicazione.

Con sentenza n. 1836/05/2014 il giudice di primo grado rigettò il ricorso.

L’appello, con cui la contribuente insisteva nelle proprie ragioni, fu invece accolto dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia con sentenza n. 2668/03/2017.

Il giudice regionale ha rilevato che non vi era prova dell’avvenuta notifica della seconda comunicazione, così che la cartella notificata doveva ritenersi nulla.

L’Agenzia delle entrate ha censurato la pronuncia con un motivo, chiedendone la cassazione, cui ha resistito con controricorso la contribuente, che deposita memoria.

Riscossione Sicilia è rimasta intimata.

Nell’adunanza camerale del 30 gennaio 2025 la causa è stata decisa.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente invoca la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973, e 54 bis, comma 3, D.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il giudice regionale avrebbe erroneamente ritenuto viziata la cartella per il mancato preventivo invio della seconda comunicazione, poiché alcuna norma impone la notifica della comunicazione come atto necessario della fase endoprocedimentale ai fini della validità dell’atto impositivo.

Al contrario, sostiene la difesa erariale, a parte che l’ufficio ebbe anche a inviare la seconda comunicazione, in ogni caso, pur ammettendo che la notifica di tale atto non fosse valida, la pretesa fiscale mediante accertamento automatizzato non necessitava di alcun avviso, per trattarsi del recupero di importi non spettanti ex actis.

Il motivo è palesemente fondato.

Va premesso che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’art. 6, comma 5, della L. n. 212 del 2000 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, ma solo quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Si è affermato che l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall’art. 36 bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, e dall’art. 54 bis, co. 3, D.P.R. n. 633 del 1972, non richiede la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali, ma richieda invece rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione, nel qual caso la sua omissione, a seconda che sussistano o meno incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, può costituire mera irregolarità, non incidente sulla validità della successiva cartella di pagamento, oppure può costituire requisito di validità della procedura di liquidazione automatizzata e della conseguente cartella di pagamento, trovando in quest’ultima ipotesi applicazione immediata la nullità prescritta dall’art. 6, co. 5, della I. n. 212 del 2000 (ex multis, Cass., 24 gennaio 2018, n. 1711; 8 giugno 2018, n. 14949; 28 giugno 2019, n. 17479; 30 giugno 2021, n. 18405; 10 dicembre 2021, n. 39331).

Nel caso di specie le irregolarità rilevate dall’amministrazione finanziaria, e poste a fondamento della cartella di pagamento notificata alla società, attenevano al recupero di crediti iva non spettanti. Accertata l’erronea pretesa della contribuente, l’ufficio provvide a inviare l’avviso bonario alla Sc.Il., che non contestò gli esiti del controllo automatizzato, se non per un importo minimo, giustificato da un mero errore materiale da lei commesso in sede di compilazione della dichiarazione, per il quale provvide alla rettifica con procedura di ravvedimento, chiedendo entro quei limiti lo sgravio della maggiore iva pretesa dall’Agenzia delle entrate. L’ufficio riconobbe le ragioni della contribuente e notificò dunque la cartella nella più ridotta misura rispetto a quanto inizialmente rilevato.

Ebbene, che fosse stata trasmessa o meno una seconda comunicazione, il caso di specie esulava comunque dall’obbligo di comunicazione sanzionato con la nullità prescritta dall’art. 6, co. 5, della L. n. 212 del 2000 (nel caso di specie non essendo cioè, necessaria neppure la prima comunicazione).

Infatti, le irregolarità rilevate dall’amministrazione finanziaria, e poste a fondamento della cartella di pagamento notificata, attenevano al recupero di crediti Iva non dovuti, implicitamente riconosciuti dalla Sc.Il., ossia di errori che, sul piano formale, non rientrano in quelle ipotesi di incertezza interpretativa della dichiarazione, per le quali poteva rivelarsi necessaria la preventiva comunicazione di un avviso bonario.

La Commissione tributaria regionale, nel decidere nel senso che, per l’omesso invio del secondo avviso bonario, la cartella doveva ritenersi nulla, non si è attenuta ai principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità.

La sentenza va dunque cassata e il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia di II grado della Sicilia, che in diversa composizione, oltre che alla liquidazione delle spese di legittimità, dovrà riesaminare l’appello, tenendo conto dei principi di diritto enunciati.

 

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia il processo alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria l’8 aprile 2025.

 

Allegati

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