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Tribunale Napoli sez. II, 21/05/2024, n.5274

Massima

Il consumatore ha diritto ad un rimborso in caso di estinzione anticipata del rapporto di finanziamento dell’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del rapporto, senza entrare nei dettagli del criterio di calcolo. L’eventuale rinuncia al rimborso contrattualmente prevista si presentava perciò nulla visto che tale clausola contrattuale risultava contraria anche al vecchio testo dell’art. 125 TUB che costituisce norma imperativa nell’ambito dei rapporti tra istituto di credito e cliente consumatore; per altro la deroga al disposto di legge sarebbe comunque vessatoria in quanto determina uno squilibrio eccessivo del sinallagma contrattuale a danno del cliente consumatore.

Supporto alla lettura

ESTINZIONE ANTICIPATA FINANZIAMENTO

L’estinzione anticipata del finanziamento è il diritto concesso ai consumatori (indicato anche nel contratto bancario e nella documentazione che contiene tutte le informazioni in merito alle c.d. modalità di estinzione) di estinguere il debito con banche o agenzie di credito prima della scadenza del contratto. Sarà quindi necessario restituire il debito residuo del finanziamento, cioè la parte del debito non ancora coperto; un importo che viene calcolato tenendo conto dei tassi di interesse maturati fino a quel momento.

Per i prestiti personali e cessioni del quinto, l’estinzione anticipata può essere richiesta in qualsiasi momento (è libera da vincoli). Questa operazione è vantaggiosa se realizzata entro pochissimi anni dall’inizio del contratto.

Una volta deciso di estinguere in anticipo il finanziamento, è necessario richiedere alla banca il conteggio estintivo, cioè un documento bancario che tiene traccia dei versamenti effettuati fino a quel momento, e dell’importo residuo ancora da versare. A partire dal conteggio estintivo sarà possibile quindi conoscere l’importo residuo da rimborsare alla banca, in particolare, il calcolo dell’estinzione anticipata del finanziamento prevede che a quell’importo vengano detratti tutti i costi “recurring”:

  • spese di incasso rata;
  • costi di intermediazione;
  • quota assicurativa;
  • spese di gestione;
  • costi legati alla durata del prestito.

Con una sentenza della Corte di Giustizia Europea (c.d. sentenza Lexitor), si è aperto alla possibilità di un rimborso che include anche i costi “up front” del finanziamento, cioè i costi una tantum (es. spese di istruttoria e quelle di apertura pratica).

Trattandosi a tutti gli effetti di un recesso, è previsto il pagamento di una penale per l’estinzione anticipata:

  • mutui bancari: non è prevista una penale di recesso (Decreto Bersani 40/2007) per mutui sottoscritti da soggetti privati per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile;
  • credito al consumo: è prevista una penale che per legge (riforma del credito del 2013) non può superare l’1% del debito residuo se il contratto viene chiuso più di anno prima della scadenza del finanziamento, lo 0,5% se invece manca meno di 1 anno alla scadenza. In ogni caso va tenuto conto della penale nel conteggio estintivo.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione in appello regolarmente notificato, l’appellante in epigrafe chiedeva riformarsi la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Napoli, n. 4068/2022 con la quale era stata rigettata la domanda proposta da essa originaria parte istante con compensazione delle spese di lite.

In particolare, allegava in fatto e diritto la vicenda che ha dato origine al giudizio di primo grado.

Invero l’attuale parte appellante stipulava con la attuale appellata (…) spa, quale intermediaria della (…) spa, un contratto di finanziamento.

In sede di liquidazione del mutuo, dal capitale netto erogato all’odierna parte appellante, l’appellata (…) spa provvedeva a trattenere somme a titolo di costi del credito ulteriori agli interessi, identificate con le diciture riportate nel contratto. Durante la regolare esecuzione del contratto, l’appellante provvedeva all’estinzione anticipata del contratto di mutuo, effettuando un pagamento quantificato dalla odierna appellata (…) spa mediante conteggio estintivo.

La originaria parte convenuta (…) spa, in qualità di mandataria della mutuante, facendo applicazione della clausola contrattuale che eliminava ogni diritto del mutuatario alla restituzione di spese anticipate per il mutuo, non provvedeva ad alcun rimborso, neppure parziale, in ordine ai costi del credito non maturati ed in particolare ai costi di intermediazione e di istruttoria e di assicurazione.

In primo grado l’istante provvedeva ad agire in giudizio nei confronti della (…) spa, quantificando le somme a cui aveva diritto a seguito di estinzione anticipata, mediante il cd. Metodo proporzionale o pro-rata temporis o Metodo lineare e cioè dividendo le somme versate al momento della stipula del contratto, per il pagamento delle commissioni bancarie, spese assicurative e di intermediazione, per il numero di rate di cui si compone il piano di ammortamento del mutuo, e moltiplicando il risultato per le rate corrisposte in un’unica soluzione all’atto dell’estinzione anticipata, previa detrazione dell’importo già rimborsato.

(…) spa deduceva in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva e veniva autorizzata a chiamare in causa la sua mandante ed effettiva mutuante (…) spa e la (…) spa che aveva materialmente incassato il premio assicurativo. Le chiamate in causa resistevano alle domande, l’originaria parte attrice estendeva, per quanto di ragione, la originaria domanda di restituzione nei confronti dei soggetti chiamati in causa.

Con la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, il Giudice adito non riconosceva il diritto di parte attrice.

Nel presente grado di giudizio si costituiva la sola appellata (…) spa che, in via preliminare, ribadiva la propria eccezione di difetto di legittimazione passiva (per altro nemmeno esaminata dal primo giudice). Le altre parti appellate (originarie chiamate in causa) restavano contumaci nel presente grado di giudizio.

In limine si evidenzia l’ammissibilità dell’appello essendo state sostanzialmente indicate le parti della sentenza da censurare ed il contenuto sostitutivo che si richiede al giudice di appello.

L’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da (…) spa – e reiterata nel presente grado di giudizio – è fondata.

Invero – e mutando, alla luce della documentazione esibita fin dal primo grado di giudizio da (…) spa un precedente orientamento dello stesso scrivente – deve ritenersi che, come emerge dalla procura del 9.06.2005 (in atti) (…) spa è soltanto mandataria con rappresentanza di (…) spa (anche per la redazione del conteggio estintivo in caso di estinzione anticipata del finanziamento e per l’incasso delle relative somme da parte del mutuatario) con la conseguenza che qualsiasi ripetizione di somme indebitamente versate può essere richiesta soltanto al soggetto effettivo mutuante in nome e per conto del quale ha operato (…) spa non già a (…) medesima. Venendo all’esame “sostanziale” del proposto gravame deve in primo luogo darsi con to di un preesistente orientamento della giurisprudenza di merito (sostanzialmente fatto proprio dalla difesa della (…) spa e anche dal primo giudice), che, in riferimento alle spese accessorie ad un contratto di finanziamento, considera opportuno distinguere tra la remunerazione di servizi temporalmente collocabili nella fase preliminare e/o formativa del regolamento negoziale, c.dd. up-front, e remunerazione di attività destinate a trovare svolgimento nella fase esecutiva, c.dd. recurring.

Generalmente, si suole distinguere tra queste due categorie di spese, perché quelle c.d. recurring sono univocamente oggetto di restituzione in caso di estinzione anticipata. Le predette spese, sono gli interessi sulle rate non scadute, le commissioni finanziarie ed accessorie, le spese di assicurazione divise per il numero di rate, con restituzione solo di quelle limitatamente alle rate non scadute In ogni caso nel dubbio sul titolo della spesa, essa va considerata recurring pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del rapporto”, senza entrare nei dettagli del criterio di calcolo. La giurisprudenza arbitrale, aveva escluso che, nei casi di estinzione anticipata, le commissioni d’intermediazione possano essere interamente conteggiate a carico del cliente, solo laddove sia in esse incontroversa la sussistenza di forme di remunerazione per attività che l’intermediario avrebbe dovuto rendere per tutta la durata del rapporto, e da cui però, per effetto dell’estinzione anticipata, è stato anticipatamente liberato.

Fra i costi per servizi accessori certamente rientranti nella categoria recurring si ritrovano i premi per polizze assicurative (sulla vita, sull’impiego, sugli infortuni) a copertura del rischio di non realizzo cui è naturalmente esposto il mutuante. Anche tali oneri, per prassi negoziale, sono addebitati anticipatamente e integralmente al mutuatario al momento dell’accensione del finanziamento.

L’art. 125 sexies del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB (D.Lgs. 01 settembre 1993, modificato con D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141) prevede, per quanto qui interessa, che “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore”. Si deve anche ricordare che, conformemente alla Direttiva europea 87/102/CEE, il Decreto del Ministero del Tesoro 8 luglio 1992, art. 3, comma 1, ha a suo tempo previsto che “il consumatore ha sempre la facoltà dell’adempimento anticipato; tale facoltà si esercita mediante versamento al creditore del capitale residuo, degli interessi ed altri oneri maturati fino a quel momento e, se previsto dal contratto, di un compenso comunque non superiore all’uno per cento del capitale residuo”.

Il rimborso delle somme spettanti al cliente, così come disposto dalla legge, è rappresentativo di una corretta applicazione del principio di trasparenza e buona fede contrattuale tra le parti del contratto di credito sottoscritto.

A loro volta le Disposizioni di Vigilanza del 29 luglio 2009 e s.m.i. (Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti), alla Sezione VII, par. 5.2.1 – Contratti di credito (come aggiornato ai fini del recepimento della Direttiva sul credito ai consumatori), prevedono che “i contratti di credito indicano in modo chiaro e conciso il diritto del consumatore al rimborso anticipato previsto dall’articolo 125-sexies, comma 1, del T.U. e la procedura per effettuarlo nonché, in presenza delle condizioni ivi stabilite, il diritto del creditore a ottenere, ai sensi dell’articolo 125-sexies, comma 2, del T.U., un indennizzo a fronte del rimborso anticipato e le relative modalità di calcolo”, chiarendo ulteriormente che “nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio e della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore”. Su questa base normativa, da cui indubbiamente emerge lo stretto collegamento tra la trasparenza contrattuale ex ante ed il tema della ripetibilità dei costi anticipati in caso di scioglimento parimenti anticipato del contratto, è intervenuta la Comunicazione del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009 (“Cessione del quinto dello stipendio e operazioni assimilate: cautele e indirizzi per gli operatori”), ove si è sottolineato che “relativamente all’estinzione anticipata, la Banca d’Italia ha stigmatizzato la prassi, seguita dagli intermediari, di indicare cumulativamente, nei contratti e nei fogli informativi, l’importo di generiche spese, non consentendo quindi una chiara individuazione degli oneri maturati e di quelli non maturati”. Fatta questa premessa in ordine alla disciplina introdotta dal legislatore in epoca comunque posteriore alla stipulazione del contratto per cui è causa, va da subito evidenziato che la distinzione delle spese da restituire a seguito di estinzione anticipata, è sempre stata collocata nell’ambito della esigenza di trasparenza nei rapporti contrattuali tra intermediario finanziario e l’altra parte non professionista.

Invero, la Banca d’Italia ha più volte richiamato gli intermediari ad uno scrupoloso rispetto della normativa di trasparenza (cfr. Provvedimento della Banca d’Italia del 19 agosto 2002, “Attività bancaria fuori sede. Mediatori e agenti”; Provvedimento della Banca d’Italia in materia di “attività bancaria fuori sede”, pubblicato sul Bollettino di vigilanza di dicembre 2005; Istruzioni di vigilanza per le banche, Titolo X, Cap. I; Istruzioni di vigilanza per gli intermediari iscritti nell’Elenco Speciale, Parte I, Capitolo VI, Sezione II; Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 25 luglio 2003, “Disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi finanziari”; Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 29 luglio 2009, “Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”; Istruzioni per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi emanate ai sensi della legge sull’usura nell’agosto 2009). Sulla stessa materia la Comunicazione n. 304921/11 del 7 aprile 2011, a firma del Direttore Generale della Banca d’Italia, sollecita la generalità degli intermediari attivi nel comparto delle cessioni del quinto dello stipendio, tra l’altro, a: “e) definire correttamente – in linea con le nuove disposizioni sul credito ai consumatori – la ripartizione tra commissioni up-front e recurring, includendo nelle seconde le componenti economiche soggette a maturazione nel tempo; f) definire criteri rigorosi, legati a una stima ragionevole dei costi, per individuare eventuali somme da rimborsare ai clienti che abbiano in passato estinto anticipatamente le operazioni, valutando l’opportunità di utilizzare procedure informatiche per calcolare prontamente il quantum dovuto (…); g) assicurare il pieno rispetto delle regole contabili nella rilevazione delle commissioni e degli oneri connessi con le CQS”.

Dal contesto sopra riassunto emerge in primo luogo che, se è vero che le fonti primarie dispongono unicamente che il consumatore ha diritto ad un rimborso in caso di estinzione anticipata del rapporto di finanziamento “pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del rapporto”, senza entrare nei dettagli del criterio di calcolo, tuttavia le fonti secondarie indicano con sufficiente chiarezza, in primo luogo, che il tema si collega alla direttiva generale della trasparenza contrattuale ed, in secondo luogo, che ai costi recurring si deve applicare il principio di competenza economica, posto che si tratta di costi che maturano in ragione del tempo e, di conseguenza, che essi sono da rilevare pro rata temporis.

Il problema quindi diviene quello di stabilire quale rilievo giuridico debba darsi alle indicazioni contenute nelle fonti secondarie. Al riguardo il Tribunale osserva che in tema di rapporti obbligatori rilevano non solo le disposizioni normative primarie specifiche che si sono appena riportate, ma anche le clausole generali di cui agli artt. 1175,1337,1358,1366,1375,2598 n. 3 c.c.

Simile conclusione è assai rafforzata dal rilievo per cui nei mercati soggetti a vigilanza spetta all’autorità vigilante, che è in possesso delle più ampie informazioni circa il mercato vigilato, definire le regole di dettaglio che meglio consentono di perseguire gli scopi di policy individuati dal legislatore: in questo caso, l’equo rimborso al consumatore recedente, spettando alle corti vigilare che tali regole di dettaglio non siano palesemente in contrasto con detti scopi o con regole inderogabili del sistema giuridico.

Si deve anche aggiungere che demandare la concretizzazione della equità sostanziale del rimborso dei costi anticipati, cui il cliente consumatore ha diritto, alla volontà delle parti, che può essere desunta ex post in base a metodi di calcolo, equivale ad abbandonare la concretizzazione di valori, che sono anzitutto etici, alle prassi correnti. Da ciò deriva il convincimento che, in riferimento alle commissioni ed alle spese assicurative, il criterio pro rata temporis applicato sul loro intero ammontare è il più logico e, con ciò stesso, il più conforme al diritto ed all’equità sostanziale. In effetti anche applicando il previgente disposto dell’art. 125 TUB – atteso che il contratto è stato stipulato nel 2006 – si giunge, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, alle medesime conclusioni.

Anche il vecchio testo dell’art. 125 TUB statuiva in maniera precisa e chiara il diritto all’equa riduzione del costo complessivo e risultava operativo anche in assenza delle disposizioni secondarie CICR, visto il criterio di equità comunque imposto che rendeva la previsione autonomamente eseguibile.

La rinuncia al rimborso contrattualmente prevista si presentava perciò nulla visto che tale clausola contrattuale risultava contraria anche al vecchio testo dell’art. 125 TUB che costituisce norma imperativa nell’ambito dei rapporti tra istituto di credito e cliente consumatore; per altro la deroga al disposto di legge sarebbe comunque vessatoria in quanto determina uno squilibrio eccessivo del sinallagma contrattuale a danno del cliente consumatore.

Le ragioni sostenute dall’originaria parte attrice con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado possono essere quindi in astratto condivise.

Deve ritenersi inoltre come ormai nessuna influenza possa assumere le circostanze che alcuni dei costi di cui la originaria parte istante chiede la restituzione in relazione alla estinzione anticipata del finanziamento sono da considerarsi “up front” e non “recurring”. In effetti la recente sentenza “Lexitor” della Corte UE dell’11 settembre 2019 (…) ha definitivamente ribadito il diritto del consumatore di vedersi ridurre tutti i costi a carico, compresi quelli che, essendo volti a remunerare attività destinate ad esaurirsi con la stipula del contratto (come ad esempio le spese dell’istruttoria), non dipendono dalla durata del finanziamento facendo così venir meno qualsiasi distinzione tra spese up-front e spese recurring. In effetti la menzionata sentenza interpreta la direttiva europea UE 48/2008 che ha un testo del tutto analogo a quello della legislazione italiana (anche ante 2010). A tale interpretazione – ed alle ragioni che la supportano – ci si riporta integralmente, anche modificando in tal senso il precedente orientamento di questo Tribunale (cfr. Cass. ord. n. 25977/2023).

Per completezza deve essere affrontata la questione relativa al recente intervento del legislatore sulla non rimborsabilità dei costi up front per i contratti sottoscritti prima del 25 luglio 2021 (art. 11-octies del decreto legge 25 maggio 2021 n. 73 convertito con modificazioni in Legge 23 luglio 2021 n. 106). In particolare a questo Tribunale già era apparsa problematica l’analisi della disposizione nella parte in cui ritiene applicabili le “norme secondarie”, per altro nemmeno specificamente individuate. Detta disposizione – come ritenuto in modo condivisibile dal Tribunale di Savona nella sentenza n. 689/2021 del 15-09-2021 alla cui dettagliata motivazione può rimandarsi per relationem – si porrebbe comunque in contrasto con la normativa europea e con la già citata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea che ha efficacia diretta nell’ordinamento interno degli stati membri, vincolando i giudici nazionali alla disapplicazione delle norme interne con essa giurisprudenza configgenti (cfr. Corte Cost. 19 aprile 1985 n. 113 e Cass. n. 26897/2009). In tale senso è successivamente intervenuta la pronuncia della Corte Costituzionale 263 del 22-12-2022 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale della disposizione normativa invocata dalla difesa della mutuante.

La mutuante (…) spa ha poi ribadito – in primo grado (atteso che nel presente grado di giudizio è rimasta contumace) il proprio difetto di legittimazione passiva con riferimento ai costi di intermediazione che sarebbero direttamente rimborsabili dalla finanziaria mandataria che li ha incamerati e per i costi di assicurazione che sarebbero stati incamerati dalla compagnia e quindi da essa direttamente rimborsabili.

A tale proposito può essere richiamata la pressocchè unanime giurisprudenza arbitrale che, in piena armonia con il quadro regolamentare vigente, ha riconosciuto al cliente il diritto di ottenere dal mutuante, senza preventiva escussione della compagnia assicuratrice (e analogo discorso non può non valere per l’intermediario finanziario mandatario), la restituzione della quota parte del premio divenuta indebita per sopraggiunta e definitiva cessazione del rischio.

Occorre in proposito segnalare che, in seguito all’entrata in vigore dell’art. 22, comma 15-quater, d.l. 18 ottobre 2012 n. 179 (convertito con modificazioni dalla legge 17-122012 n 221), taluni istituti di credito, convenuti dinanzi all’Arbitro per il rimborso degli oneri assicurativi “non maturati”, hanno argomentato la propria carenza di legittimazione passiva evidenziando che la nuova disposizione, nello stabilire che in caso di estinzione anticipata le imprese assicuratrici restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato, avrebbe definitivamente escluso che il rimborso di tali oneri potesse essere richiesto alle banche. In risposta a tali sollecitazioni è stato in modo convincente precisato che le regole dettate dal d.l. 179 del 2012, quelle in particolare dell’art. 22 sui doveri dell’impresa assicuratrice, non sembrano incidere sulla legittimazione, non sottraendo il finanziatore alla concorrente responsabilità per la restituzione del dovuto a fronte di negozi chiaramente collegati, rilevando invece ai fini della eventuale azione di regresso. Infine nemmeno potrebbe essere invocato il “revirement” che sarebbe stato operato dalla Corte di Giustizia in materia di mutui immobiliari per i quali sarebbe stato sostanzialmente reintrodotta la antica distinzione tra costi recurring ed up front così superandosi la richiamata sentenza (…).

Invero appare giustificata e ragionevole la differenza di trattamento tra finanziamenti personali “al consumo” e mutui immobiliari i quali ultimi hanno normalmente una durata ben più elevata e una istruttoria ben più complessa.

In conseguenza la domanda formulata dalla originaria parte istante, estesa nei confronti della (…) spa, può essere accolta e tale appellata va condannata al pagamento dell’importo di Euro 3.479,84 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo. L’esito complessivo del gravame, le ragioni della decisione, la natura della controversia, la modifica del quadro normativo ed i contrasti giurisprudenziali esistenti costituiscono gravi motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale di Napoli definitivamente pronunziando così provvede:1) In accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza n. 4068/2022 del GdP di Napoli condanna (…) spa al pagamento in favore di (omissis) della somma di Euro 3.479,84 oltre interessi legali dalla domanda al sodisfo;

2) Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio

Così deciso in Napoli il 21 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2024.

Allegati

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