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Cassazione civile sez. III, 01/07/2024, n.18026

Massima

La domanda di arricchimento ingiustificato può essere proposta entro il termine delle attività processuali fissato dall’ art. 183 c.p.c., nel caso in cui sia sussidiaria rispetto a una domanda basata su un titolo contrattuale.

Supporto alla lettura

AZIONE GENERALE DI ARRICCHIMENTO

L’ art. 2041 c.c. disciplina la c.d. azione di arricchimento senza causa, disponendo che:

‘Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale.
Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda’

L’ azione di indebito arricchimento si concretizza in:

– un rimedio di carattere restitutorio, volto principalmente ad eliminare uno squilibrio che si sia determinato, in favore di un soggetto e a sfavore di altro, in assenza di una cd “giusta causa”;

– un rimedio di carattere sussidiario in quanto non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA
1.- (omissis) ha convissuto per diversi anni con (omissis), e, durante tale convivenza, ha contribuito all’acquisto e alla ristrutturazione di un rustico, che è stato per ragioni fiscali intestato al (omissis).

Finita la convivenza, (omissis) ha chiesto la restituzione dei 150.000 Euro da lei versati per la ristrutturazione dell’immobile. Inizialmente ha ottenuto un sequestro conservativo, a garanzia del pagamento di tale somma, e successivamente ha citato davanti al Tribunale di Campobasso (omissis) per obbligarlo alla restituzione del contributo da lei versato.

La (omissis) ha prodotto, a sostegno del suo diritto, una scrittura privata con la quale il (omissis) ha riconosciuto il contributo fornito dalla convivente per l’acquisto della casa, e ne ha fatto fonte di un riconoscimento di debito.

Il (omissis) si è costituito in giudizio ed ha proposto querela di falso della scrittura privata, oltre ad eccepire che comunque l’efficacia era subordinata sospensivamente alla vendita dell’immobile.

1.2.- Il Tribunale di Campobasso ha accolto la domanda qualificando l’azione come di arricchimento ingiustificato e ritenendo tardiva l’eccezione relativa alla condizione sospensiva.

Ma questa ricostruzione è stata smentita dalla Corte di appello di Campobasso, la quale ha ritenuto invece tardiva la domanda di arricchimento ingiustificato, e dunque ha ritenuto valida la sola domanda basata sulla scrittura privata, nella quale tuttavia la Corte di appello ha ravvisato una condizione sospensiva del pagamento, non avveratasi. E di conseguenza ha riformato la decisione di primo grado rigettando la domanda.

1.3.- Questa decisione è oggetto di ricorso per Cassazione da parte di (omissis)  con tre motivi di censura, di cui chiede il rigetto (omissis) costituitosi con controricorso.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.- Il primo motivo di ricorso prospetta violazione degli articoli 2041 e 2042 del codice civile nonché dell’articolo 281 codice di procedura civile.

La questione attiene alla ammissibilità della domanda di arricchimento ingiustificato proposta dalla ricorrente.

Come si è detto, la Corte d’Appello facendo applicazione di una

giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Un. N. 22402/ 2018),

ha ritenuto che la domanda di arricchimento ingiustificato, qualora sussidiaria ad un’azione basata su un titolo contrattuale, può essere proposta entro il limite processuale delle attività ex articolo 183 cpc, mentre in questo caso è stata proposta soltanto con la comparsa conclusionale, dunque tardivamente.

Ritiene invece la ricorrente che l’azione di arricchimento

ingiustificato è proponibile non solo quando manchi in astratto

un’altra azione tipica, a tutela di chi lamenti il depauperamento, ma anche qualora vi sia carenza sin dall’origine dell’azione proposta che è il caso della fattispecie in esame (p. 12).

Osserva inoltre che la domanda di arricchimento ingiustificato era già presente sia nella richiesta di sequestro conservativo che nella stessa citazione introduttiva, e che dunque non è stata tardivamente proposta, ma semmai si è trattato di una modifica della domanda originaria, in quanto è rimasta immutata la vicenda sostanziale sottesa al giudizio.

2.2.- Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’articolo 112 del codice di procedura civile.

Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il giudice di primo grado, nel qualificare la domanda come di arricchimento ingiustificato, è andato oltre il richiesto in quanto l’unica domanda ammissibile era quella originaria basata sul contratto.

La ricorrente, al fine di contestare questo argomento, reitera le questioni già poste con il motivo precedente, vale a dire che il giudice di primo grado non è andato ultra petita, posto che si è limitato a qualificare la domanda originaria ritenendo che in essa fossero già presenti gli elementi per considerarla quale domanda di ingiustificato arricchimento.

Questi due motivi pongono una questione comune e possono dunque scrutinarsi insieme.

Essi sono infondati. Resta pacifico che la domanda di arricchimento ingiustificato può essere proposta entro il limite segnato dall’articolo 183 del codice di procedura civile, qualora essa sia sussidiaria rispetto ad una domanda basata su un titolo contrattuale (Cass. sez. Un. 22402/ 2018).

Sostiene il ricorrente che questo termine era stato rispettato poiché la stessa domanda originaria, dunque proposta con l’atto introduttivo, anzi addirittura con il ricorso per sequestro conservativo, poteva essere qualificata come domanda di arricchimento ingiustificato sin dall’inizio. E comunque, tuttalpiù, quest’ultima poteva considerarsi come una mera modifica della domanda inizialmente proposta.

Ma questa tesi non è condivisibile, in quanto la modifica della domanda è tale e si distingue dalla domanda nuova, ” sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali” (da ultimo Cass. 30455/ 2023; Cass. sez. Un. 12310 del 2015). È di tutta evidenza infatti che, qualora la domanda di pagamento di una somma sia basata inizialmente su un riconoscimento di debito, come correttamente ritenuto dalla Corte di appello, la diversa richiesta di pagamento di quella somma a titolo di arricchimento ingiustificato non può costituire mera modificazione della domanda, già per lo stesso fatto che, in questo caso, la domanda di pagamento da arricchimento ingiustificato è sussidiaria rispetto a quella basata sul titolo contrattuale (Cass. sez. Un. -22420/ 2018).

In altri termini, è proprio la natura sussidiaria dell’azione di arricchimento ingiustificato, rispetto all’azione basata sul contratto, che impedisce di configurare la prima come mera modifica della seconda ed impone invece di considerarla come domanda del tutto diversa.

La stessa ricorrente, del resto, ammette comunque di aver invocato la scrittura privata a fondamento della sua pretesa di restituzione dei soldi, e dunque di avere dedotto in giudizio una “vicenda sostanziale” diversa dall’arricchimento diversa è la situazione giuridica che sta alla base del riconoscimento di debito rispetto a quella che sta alla base di un ingiustificato arricchimento. E tale diversità deriva, se non altro, dalla sussidiarietà dell’una azione rispetto all’altra.

Con la conseguenza che correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto erronea la pronuncia del giudice di primo grado su una domanda tardivamente proposta.

2.3.- Con il terzo motivo si prospetta violazione dell’articolo 1362 del codice civile.

La questione attiene alla presenza, nella scrittura privata invocata dalla stessa ricorrente, di una condizione sospensiva. Il giudice di secondo grado ha accolto il motivo d’appello con il quale il (omissis) ha censurato la decisione di primo grado che ha ritenuto tardiva l’eccezione da lui fatta circa l’inefficacia di quella scrittura privata, in quanto subordinata ad una condizione che non si era mai avverata nella scrittura, infatti, era previsto che la somma sarebbe stata restituita alla (omissis) solo in caso di vendita dell’immobile, vendita che non era avvenuta.

Secondo la ricorrente il giudice non ha tenuto in alcuna considerazione il fatto che la condizione non si è avverata per il comportamento in malafede della controparte, ossia del (omissis), che anzi aveva fatto in modo che quella condizione non si avverasse. Con la conseguenza che, se la Corte di merito avesse tenuto conto di tale condotta contemporanea e successiva del (omissis), avrebbe dovuto ritenere la condizione come avverata.

Il motivo è inammissibile. A tacere di ogni altra ragione, questa questione sembra essere posta qui per la prima volta, in quanto non si dimostra che è stata prospettata in appello proprio in questi termini. Ciò senza tacere del fatto che essa si risolve in una censura alla ricostruzione dei fatti, ed in particolare del comportamento delle parti in pendenza di condizione, e dunque postula un accertamento che non può essere fatto in questa sede.

Il ricorso va pertanto rigettato. L’esito alterno dei giudizi fino a qui succedutisi giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.Così deciso in Roma il 10 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria l’1 luglio 2024.

Allegati

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