Il Tribunale di Lecce, istruita la causa, con sentenza non definitiva, rigettava tutte le domande di cui ai nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 dell’atto di citazione e rimetteva la causa in istruttoria per la domanda volta ad ottenere la metà del valore locativo dell’abitazione acquistata in (omissis).
In particolare, il Tribunale motivava il rigetto, della domanda del (omissis) di indennizzo per la correlativa diminuzione patrimoniale ai sensi dell’art. 2041 cod. civ, affermando che il (omissis) avrebbe dovuto esperire l’azione dell’art. 2033 cod. civ., di indebito oggettivo, e non quella prevista dall’art. 2041 cod. civ.
A seguito dell’appello del (omissis) la Corte di appello di Lecce, nel ricostituito contraddittorio con (omissis), con sentenza n. 12020 del 4/11/2019, ha confermato la sentenza non definitiva del Tribunale della stessa sede.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione (omissis) con atto affidato a un unico motivo.
Risponde con controricorso (omissis).
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.
Il ricorso è stato trattato all’adunanza camerale del 10/06/2024, alla quale è stato trattenuto per la decisione.
Il motivo è fondato.
La Corte d’Appello di Lecce ha escluso la proponibilità da parte di (omissis) dell’azione generale di arricchimento senza causa, di cui all’art. 2041 cod. civ. sulla base dell’assunto che lo stesso avrebbe potuto esperire l’azione di indebito oggettivo ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., poiché l’azione di arricchimento senza causa secondo la motivazione della Corte territoriale, “non è legittimamente esperibile qualora il danneggiato abbia la facoltà di esercitare un’altra azione tipica nei confronti dell’arricchito onde evitare il pregiudizio economico paventato”.
Il Collegio ritiene l’affermazione della Corte territoriale errata in quanto la residualità dell’azione di arricchimento senza causa deve essere valutata alla stregua della più recente giurisprudenza di questa Corte in argomento Sez U n. 33954 del 05/12/2023 (Rv. 669447 – 01) secondo la quale “la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione – sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale – si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico”.
Nella specie la Corte territoriale ha escluso la residualità dell’azione di cui all’art. 2041 cod. civ., così non ritenendola proponibile, ritenendo che era esperibile, da parte del (omissis), un’azione tipica, di indebito oggettivo, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., senza accertare che l’azione di indebito fosse stata ritenuta infondata per le dette ragioni individuate da ultimo dalle Sezioni Unite (per intervenuta decadenza o prescrizione, per carenza di prova o, infine, per nullità radicale del titolo per contrarietà a norme imperative o all’ordine pubblico).
Sul punto, e con riferimento alla fattispecie concreta in esame occorre osservare che non risulta, dalla sentenza impugnata, che sia rimasta priva di prova la circostanza dell’avvenuto esborso di denaro, proveniente dagli stipendi e dal trattamento di fine rapporto, da parte del (omissis) per provvedere al rimborso del mutuo contratto per l’acquisito, in capo alla (omissis), della villa di (omissis).
Ritiene, quindi, il Collegio che, non potendo il (omissis) esperire l’azione di indebito oggettivo, di cui all’art. 2033 cod. civ., in quanto comunque il pagamento delle rate di mutuo era dovuto alla banca mutuante e dunque ricorrendo un’ipotesi di esclusione originaria dell’esperibilità di un’azione tipica, l’unica azione esperibile dall’odierno ricorrente per recuperare in parte quanto sborsato mediante il pagamento delle dette rate, è l’azione di cui all’art. 2041 cod. civ.
A tanto consegue la fondatezza del ricorso, in accoglimento dell’unico motivo proposto.
La sentenza impugnata è, pertanto, errata in diritto e deve essere cassata.
La causa, in quanto sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, in ordine all’ammontare dell’eventuale indennizzo e in ogni caso preclusi in questa sede di legittimità, deve essere rinviata alla Corte di appello di Lecce, che in diversa composizione, si atterrà a quanto in questa sede statuito e alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2024.
