DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1183 del 2009, proposto da:
(omissis), nella qualità di genitore esercente la patria potestà su (omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso la prima in Roma, via (omissis);
contro
Ministero della pubblica istruzione, Liceo statale Ginnasio L.A. Muratori di Modena, Ufficio scolastico regionale per l’Emilia Romagna, Ufficio scolastico provinciale di Modena, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA – SEZIONE I, n. 04652/2008, resa tra le parti, concernente MANCATA AMMISSIONE CLASSE SUPERIORE PRIMA LICEO A.S. 2007/2008, con risarcimento dei danni.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della pubblica istruzione, del Liceo statale Ginnasio L.A. Muratori di Modena, dell’Ufficio scolastico regionale per L’Emilia Romagna e dell’Ufficio scolastico provinciale di Modena;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2010 il Consigliere (omissis) e uditi per le parti l’Avv. (omissis) e l’ Avv. dello Stato (omissis);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna, Bologna, sez. I, n. 4652/08 del 10.12.2008 veniva respinto il ricorso proposto dal signor (omissis), nella qualità di genitore esercente la patria potestà nei confronti della minore (omissis), avverso il giudizio di non ammissione di quest’ultima alla classe superiore (primo liceo classico) per l’anno scolastico 2007/2008, nonché avverso i relativi atti presupposti. Nella citata sentenza si rilevava come – pur non sussistendo le ipotesi tipiche di non ammissione, indicate dal Collegio dei docenti con delibera del 6.3.2008 – fossero state nel caso di specie adeguatamente motivate le diverse determinazioni del Consiglio di Classe, come pure previsto dalla citata delibera, sulla base di un giudizio prognostico sfavorevole, circa la possibilità che l’allieva potesse raggiungere i necessari obiettivi formativi entro il termine dell’anno scolastico.
Nessun rilievo, inoltre, si sarebbe potuto muovere alla scuola per avere attivato i previsti corsi di recupero, di cui peraltro l’interessata aveva comunicato di volersi avvalere, né sarebbero stati forniti supporti probatori in ordine ad una asserita disparità di trattamento, comunque di ben difficile riscontro per i fattori di estrema delicatezza coinvolti, circa le possibilità di recupero di ciascuno studente. Avverso la predetta sentenza veniva proposto l’atto di appello in esame, notificato il 4.2.2009, nel quale si prospettavano le argomentazioni difensive di seguito sintetizzate:
I) violazione o falsa applicazione del decreto ministeriale n. 80 del 3.10.2007; eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità manifesta, risultando assegnate all’alunna di cui trattasi solo due insufficienze gravi ed una lieve in matematica, mentre su quattro debiti, alla fine del primo quadrimestre, solo uno sarebbe stato superato, comunque con conseguimento della sufficienza, quanto meno nelle prove orali, per le altre materie;
II) illegittimità per eccesso di potere sotto il profilo del falso presupposto di fatto; contraddittorietà, illogicità e ingiustizia manifesta, in quanto erroneamente sarebbe stata segnalata a verbale una “preparazione pregressa poco solida, per i debiti formativi contratti nel precedente anno scolastico e saldati a fatica”, tenuto conto dei voti riportati (cinque allo scritto e sei all’orale in matematica, tre allo scritto e sei all’orale in greco). Il dichiarato superamento del debito, in ogni caso, avrebbe dovuto avere “carattere tombale”, mentre la rilevazione di un profitto “lontano dalla sufficienza in molte materie”, alla fine del primo quadrimestre, non avrebbe trovato riscontro nella realtà, risultando dai registri solo due insufficienze gravi; insussistente, infine, la segnalata insufficienza in italiano scritto;
III) eccesso di potere per difetto di presupposto, contraddittorietà, illogicità ed erronea applicazione dei criteri generali per lo svolgimento degli scrutini, di cui alla delibera del Collegio dei docenti del 6.3.2006 e dell’O.m. n. 92 del 5.11.2007, non essendo stata applicata la prevista sensibilità, per prevenire anche situazioni di abbandono scolastico, con particolare riguardo all’assegnazione di una finale insufficienza, anche in presenza di voti non totalmente negativi (cinque allo scritto e sei all’orale) in alcune materie e con segnalato peggioramento dopo un mese di lezioni integrative di recupero;
IV) disparità di trattamento, in quanto diversi allievi sarebbero stati ammessi alla classe successiva pur avendo ricevuto tre debiti formativi, come la ricorrente, che avrebbe invece subito arrotondamenti dei propri voti per difetto e sarebbe stata giudicata non idonea per il passaggio alla classe superiore con due soli voti gravemente insufficienti.
La stessa scuola, del resto, avrebbe ammesso di essersi discostata dai criteri generali: tale scostamento, benché in astratto ammesso, non avrebbe tuttavia potuto sconfinare nella arbitrarietà.
La negativa valutazione globale dell’alunna di cui trattasi sarebbe, infine, emersa solo dopo una richiesta di accesso agli atti da parte della madre della medesima, con negativa reazione al riguardo da parte della preside dell’Istituto.
L’Amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, resisteva all’accoglimento del gravame, producendo una dettagliata relazione informativa dell’Istituto scolastico interessato.
Preso atto delle opposte argomentazioni delle parti, il Collegio ritiene che l’appello non possa trovare accoglimento.
Come sottolineato dalla parte resistente, in primo luogo, la valutazione dei debiti formativi – rilevati nel corso degli studi secondari – aveva subito modifiche per l’anno scolastico 2007/2008, rispetto all’anno precedente, modifiche consistenti nel minor tempo accordato per il recupero dei debiti stessi: dall’intero anno scolastico successivo a quello in cui erano state riportate le insufficienze al 31 agosto del medesimo anno, senza ammissione alla classe successiva in caso di carenze non superate (cfr. D.M. n. 80/2007 e O.M. n. 92/2007).
Il Collegio dei docenti, pertanto, era chiamato a valutare se la situazione degli studenti, che al termine del secondo quadrimestre presentavano insufficienze in alcune materie, poteva considerarsi recuperabile in tempi molto più brevi di quelli ammessi in precedenza, con inevitabile adozione di parametri di giudizio più rigorosi. Nella situazione in esame, un’allieva del V anno di ginnasio – dopo avere recuperato due precedenti debiti formativi nel corso dell’anno scolastico (entro il mese di dicembre 2007) – riportava nuove insufficienze nella valutazione degli scritti del I quadrimestre in latino (4), greco (4), matematica (5) e inglese (5), Nelle prove di verifica intermedie, precedenti gli scrutini finali, veniva raggiunta la sufficienza in inglese, ma risultava peggiorata la situazione nelle altre materie, ovvero in latino (3), greco (3) e matematica (3); in sede di scrutinio finale – nonostante un relativo miglioramento in latino (4) e matematica (5) – il Consiglio di classe decideva di non ammettere l’allieva in questione al I liceo, con motivazione in cui si evidenziavano “forti difficoltà sia nell’approccio delle discipline di indirizzo (area umanistico-letteraria) sia nello studio della matematica”: quanto sopra, “per una preparazione pregressa poco solida per i debiti formativi contratti nel precedente anno scolastico e saldati a fatica”; veniva sottolineato, inoltre, come le carenze riscontrate non fossero state superate nel II quadrimestre, nonostante gli interventi di recupero attivati dalla scuola, a causa di un metodo di studio “superficiale e poco sistematico”, che avrebbe reso faticosa la memorizzazione, nonché l’approccio alla traduzione ed alla risoluzione dei problemi, con conseguente ritenuta irrecuperabilità di una preparazione sufficiente entro i mesi estivi ed inidoneità della medesima allieva ad affrontare il successivo primo anno del liceo classico.
Oggetto del presente giudizio è dunque il corretto esercizio, o meno, nel caso in esame della c.d. discrezionalità tecnica, ovvero dell’apprezzamento effettuato dall’Amministrazione sulla base di discipline tecnico-scientifiche, per quanto qui interessa riconducibili allo svolgimento dell’attività didattica, implicante valutazione delle conoscenze acquisite dagli allievi e giudizio finale sull’idoneità dei medesimi ad accedere al livello superiore del corso di studi seguito.
In ordine a tale apprezzamento – insindacabile nel merito – la cognizione del giudice Amministrativo ha subito nel corso degli anni una significativa evoluzione, a partire dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 601 del 9.4.1999, con successivo indirizzo giurisprudenziale, che ha evidenziato come spetti a detto giudice – anche in base al principio, di rilievo comunitario, della effettività della tutela – una piena cognizione del fatto, secondo i parametri della disciplina in concreto applicabile.
Nell’ambito del giudizio di legittimità non può infatti non essere valutata, anche attraverso idonea consulenza tecnica, l’eventuale erroneità dell’apprezzamento dell’Amministrazione, ove tale erroneità sia in concreto valutabile (cfr. in tal senso Cons. St., sez. VI, 4.12.2009, n. 694); ai fini anzidetti, appare censurabile ogni valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura (cfr. in termini: CdS, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).
L’indirizzo sopra sintetizzato si è tradotto nelle formule, di norma utilizzate dalla giurisprudenza, secondo le quali l’esercizio della discrezionalità tecnica deve rispondere ai dati concreti, deve essere logico e non arbitrario. L’orientamento giurisprudenziale indicato mira a garantire, con l’effettività della tutela giurisdizionale, l’esclusione di ambiti franchi da tale tutela, al fine di assicurare un giudizio coerente con i principi, di cui agli articoli 24, 111 e 113 Cost , nonché 6, par.1, CEDU. ‘E quindi necessario che la pretesa fatta valere in giudizio trovi, “se fondata, la sua concreta soddisfazione” (Corte costituzionale, sent. n. 63 in data 1 aprile 1982), che il giudice abbia una giurisdizione piena (abbia, cioè, il potere di valutare sia le questioni di fatto che di diritto (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, Albert et Le Compte c. Belgio, par. 29, 10 febbraio 1983), che il controllo giurisdizionale su un atto amministrativo non sia limitato alla compatibilità di esso con l’oggetto e lo scopo della norma attributiva del potere (Corte europea dei diritti dell’uomo, Obermeier c. Austria, par 70, 28 giugno 1990).
Appare superato in altre parole, nel giudizio in questione, il principio della sindacabilità degli atti discrezionali sul piano del controllo solo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito, dovendo invece tale giudizio estendersi all’attendibilità delle operazioni tecniche effettuate, con possibile eccesso di potere giurisdizionale solo quando l’indagine del giudice di legittimità si sia estesa alla opportunità o alla convenienza dell’atto, con oggettiva sostituzione della volontà dell’organo giudicante a quella dell’Amministrazione competente in materia, quando la valutazione dell’Amministrazione sia nell’ambito della attendibilità (Cass. 5.8.1994, n. 7261).
In base ai principi generali sopra sintetizzati (con particolare riguardo a quello – da ultimo indicato – della separazione dei poteri e della intangibilità dell’apprezzamento, espresso nel merito dall’Autorità competente) appare di assoluta evidenza la delicatezza del sindacato giurisdizionale in materia di valutazioni scolastiche, indirizzate non a selezionare i più meritevoli in base a parametri preordinati, come nelle prove concorsuali, ma a garantire un’efficace formazione dei giovani, secondo le finalità proprie dell’istruzione pubblica. Dette finalità possono configurare la non ammissione alla classe superiore non come soccombenza rispetto ad altri soggetti, né come giudizio in assoluto negativo, ma come riconoscimento della necessità che alcuni singoli scrutinati rafforzino le proprie cognizioni di base, per affrontare senza sofferenza e maggiori possibilità l’ulteriore corso degli studi. Correlativamente l’interesse degli allievi e dei genitori, esercenti la patria potestà, deve identificarsi non nel perseguimento in ogni caso della cosiddetta promozione, ma nel corretto esercizio della potestà pubblica, finalizzata alla migliore possibile formazione culturale degli studenti.
Tale potestà risulta esercitabile con margini di discrezionalità tecnica particolarmente ampi, rimessi sia alla sensibilità che all’esperienza del personale docente: margini che, per quanto risulta dagli atti, non appaiono superati né esercitati in modo incongruo nel caso di specie.
In presenza infatti di un quadro di insufficienze ampio benché non gravissimo, ma soprattutto non migliorato in modo decisivo nel corso dell’anno scolastico (anche per l’affaticamento connesso al recupero di debiti formativi antecedenti), il Consiglio di classe riteneva opportuno garantire all’allieva in questione una fase più lunga di rafforzamento delle proprie cognizioni e del proprio metodo di studio, anziché procedere ad una ulteriore, ravvicinata fase di verifica: quanto sopra, non senza che fossero stati tempestivamente avviati i previsti corsi di recupero e intrattenuti i richiesti contatti con la famiglia della minore interessata.
I motivi di gravame, indirizzati avverso le ragioni del provvedimento contestato, appaiono in tale contesto non fondati, o riferiti ad inammissibile diverso apprezzamento di merito, in ordine alle ragioni sopra sintetizzate.
Con argomentazioni difensive, infatti, si segnalano in sostanza – oltre ad ipotesi di sviamento di potere – un eccesso di severità nei confronti della studentessa di cui trattasi, contraddittorietà fra l’effettuazione di corsi di recupero ed il peggior rendimento successivamente riscontrato, non riferibilità del giudizio negativo ai debiti formativi in precedenza recuperati, nonchè diversità di trattamento rispetto ad altri studenti, ammessi alla verifica successiva con tre debiti formativi. Nella delibera del Collegio dei docenti in data 6.3.2008, in effetti, le ipotesi tassative di non ammissione alla classe superiore risultavano diverse da quelle nel caso di specie riscontrate (tre insufficienze non gravi con debiti non saldati; tre insufficienze con voti da 1 a 4; più di tre insufficienze); la stessa delibera faceva tuttavia salve diverse determinazioni del Consiglio di classe, purchè adeguatamente motivate. Le motivazioni fornite nel caso di specie appaiono coerenti e non arbitrarie, anche là dove sottolineano l’affaticamento connesso al recupero di debiti formativi pregressi, oltre alle insufficienze riportate in relazione ai programmi dell’anno in corso; quanto sopra, in presenza di un metodo di studio ritenuto inadeguato, nonchè di serie lacune nelle cognizioni di base. Il pur avvenuto recupero dei debiti formativi non può d’altra parte avere – come affermato dall’appellante – “carattere tombale”, là dove venga preso in considerazione per valutare le prestazioni scolastiche complessive e le prospettive di pieno recupero di uno studente, che non sia incorso in una fase di temporaneo calo del proprio rendimento, ma abbia coperto con disagio vuoti formativi preesistenti, incorrendo in maggiori difficoltà per seguire i nuovi programmi del corso di studi prescelto.
La stessa appellante non rappresenta del resto circostanze, riconducibili a vero e proprio travisamento dei fatti, ovvero ad erronea assegnazione dei voti, attestanti una preparazione insufficiente (fatta salva una segnalata insufficienza in italiano, anziché in inglese scritto, nelle verifiche intermedie, per evidente errore materiale ininfluente sullo scrutinio finale, come risulta dagli atti). Si configurano come inammissibili contestazioni del merito valutativo, invece, altre considerazioni difensive, come quelle riferite alla necessità di un diverso apprezzamento del quadro delle insufficienze riportate (in alcuni casi non gravi, o compensate da migliori prestazioni nelle prove orali), o l’incongruità del peggioramento, rilevato dopo un mese di lezioni integrative di recupero, o ancora la “scarsa sensibilità” degli insegnanti, che attraverso criteri meno restrittivi avrebbero dovuto arginare anche situazioni di abbandono scolastico. Come già in precedenza accennato, viceversa, nello scrutinio finale non poteva non essere operato un delicato apprezzamento caso per caso, tale da non far coincidere sempre la promozione con l’interesse reale di allievi, che nel recuperare deficit formativi precedenti avessero dimostrato affaticamento, nonchè maggiori difficoltà nel seguire i programmi del corso superiore, con perduranti lacune nelle strutture cognitive di base, evidenziate dalle prove scritte; quanto sopra, soprattutto ove i medesimi allievi offrissero comunque, per impegno e ambiente familiare, sufficienti garanzie di non abbandonare gli studi e di poterli, anzi, completare in seguito più agevolmente e con maggior profitto. Le stesse considerazioni sopra svolte – circa il carattere ampiamente discrezionale del giudizio, da formulare per ogni singolo caso – inducono a respingere anche le argomentazioni difensive riferite a disparità di trattamento, anche a prescindere dalla genericità delle stesse, essendo le valutazioni scolastiche connesse ad un apprezzamento globale della personalità e delle capacità di recupero degli studenti, tale da rendere estremamente ardua (e certo non evidenziata nel caso di specie) la configurabilità di situazioni identiche.
Inammissibile poiché del tutto generica, infine, risulta la censura di sviamento, riferita a presunta negativa reazione dei docenti ad una richiesta di accesso agli atti e a successivi incontri con la madre dell’alunna di cui trattasi, incontri nel corso dei quali sarebbero emerse divergenze di vedute. Situazioni del genere sopra indicato, infatti, sono frequenti in ambito scolastico e – oltre a non corrispondere all’interesse dei minori ad una serena collaborazione tra famiglie e insegnanti – non autorizzano a ritenere che questi ultimi, comunque investiti della potestà valutativa del profitto degli studenti, si avvalgano di tale potestà per improbabili intenti “vendicativi” nei confronti dei genitori degli stessi, in assoluto (e nel caso di specie indimostrato) contrasto con la deontologia professionale del corpo docente. Nel medesimo atto di appello, peraltro, si segnala la situazione di altro studente della classe, promosso senza debiti a giugno, nonostante un precedente contrasto verbale dei genitori con un insegnante.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, l’estrema delicatezza della materia trattata ne rende equa, ad avviso del Collegio stesso, la compensazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe, lo respinge.
Compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2010 con l’intervento dei Signori:
(omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2010