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Giudice di Pace di Campobasso, 20/04/2023, n. 127

Massima

In caso di estinzione anticipata di un contratto di credito al consumo, il consumatore ha diritto ad una riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti, in conformità con la direttiva europea 2008/48/Ce e l’interpretazione dell’art. 125 sexies del Testo Unico Bancario (TUB), principio applicabile anche ai contratti stipulati prima delle modifiche apportate dalla L. n. 106 del 2021.

Supporto alla lettura

ESTINZIONE ANTICIPATA FINANZIAMENTO

L’estinzione anticipata del finanziamento è il diritto concesso ai consumatori (indicato anche nel contratto bancario e nella documentazione che contiene tutte le informazioni in merito alle c.d. modalità di estinzione) di estinguere il debito con banche o agenzie di credito prima della scadenza del contratto. Sarà quindi necessario restituire il debito residuo del finanziamento, cioè la parte del debito non ancora coperto; un importo che viene calcolato tenendo conto dei tassi di interesse maturati fino a quel momento.

Per i prestiti personali e cessioni del quinto, l’estinzione anticipata può essere richiesta in qualsiasi momento (è libera da vincoli). Questa operazione è vantaggiosa se realizzata entro pochissimi anni dall’inizio del contratto.

Una volta deciso di estinguere in anticipo il finanziamento, è necessario richiedere alla banca il conteggio estintivo, cioè un documento bancario che tiene traccia dei versamenti effettuati fino a quel momento, e dell’importo residuo ancora da versare. A partire dal conteggio estintivo sarà possibile quindi conoscere l’importo residuo da rimborsare alla banca, in particolare, il calcolo dell’estinzione anticipata del finanziamento prevede che a quell’importo vengano detratti tutti i costi “recurring”:

  • spese di incasso rata;
  • costi di intermediazione;
  • quota assicurativa;
  • spese di gestione;
  • costi legati alla durata del prestito.

Con una sentenza della Corte di Giustizia Europea (c.d. sentenza Lexitor), si è aperto alla possibilità di un rimborso che include anche i costi “up front” del finanziamento, cioè i costi una tantum (es. spese di istruttoria e quelle di apertura pratica).

Trattandosi a tutti gli effetti di un recesso, è previsto il pagamento di una penale per l’estinzione anticipata:

  • mutui bancari: non è prevista una penale di recesso (Decreto Bersani 40/2007) per mutui sottoscritti da soggetti privati per l’acquisto o la ristrutturazione di un immobile;
  • credito al consumo: è prevista una penale che per legge (riforma del credito del 2013) non può superare l’1% del debito residuo se il contratto viene chiuso più di anno prima della scadenza del finanziamento, lo 0,5% se invece manca meno di 1 anno alla scadenza. In ogni caso va tenuto conto della penale nel conteggio estintivo.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La presente decisione è resa ai sensi dell’art. 132 c.p.c. come novellato dall’art. 45, 17 co. della L. n. 69 del 2009 applicabile ai giudizi pendenti in primo grado alla sua entrata in vigore mediante concisa esposizione dei fatti e dei motivi posti a fondamento della stessa. Devono, pertanto, considerarsi integralmente richiamati dalla presente pronuncia, sia l’atto introduttivo del giudizio e di costituzione delle parti sia i verbali di udienza in cui la causa è stata trattata, istruita e decisa, dalla cui lettura potrà agevolmente desumersi lo svolgimento del processo.

Con l’atto introduttivo del giudizio, l’istante ha chiesto la condanna della convenuta, al rimborso di complessivi Euro 1.033,35 quali costi non goduti e sostenuti anticipatamente relative all’anticipata estinzione (alla trentunesima rata) del un contratto di finanziamento garantito dalla cessione del quinti dello stipendio per un capitale lordo di Euro 15.660,00 stipulato il 2.06.2012 da rimborsare in sessanta rate da 261,00 euro ciascuna comprensiva delle quote di ammortamento del capitale e degli interessi e che prevedeva, a carico del contraente, costi ed oneri per complessivi 3.173,57 euro. Rimborsate in sede di estinzione anticipata del 01.01.2015 le sole commissioni di gestione pari ad Euro 500,31 la convenuta respingeva l’istanza di ulteriore rimborso formalizzata il 23.03.2022.

Costituitosi in giudizio con comparsa di costituzione e risposta del 05.12.2022, l’istituto bancario contesta la domanda che ritiene ingiustificata eccependo preliminarmente l’incompetenza per valore di questo Giudice, rientrando a suo dire la questione nella competenza per valore del Tribunale di Campobasso, la nullità dell’atto di citazione per difetto e/o indeterminatezza del petitum e/o della causa petendi, il difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del credito.

In via preliminare va disattesa, siccome infondata, l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo per assunta incertezza e genericità del “petitum” e della “causa petendi”. Invero, dall’esame complessivo della citazione e dei documenti ad essa allegati appare evincibile, con sufficiente determinatezza, sia l’identificazione dell’oggetto che della causa della domanda nonché del risultato cui tende parte attrice, anche alla luce della documentazione versata in atti in occasione dell’instaurazione del giudizio.

Ai sensi dell’art. 164, 4 co. c.p.c., la citazione è nulla, se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito dall’art. 163, 3 co. n. 3 c.p.c. – ossia la determinazione della cosa oggetto della domanda – ovvero se manca l’esposizione dei fatti prefigurata all’art. 163, 3 co. n. 4 c.p.c.. La declaratoria di nullità della citazione per omissione o assoluta incertezza del petitum richiede una valutazione da compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, occorrendo, da un canto, tener conto che l’identificazione dell’oggetto della domanda va operata avendo riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, dall’altro, che l’oggetto deve risultare “assolutamente” incerto. D’altra parte, prima ancora di offrire al giudicante l’immediata contezza del thema decidendum, dev’essere tutelata l’esigenza del convenuto di apprestare immediatamente adeguate e puntuali difese.

La nullità della citazione per assoluta incertezza del petitum, inteso sotto il profilo formale del provvedimento giurisdizionale richiesto, e nell’aspetto sostanziale, come bene della vita di cui si domanda il riconoscimento, non ricorre quando l’individuazione del petitum così inteso sia comunque possibile attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo del giudizio, non limitato alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni, ma esteso anche alla parte espositiva (Cass. n. 3911/’0l).

L’istante ha chiesto la condanna della società convenuta al rimborso di costi sostenuti ma non goduti per effetto dell’estinzione anticipata del contratto di finanziamento stipulato il 12.06.2012 quantificati in Euro 1.033,35 incidenti sulla restanti ventinove rate secondo il principio pro rata temporis infruttuosamente richiesto prima del presente giudizio. La domanda alla condanna della convenuta al rimborso dei costi non dovuti relativi al contratto di finanziamento e l’indubbia circostanza che la convenuta alle prospettazioni di controparte ha comunque diffusamente controdedotto formulando anche le conclusioni, lascia ragionevolmente desumere che la stessa abbia ben inteso l’oggetto e la ragione dell’avversa pretesa, tanto da costituirsi tempestivamente in giudizio con l’articolata comparsa di costituzione e risposta di ben quarantaquattro pagine, confortando con ciò il convincimento che l’eccepita incertezza dell’oggetto e della ragione della domanda, come l’eccezione di incompetenza avendo l’istante circoscritto la domanda al rimborso di una somma rientrante nella competenza per valore di quest’ufficio, sono, nei fatti, destituite di fondamento.

La questione posta con l’atto introduttivo del giudizio concerne l’incidenza del rimborso anticipato del prestito sui costi dell’operazione che le clausole negoziali addossano al soggetto finanziato.

Se la precedente normativa in materia di credito al consumo prevedeva il diritto del consumatore “a una equa riduzione del costo complessivo del credito” (art. 8 della direttiva 87/102 Cee), l’attuale normativa sancisce la “riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto” (art. 6, par. 1, della direttiva 2008/48/Ce), dove “costo totale del credito” è descritto in termini ampi dal legislatore comunitario, che vi fa rientrare “gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza”; vengono inclusi “i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte”, con esclusione delle eventuali “spese notarili” (art. 3, lett. g della direttiva 2008/48/Ce).

La Corte di giustizia è infatti intervenuta con decisione dell’11.09.2019 resa nella causa C-383/18 (c.d. sentenza Lexitor) stabilendo che l’art. 16, par. 1, della direttiva 2008/48/Ce, relativa ai contratti di credito ai consumatori, dev’essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, in caso di rimborso anticipato del credito, include tutti i costi posti a carico del consumatore (così, A.B.F., 17.12.2019 n. 26525), senza operare alcuna distinzione. Si distingue, infatti, tra costi up front e recurring: i primi si riferiscono ad attività preliminari all’erogazione del finanziamento; i secondi sono legati a vicende che si dipanano nel corso del rapporto e che remunerano attività e rischi connessi allo svolgimento del rapporto negoziale per tutta la sua naturale durata (Trib. Napoli 22.10.2021).

Inevitabili le ricadute sull’art. 125 sexies del TUB che ha trasposto nell’ordinamento interno l’art. 16.1 della direttiva n. 2008/48 dell’unione europea, recapita in Italia con D.Lgs. n. 141 del 2018, stabilendo che “1. Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tal caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. Pertanto, alla luce di quanto sopra argomentato, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che il consumatore ha diritto, in caso di anticipata estinzione, al rimborso proporzionale di tutti i costi sostenuti, non solo di quelli che matureranno successivamente” (Trib. Milano, 11.05.2021; Trib. Milano, 09.04.2021; Trib. Torino, 21.03.2020; Trib. Palermo, 29.12.2020). Il costo totale del credito è definito in modo perfettamente identico nella dir. 2008/48/Ce (art. 3 lett.g) e nella disciplina di attuazione (art. 121 lett.e) e che tutte le voci che lo compongono sono comunque riconducibili alle stesse categorie espressamente menzionate: “la restante durata del contratto non è un criterio di selezione dei costi ammissibili a riduzione, ma un’indicazione sia pure approssimativa della misura della riduzione” (Trib. Torino, 21.3.2020), sicché “la distinzione tra oneri up front e recurring ha perso ogni rilevanza giuridica – almeno agli effetti dell’art. 125sexies TUB – visto che entrambe le categorie sono oggi comprese nel costo totale del credito e quindi rimborsabili per la frazione pertinente alla restante durata del contratto”.

La convenuta deduce la non applicabilità del nuovo art. 125 sexies del TUB al caso di specie in quanto con L. n. 106 del 23 luglio 2021, di conversione con modifiche del D.L. n. 73 del 25 maggio 2021, ha limitato l’ambito di applicazione temporale “ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

La contestazione è stata già considerata da autorevole giurisprudenza alla quale non v’è motivo per non aderire anche per il caso di specie.

Il testo attuale e quello precedente dell’art. 125sexies TUB, al mero confronto, appaiono sostanzialmente sovrapponibili; solo la “nuova” versione esprime con maggiore chiarezza che è diritto dei consumatori ottenere il rimborso di tutti i costi. Principio, peraltro, che la giurisprudenza aveva già sancito in via interpretativa in ragione della necessaria conformità del diritto interno alle fonti europee. Il “nuovo” testo dell’art. 125sexies TUB prevede che il consumatore ha diritto a una riduzione del “costo totale del credito”, così come il “vecchio testo”, pari agli interessi e a tutti i costi “in misura proporzionale alla vita residua del contratto”. Il “vecchio testo” analogamente stabiliva il diritto del consumatore alla riduzione del “costo totale del credito” pari agli interessi e ai costi dovuti “per la vita residua del contratto”. Il “nuovo” testo dell’art. 125sexies TUB precisa in più che dalla riduzione sono escluse le imposte.

C’è dunque una sostanziale continuità fra le due versioni dell’art. 125 sexies TUB, poiché entrambe promanano dalla normativa europea e dall’interpretazione che di essa ha dato la Corte Europea di Giustizia e perché entrambe vanno incontrovertibilmente intese in conformità con il diritto unionale. Non può, allora, negarsi o revocarsi in dubbio che entrambe le versioni dell’art. 125sexies TUB riconoscano il diritto del consumatore, in caso di anticipata estinzione, al rimborso proporzionale di tutti i costi sostenuti e non solo di quelli che matureranno successivamente. In senso contrario, non può valere la mera circostanza che la L. 23 luglio 2021, n. 106 all’art. 11octies prevede espressamente che “l’articolo 125sexies del TUB, di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, come sostituito dal comma 1, lettera c), del presente articolo, si applica ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’art. 125sexies del testo unico di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti”.

Ed invero, alla stregua di un’interpretazione sistematica e conforme rispetto all’ordinamento europeo, il principio di irretroattività sancito dal predetto art. 11octies non può che riferirsi ai commi 2 e 3 dell’art. 125sexies TUB (“i contratti di credito indicano in modo chiaro i criteri per la riduzione proporzionale degli interessi e degli altri costi, indicando in modo analitico se trovi applicazione il criterio della proporzionalità lineare o il criterio del costo ammortizzato. Ove non sia diversamente indicato, si applica il criterio del costo ammortizzato. Salva diversa pattuizione tra il finanziatore e l’intermediario del credito, il finanziatore ha diritto di regresso nei confronti dell’intermediario del credito per la quota dell’importo rimborsato al consumatore relativa al compenso per l’attività di intermediazione del credito”) e cioè ai due commi di nuova introduzione, mentre non può riguardare il comma 1, diversamente ponendosi in contrasto con la normativa europea e con la giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia (così Trib. Savona n. 680/2021, che ha anche chiarito come eventuali clausole del contratto limitanti la rimborsabilità della commissione rete distributiva non potrà che ritenersi inefficace, in quanto è diritto dei consumatori ottenere il rimborso di tutti i costi e i diritti riconosciuti ai consumatori dalla disciplina di settore sono irrinunciabili: “ciò si ricava in primo luogo in via generale dalla prevalenza del diritto eurounitario, dal principio di assicurare una elevata protezione dei consumatori, inserito nell’art. 38 della Carta fondamentale dei diritti europei, nonché dall’art. 22.2 della direttiva, che espressamente impone alle legislazioni nazionali di escludere la rinuncia ai diritti. In sede nazionale, infatti, l’art. 143 del codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005) sancisce l’irrinunciabilità dei diritti attribuiti dal codice stesso e la nullità delle pattuizioni contrarie. Tale previsione si applica alla fattispecie, perché in origine la materia del credito al consumo era inserita in detto codice (cfr. art. 40-42) e tuttora l’art. 43 opera un rinvio alla disciplina poi inserita nel TUB” (Trib. Milano, 11.5.2021). La giurisprudenza ha inoltre osservato come “l’irripetibilità di tutte le commissioni versate dal consumatore – indipendentemente dalla circostanza che siano riferite esclusivamente al momento genetico del contratto (qualificabili dunque quali commissioni un front) ovvero che attengano all’intera durata del rapporto contrattuale (quindi definibili quali commissioni recurring) – comporti un indebito vantaggio per l’Istituto di credito nella misura in cui costituisce un fattore che incide in maniera determinante a disincentivare la parte contraente a recedere anticipatamente dal rapporto contrattuale in quanto, così facendo, eviterebbe la corresponsione dei soli interessi scalari residui…Infatti, la non esigibilità da parte dell’Istituto di credito degli interessi scalari residui non può intendersi come rinuncia a somme cui la banca avrebbe avuto astrattamente diritto a percepire e conseguentemente non può qualificarsi, ai fini di un bilanciamento dei rispettivi oneri contrattuali, quale sacrificio da contrapporre alla rinuncia imposta al cliente alle somme corrisposte in anticipo a titolo di commissioni dal momento che, ove la banca li dovesse esigere nonostante l’estinzione anticipata che comporta la rimodulazione dell’originario ammortamento, terrebbe una condotta contraria ai principi generali dell’ordinamento giuridico sotto il profilo dell’indebito arricchimento” (Trib. Monza, 21.11.2019)).

La domanda, per quanto sopra esposto, va accolta risultando altresì corretto – né fra l’altro ex adverso non adeguatamente contestato e comunque ricavabile dalla decisione dell’Arbitrato Bancario Collegio di Napoli del 13.09.2022 (all. 8 fascicolo di parte attrice) – l’ammontare della somma come richiesta nell’atto introduttivo del giudizio calcolata secondo il criterio proporzionale pro rata temporis, non goduta dall’attore per effetto dell’estinzione anticipata del finanziamento, con conseguente condanna della convenuta al pagamento in favore dell’attore di Euro 1.033,35 oltre interessi legali dalla domanda giudiziaria all’effettivo soddisfo (non spetta la rivalutazione monetaria posto che si tratta di un debito di valuta e non di valore).

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate d’ufficio, come da dispositivo, alla luce dei criteri di cui al D.M. n. 37 del 2018 come aggiornati da D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto del valore della causa e dell’attività difensiva posta in essere.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Campobasso, dr. (omissis), ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando in ordine alla causa in epigrafe, così provvede:

1) accoglie la domanda e per l’effetto condanna (omissis), (omissis) S.p.A., in persona del suo legale rappresentante p.t., al pagamento in favore di (omissis) della somma pari ad Euro 1.033,35 oltre interessi legali dalla domanda giudiziaria all’effettivo soddisfo;

2) condanna (omissis), (omissis) S.p.A. suo l.r.p.t., al rimborso in favore di (omissis) delle spese e competenze di causa che liquida in complessivi Euro 389,00 (Euro 68,00 fase studio, Euro 68,00 fase introduttiva, Euro 68,00 fase trattazione/istruttoria e Euro 142,00 fase decisionale) di cui Euro 43,00 per spese, oltre I.V.A, C.A. e spese gen. nella misura del 15% di detta somma imponibile, se dovuti, come per legge.

Dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c..

Così deciso in Campobasso, il 6 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2023.

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