SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15917 del 2023, proposto da
(omissis) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
(omissis) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Federterme – Federazione Italiana delle Industrie Termali e delle Acque Minerali Curative, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. (omissis) in Roma, piazza (omissis);
per l’annullamento
del provvedimento dell’Autorità adottato nella sua adunanza del 26 settembre 2023 e notificato alla ricorrente in data 27 settembre 2023, con cui l’AGCM ha archiviato la segnalazione, effettuata in data 31 gennaio 2023 da (omissis), così come integrata in data 28 luglio 2023 da Federterme, avente ad oggetto la richiesta di intervento dell’Autorità ai sensi del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni e clausole vessatorie”, adottato dall’Autorità con delibera del 1° aprile 2015 in relazione alla pratica commerciale scorretta e/o della pubblicità ingannevole o illecita posta in essere da (omissis), consistente nell’uso illegittimo dei termini “Terme” (e derivati) e “Spa (salus per aquam)” con riferimento a strutture prive di acqua termale e ciò sia nella loro denominazione sia nella promozione della relativa attività sul sito web di (omissis);
nonché di ogni ulteriore provvedimento e atto presupposto, connesso, consequenziale e, comunque, afferente al provvedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e di (omissis) s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2024 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe (omissis) ha impugnato il provvedimento del 26 settembre 2023 con cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha archiviato la segnalazione, effettuata in data 31 gennaio 2023 da Terme di Sirmione, così come integrata in data 28 luglio 2023 da Federterme, avente ad oggetto la richiesta d’intervento dell’Autorità in relazione alla pratica commerciale posta in essere da (omissis), consistente nell’uso illegittimo dei termini “Terme” (e derivati) e “Spa (salus per aquam)” con riferimento a strutture prive di acqua termale.
La ricorrente ha esposto che, secondo l’art. 2 della legge n. 323 del 24 ottobre 2000, di “Riordino del settore termale”, i termini “terme”, “termale”, “acqua termale”, “fango termale”, “idrotermale”, “idrominerale”, “thermae”, “spa (salus per aquam)” dovevano essere utilizzati esclusivamente con riferimento alle fattispecie aventi riconosciuta efficacia terapeutica ai sensi del comma 1, lettera b), della stessa legge; pertanto l’attività di erogazione delle cure termali, effettuate con l’uso esclusivo di acque termali o loro derivati, era di esclusiva pertinenza degli stabilimenti termali.
La ricorrente, attiva nel settore termale in forza della concessione esclusiva dell’acqua termale estratta dalla fonte “La Bojola”, in data 31 gennaio 2023 aveva indirizzato all’Agcm una segnalazione, contestando l’uso illegittimo, confusorio ed ingannevole da parte di (omissis) dei termini “terme”, dei suoi derivati e del termine “Spa (salus per aquam)” con riferimento a strutture prive di acqua termale; l’abuso avrebbe riguardato sia la denominazione di tali strutture che le comunicazioni commerciali diffuse sul sito web www.qcterme.com, di proprietà di (omissis); in particolare, nell’intestazione di tutte le pagine del sito web compariva il marchio “(omissis) Spas and Resorts”, anche laddove venivano presentati meri “centri benessere”, e il sito creava confusione nei consumatori in relazione alla distinzione tra “centri termali” e semplici “centri benessere”, privi di acqua termale.
In data 22 febbraio 2023, (omissis) aveva replicato alla segnalazione, rilevando che “la configurazione del sito web del Gruppo (omissis)” era “già stata oggetto del procedimento (omissis) da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, terminato con un provvedimento di archiviazione assunto dall’Autorità nella sua adunanza del 12 gennaio 2021, avendo (omissis) dato seguito all’invito dell’Autorità stessa di rimuovere i profili di possibile scorrettezza della pratica commerciale oggetto di indagine”.
(omissis) aveva quindi presentato all’Agcm istanza di accesso agli atti del procedimento (omissis), avviato dall’Agcm nei confronti di (omissis) Roma s.r.l., società controllata da (omissis) e che gestisce il centro benessere denominato “(omissis)”; in data 4 novembre 2019, l’Autorità aveva quindi invitato (omissis) Roma s.r.l. a rimuovere i profili di possibile scorrettezza della condotta commerciale, eliminando la dicitura “terme” sia dagli opuscoli pubblicitari sia dal sito web e a “chiarire, nella propria comunicazione commerciale, che la struttura (omissis) – Roma di Fiumicino è un centro benessere e non termale”; (omissis) Roma s.r.l. aveva risposto ribadendo la legittimità della propria condotta; in data 15 gennaio 2021, l’Autorità, a seguito di alcuni contatti telefonici e via posta elettronica con (omissis), ad esito dei quali quest’ultima si era impegnata a migliorare le informazioni sul proprio sito web in merito alla distinzione tra “centri termali” e “centri benessere”, aveva archiviato il caso.
Dopo aver visionato gli atti di tale procedimento, (omissis) aveva ribadito che la condotta scorretta e ingannevole di (omissis) “consisteva in primis nel chiamare “terme” ciò che non lo è”; inoltre, con riferimento specifico ai “centri benessere” “(omissis)” e “(omissis) San Pellegrino”, la ricorrente aveva evidenziato come la denominazione “(omissis)” associata al nome di zone notorie per la presenza di acque termali (il territorio del “Garda” e il comune di “San Pellegrino Terme”) comportava l’ingannevolezza del messaggio a danno dei consumatori.
Il 28 luglio 2023 Federterme, l’associazione nazionale rappresentativa delle aziende termali italiane, che ha compiti di tutela del settore, era intervenuta nel procedimento a sostegno della segnalazione di Terme di Sirmione, associandosi alla relativa richiesta d’intervento.
All’esito dell’adunanza del 26 settembre 2023 l’Autorità aveva adottato il provvedimento con cui aveva archiviato la segnalazione di Terme di Sirmione, così come integrata da Federterme, ritenendo insussistenti elementi sufficienti per un approfondimento istruttorio, rilevando che la struttura (omissis) era pubblicizzata, nel sito della società (omissis) s.r.l., nella sezione dedicata ai “centri benessere”, che risultava distinta da quella dedicata ai “centri termali”, che non vi era menzione della presenza di acque o cure termali nella struttura medesima e che anche le altre strutture prive di acque termali facenti capo alla società segnalata erano collocate nella sezione “centri benessere”; tuttavia, nel sito web di (omissis) (così come in tutte le relative comunicazioni pubblicitarie e/o promozionali) persistevano tutte le condotte segnalate, in quanto venivano identificate con i termini “spa” e “terme” le strutture di (omissis) che non offrivano trattamenti con acque termali.
Peraltro, l’Agcm era già intervenuta in altri tre casi in cui si era concluso che l’illegittimo uso del termine terme (e derivati) costituisse una pratica commerciale scorretta e/o ingannevole, ovvero il caso (omissis), già menzionato, relativo alla società (omissis) Roma s.r.l., il caso (omissis) relativo alla società Hotel (omissis) s.r.l. e il caso (omissis) relativo alla società Hotel (omissis) s.r.l., tutti definiti mediante moral suasion, in applicazione dell’art. 4, comma 5, del Regolamento secondo cui “Ad eccezione dei casi di particolare gravità, qualora sussistano fondati motivi tali da ritenere che il messaggio o la pratica commerciale costituisca una pubblicità ingannevole, una pubblicità comparativa illecita o una pratica commerciale scorretta, il responsabile del procedimento, dopo averne informato il Collegio, può invitare il professionista, per iscritto, a rimuovere i profili di possibile ingannevolezza o illiceità di una pubblicità ovvero di possibile scorrettezza di una pratica commerciale (moral suasion)”.
A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:
1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, lett. c), del Regolamento, difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e carenza di motivazione. Violazione e falsa applicazione degli articoli 2 – 3 della legge n. 323 del 24 ottobre 2000.
Dalle risultanze dell’accesso agli atti richiesto dalla ricorrente era emerso che l’Autorità non aveva svolto alcuna attività pre-istruttoria, limitandosi ad assumere la decisione di archiviazione sulla base della mera presa d’atto della segnalazione del 31 gennaio 2023, della replica di (omissis) del 22 febbraio 2023, della successiva controreplica della ricorrente del 6 giugno 2023 e dell’integrazione alla segnalazione di Federterme del 28 luglio 2023.
La denominazione “terme”, tuttora utilizzata, doveva ritenersi di per sé è elemento sufficiente a ingenerare confusione nel consumatore, che avrebbe potuto convincersi che si trattasse di un centro termale e non di un centro benessere con mere prestazioni estetiche o di svago.
2. eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria – carenza, travisamento dei fatti – contraddittorietà ed erroneità della motivazione. Violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità. Violazione dell’articolo 97 Cost.
La segnalazione del 31 gennaio 2023 così come la replica del 6 giugno 2023 non erano limitate alla contestazione della scorrettezza delle informazioni riferite alla sola struttura (omissis), ma avevano riguardato tutti i siti gestiti dalla società (omissis) che non utilizzano acque termali, mentre la motivazione dell’Agcm era, erroneamente, concentrata solo su tale struttura.
Si sono costituite l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e (omissis) s.r.l. resistendo al ricorso; Federterme ha spiegato intervento ad adiuvandum, del quale la controinteressata ha eccepito l’inammissibilità.
All’udienza pubblica del 18 dicembre 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’intervento spiegato da Federterme, atteso che quest’ultima non ha sollevato alcuna autonoma censura ma si è limitata ad aderire alla posizione della ricorrente.
Nel merito il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
Nella segnalazione inviata all’Agcm, la ricorrente ha lamentato l’uso illegittimo e ingannevole, da parte di (omissis) (società che opera sia nel settore termale, sia in quello del mero relax), dei termini “Terme”, dei suoi derivati e del termine “Spa (salus per aquam)” con riferimento a strutture prive di acqua termale; l’abuso veniva individuato sia nella denominazione di tali strutture che nelle comunicazioni commerciali diffuse sul sito web di proprietà di (omissis), laddove compariva il marchio “(omissis) Spas and Resorts”.
In data 28 luglio 2023 è intervenuta nel procedimento anche Federterme, evidenziando che “l’uso generalizzato del termine terme nella denominazione sociale di tutte le strutture (omissis) contrasta con le esaminate disposizioni normative. Nonostante la denominazione, infatti, numerose strutture non risultano essere stabilimenti termali: (omissis)Roma, (omissis)Milano, (omissis)Garda, (omissis)Torino, (omissis)MonteBianco, (omissis)Chamonix”.
L’Autorità, acquisite le segnalazioni e le difese di (omissis), ha adottato il provvedimento di archiviazione, rilevando che “non sussistono al riguardo elementi sufficienti per un approfondimento istruttorio ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. c), del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni e clausole vessatorie”, adottato dall’Autorità con delibera del 1° aprile 2015. In particolare, si è riscontrato che la struttura (omissis) è pubblicizzata, nel sito della società (omissis) s.r.l., nella sezione dedicata ai “centri benessere” che risulta distinta da quella dedicata ai “centri termali”, che non vi è menzione della presenza di acque o cure termali nella struttura medesima e che anche le altre strutture prive di acque termali facenti capo alla società segnalata sono collocate nella sezione “centri benessere””.
La ricorrente ha lamentato, sul punto, che l’Autorità non abbia effettuato la dovuta istruttoria né adeguatamente considerato che la denominazione “terme”, tuttora utilizzata, era di per sé sufficiente a ingenerare confusione nel consumatore, che avrebbe potuto convincersi che si trattasse di un centro termale e non di un centro benessere con mere prestazioni estetiche o di svago.
La censura è fondata.
Deve osservarsi, al riguardo, che il sindacato sul provvedimento con cui Agcm archivia una determinata denuncia o comunque rifiuta di intervenire segue le regole generali del processo di legittimità, ossia si concretizza in un controllo sulla ragionevolezza, la logicità e la coerenza della motivazione e sull’adeguatezza e proporzionalità dell’attività istruttoria svolta, dovendosi evitare nel contempo attività manifestamente insufficienti ed all’opposto non dovendosi dare corso ad ulteriori attività meramente defatigatorie in presenza di approfondimenti adeguati ((Tar Lazio, Sez. I, 15 marzo 2022, n. 2940; Cons. Stato, 26 gennaio 2022, n. 538 Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2022, n. 538).
L’avvio di un procedimento istruttorio rientra, infatti, nei poteri discrezionali dell’Autorità, che deve valutare se gli elementi prodotti configurino la sussistenza di condotte che possono avere un rilievo nell’ambito del sistema della concorrenza.
Nell’esercizio di tale discrezionalità l’Autorità garante non è tenuta ad approfondire ogni punto della segnalazione di illecito, essendo sufficiente che esamini complessivamente i temi posti alla sua attenzione, cogliendone le linee essenziali; l’Autorità, infatti, si muove in un ambito diverso da quello dell’indagine penale, retta dal principio costituzionale della obbligatorietà dell’azione, per cui ad ogni segnalazione non deve necessariamente conseguire l’avvio di una approfondita attività istruttoria, ma un vaglio preliminare – condotto anche in modo sintetico – da cui scaturirà l’archiviazione o l’avvio di un’indagine più complessa (Tar Lazio, sez. I, 17 giugno 2014, n. 9193).
Nella specie, tuttavia, l’Agcm non risulta avere adeguatamente approfondito una delle circostanze oggetto della segnalazione.
Nel provvedimento di archiviazione, infatti, l’Autorità ha evidenziato che la struttura (omissis) è pubblicizzata, nel sito della società (omissis) s.r.l., nella sezione dedicata ai “centri benessere”, distinta da quella dedicata ai “centri termali”, e che non vi è menzione della presenza di acque o cure termali nella struttura medesima, così come con riferimento alle altre strutture prive di acque termali facenti capo alla società segnalata.
Tuttavia, non è stato menzionato, nel provvedimento impugnato, il fatto che tali strutture utilizzino il termine “terme” già nella denominazione (“(omissis)”, così come “(omissis)”, “(omissis)” ecc.), mentre risulta evidente che l’inserire, nella sigla che individua tali strutture, la parola “terme”, risulta già di per sé idoneo a ingenerare nel consumatore il convincimento che il centro in questione sia di natura termale e utilizzi acque termali in senso proprio.
In merito, l’art. 2 (“Definizioni”) della l. n. 323/2000, “Riordino del settore termale”, così dispone:
“1. Ai fini della presente legge si intendono per:
a) acque termali: le acque minerali naturali, di cui al regio decreto 28 settembre 1919, n. 1924 e successive modificazioni, utilizzate a fini terapeutici;
b) cure termali: le cure, che utilizzano acque termali o loro derivati, aventi riconosciuta efficacia terapeutica per la tutela globale della salute nelle fasi della prevenzione, della terapia e della riabilitazione delle patologie indicate dal decreto di cui all’art. 4, comma 1, erogate negli stabilimenti termali definiti ai sensi della lettera d); […]
d) stabilimenti termali: gli stabilimenti individuati ai sensi dell’art. 3, ancorché annessi ad alberghi, istituti termali o case di cura in possesso delle autorizzazioni richieste dalla legislazione vigente per l’esercizio delle attività diverse da quelle disciplinate dalla presente legge;
e) aziende termali: le aziende, definite ai sensi dell’art. 2555 del codice civile, o i rispettivi rami, costituiti da uno o più stabilimenti termali; […]
2. I termini “terme”, “termale” “acqua termale”, “fango termale”, “idrotermale”, “idrominerale”, “thermae”, “spa (salus per aquam)” sono utilizzati esclusivamente con riferimento alle fattispecie aventi riconosciuta efficacia terapeutica ai sensi del comma 1, lettera b)”.
L’art. 3 (“Stabilimenti termali”) della medesima legge stabilisce, poi, che:
“1. Le cure termali sono erogate negli stabilimenti delle aziende termali che:
a) risultano in regola con l’atto di concessione mineraria o di subconcessione o con altro titolo giuridicamente valido per lo sfruttamento delle acque minerali utilizzate;
b) utilizzano, per finalità terapeutiche, acque minerali e termali, nonché fanghi, sia naturali sia artificialmente preparati, muffe e simili, vapori e nebulizzazioni, stufe naturali e artificiali, qualora le proprietà terapeutiche delle stesse acque siano state riconosciute ai sensi del combinato disposto degli articoli 6, lettera t), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e 119, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
c) sono in possesso dell’autorizzazione regionale, rilasciata ai sensi dell’articolo 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
d) rispondono ai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi definiti ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni”.
Secondo le disposizioni in materia, quindi, l’utilizzo del termine terme può avvenire esclusivamente con riguardo a situazioni in cui sia possibile effettuare, previo rilascio dei menzionati provvedimenti amministrativi, cure con utilizzo delle “acque termali aventi riconosciuta efficacia terapeutica per la tutela globale della salute”.
Le disposizioni di legge sopra citate sono chiare nel precisare che i termini “terme”, “termale” “acqua termale”, “fango termale”, “idrotermale”, “idrominerale”, “thermae”, “spa (salus per aquam)” devono essere utilizzati esclusivamente con riferimento alle fattispecie aventi riconosciuta efficacia terapeutica ai sensi del comma 1, lettera b), sicché avrebbe dovuto essere analizzata la portata potenzialmente decettiva di tali espressioni non solo in relazione alle informazioni fornite ai consumatori sul sito internet della controinteressata, ma anche con riferimento alla denominazione stessa utilizzata ai fini dell’esercizio di tali attività per le strutture che non usufruiscono di acque o fonti termali.
Del resto, la stessa difesa erariale ha rilevato che gli impianti di (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), sono classificati e presentati come “centri benessere”, senza riportare alcun riferimento alla presenza di acque termali; mentre gli impianti di (omissis) Bagni Vecchi, (omissis) Bagni Nuovi, (omissis) Près Saint Didier, (omissis) San Pellegrino, (omissis) Dolomiti sono classificati e presentati come “centri termali”, con specifici riferimenti alle sorgenti termali da cui provengono le acque utilizzate nell’impianto; tuttavia, appare evidente come l’espediente di congiungere la parola “terme” alla denominazione del luogo sia volto esclusivamente ad aggirare le disposizioni normative sopra citate, consentendo comunque di ricollegare, nell’immagine che si intende richiamare, le terme alla struttura di volta in volta menzionata.
L’omissione di tale considerazione concerne quindi un aspetto essenziale della pratica scorretta segnalata, con conseguente sussistenza di un deficit istruttorio e motivazionale al riguardo.
Il ricorso va quindi accolto, con annullamento del provvedimento impugnato.
La peculiarità della questione controversa giustifica, comunque, la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato;
compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
