SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il contribuente riceveva un avviso di accertamento per l’anno 2015 per la rideterminazione del reddito riguardante la sua attività di avvocato. In particolare l’ufficio constatava che i costi erano sproporzionati rispetto al fatturato, tanto che la dichiarazione concludeva con una perdita. Emergeva che, a fronte di un trend al ribasso del fatturato, il costo per il personale (una collaboratrice/segretaria) rimaneva inalterato tanto da far ritenere all’ufficio che in realtà detto costo non fosse inerente l’attività di avvocato, ma ad altre attività, e pertanto non deducibile. L’ufficio proponeva quindi una riduzione di tale costo del 50% anche a fronte del fatto che il contribuente avesse dichiarato che non avrebbe interrotto il rapporto con una sua collaboratrice per il fatto che dopo pochissimo tempo ella avrebbe maturato l’età pensionabile con l’opzione donna.
L’ufficio emetteva quindi l’avviso di accertamento contro cui è stato notificato il ricorso, accolto dalla CTP con compensazione delle spese. Ora l’ufficio presenta appello per i seguenti motivi:
A Nullità e/o illegittimità della sentenza appellata per violazione dell’ : i giudici hanno art. 112 c.p.c. accolto il ricorso sostenendo che le deduzioni avverse sarebbero “pienamente idonee a giustificare la gestione dell’attività in maniera palesemente antieconomica”. In tal modo è stato violato il principio di corrispondenza tra il richiesto ed il pronunciato.
L’oggetto della controversia non è l’antieconomicità della gestione, bensì la non inerenza del costo del personale.
B Illegittimità della sentenza appellata per insufficiente e contraddittoria motivazione e per violazione dell’ art. 109 del D.P.R. 917/1986 (TUIR): la giustificazione della gestione antieconomica non giustifica però la deduzione di costi sproporzionati. Il contribuente non ha assolto l’onere probatorio previsto in materia di deducibilità dei costi ex art. 109 del TUIR .
C ribadisce le difese dedotte dall’ufficio in sede del precedente grado.
Controdeduce il contribuente:
A non è ravvisabile alcuna difformità tra chiesto e pronunciato, anzi è stato proprio l’ufficio a motivare la pretesa su una presunta sproporzionalità dei costi portandolo a ritenere che essi fossero estranei alla attività del contribuente e quindi non inerenti.
B La costante giurisprudenza di Cassazione si è più volte espressa sul principio di inerenza, affermando che questo esprime una correlazione in concreto tra costi e attività di impresa, che si traduce in un giudizio di carattere qualitativo che prescinde da valutazioni di natura quantitativa. L’ufficio invece tende a contestare la deducibilità di un costo per carenza di inerenza, in ragione dell’inutilità del medesimo o della svantaggiosità dell’operazione conclusa dal contribuente. Richiama la sentenza della Cass. Sez. V, 18 ottobre 2018, n. 26602 . Una gestione apparentemente antieconomica, quindi, non è necessariamente sintomo di evasione, ed il contribuente ha spiegato le motivazioni della sua scelta.
C Ripropone poi i 5 motivi di ricorso in primo grado rimasti assorbiti dalla decisione della Corte. Chiede le spese del presente grado di giudizio con distrazione a favore del difensore di parte ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’ufficio parte dalla considerazione che il costo per il personale sia antieconomico per arrivare alla conclusione che in realtà esso non sia inerente alla attività del contribuente. In merito alla antieconomicità è appurata anche dalla Cassazione che ” Il contribuente (imprenditore o lavoratore autonomo) è libero di organizzare e svolgere la propria attività in maniera antieconomica, ma se ne derivi una attenuazione dell’obbligo di contribuire alla spesa pubblica, egli è tenuto a dare conto alla collettività di tale anomala scelta. In questa prospettiva, i comportamenti che si pongono in contrasto con le regole del buon senso e dell’ id quod plerumque accidit uniti alla mancanza di una giustificazione razionale (che non sia quella di eludere il precetto tributario), assurgono al ruolo di elementi indiziari gravi precisi e concordanti che legittimano il recupero a tassazione dei relativi costi. ” Cass. n. 23635 del 15 settembre 2008 . Ora, il contribuente ha giustificato razionalmente il suo comportamento che non è volto alla elusione del suo obbligo di contribuire alla spesa pubblica, bensì destinato a mantenere in efficienza l’attività del suo ufficio tramite l’aiuto della sua collaboratrice, attività che il contribuente non poteva svolgere con la normale sua presenza occupandosi del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino in qualità di consigliere.
Tali motivazioni, unitamente alla avanzata età del contribuente, appaiono idonee a giustificare razionalmente la gestione dell’attività antieconomica. Per quanto riguarda l’inerenza l’ufficio propone di considerare inerenti il 50% del costo in parola. La costante giurisprudenza di Cassazione si è più volte espressa sul principio di inerenza, affermando che questo esprime una correlazione in concreto tra costi e attività di impresa, che si traduce in un giudizio di carattere qualitativo che prescinde da valutazioni di natura quantitativa.
Una gestione apparentemente antieconomica, quindi, non è necessariamente sintomo di evasione, bensì può derivare da legittime ragioni che hanno portato l’imprenditore a compiere tali scelte, proprio come è avvenuto nel caso di specie. I fatti giustificativi addotti dal contribuente provano che il costo è senz’altro relativo alla sua attività e tale è il giudizio qualitativo che prescinde da valutazioni quantitative. Dal punto di vista quantitativo il costo attiene oppure non attiene alla attività dell’impresa a prescindere dalla sua entità.
L’ufficio lo ritiene inerente solamente per il 50%. Più che un giudizio sulla inerenza l’ufficio effettua un sindacato sulla scelta imprenditoriale stabilendo che solo in parte i costi sono inerenti, ma l’importo del costo è irrilevante.
Ciò che rileva è la sua attinenza alla attività dell’impresa. D’altra parte l’ufficio non ha dimostrato la destinazione di tali costi ad altre finalità estranee, né ha enunciato per quale motivo l’abbattimento dei costi del 50% risulti più congruo.
Il principio affermato in numerose ordinanze della Cassazione è che la valutazione dell’inerenza dei costi consiste sempre e solo in un giudizio “qualitativo” e deve essere abbandonato il concetto di inerenza “quantitativa” poiché non può essere mai tradotto in termini di congruità della spesa sostenuta. In particolare, nell’ordinanza n. 450/2018, il Supremo Consesso sottolinea che “l’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro da riferimenti di utilità o di vantaggio, afferenti un giudizio quantitativo, e deve essere distinta dalla nozione di congruità
del costo”.
Per questo motivi il costo della collaboratrice può essere deducibile.
P.Q.M.
Conferma la decisione di primo grado; condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite del grado che si liquidano in complessivi € 1.500,00, oltre accessori di legge, con distrazione in favore del difensore.