Il T.A.R., al fine di respingere le censure attoree, ha in primo luogo rilevato che “contrariamente a quanto teorizzato dal ricorrente, il Collegio rileva che l’art. 103 comma 20 del D.L. n. 34/2020, come convertito, prevede il fine di contrastare efficacemente i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri in condizioni inadeguate a garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie, sia il fine di prevenire la diffusione del contagio da “Covid-19” dettato dalla contingenza propria del marzo 2020, sia il fine di garantire – in generale – la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative“.
Ha inoltre evidenziato il T.A.R. che, “con riguardo alla contestata omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, va detto che la mancanza di un documento ritenuto imprescindibile dal legislatore ai fini del rilascio dell’invocato permesso di soggiorno rende vincolato il diniego di rilascio del permesso di soggiorno e, dunque, irrilevante il mancato coinvolgimento dello straniero nel procedimento conclusosi con l’impugnato diniego, trovando pacifica applicazione l’art. 21 octies, l. n. 241 del 1990 considerato che il procedimento non avrebbe potuto avere esito diverso“.
La sentenza costituisce oggetto dell’appello proposto dall’originario ricorrente, il quale ripropone le censure formulate in primo grado contestando i motivi posti dal T.A.R. a fondamento della relativa reiezione.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata.
Tanto premesso, l’appello è meritevole di accoglimento, come recentemente ritenuto dalla Sezione con la sentenza n. -OMISSIS-del 18 settembre 2023, relativa a fattispecie sovrapponibile, nei relativi termini fattuali e giuridico-interpretativi, a quella oggetto dell’odierna controversia.
Con la pronuncia citata la Sezione, in particolare, ha attribuito rilievo assorbente al vizio partecipativo dedotto (come nella fattispecie in esame) con il secondo motivo di appello: premesso che “in caso di provvedimento discrezionale – e solo in questo – l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto comporta la caducazione dell’atto viziato (Cons. St., sez. III, 18 agosto 2022, n. 7267)“, ha osservato che “è da escludere anche che nel caso di specie si sia al cospetto di un provvedimento vincolato perché la falsità della dichiarazione alloggiativa è solo presunta dalla Prefettura, sulla base di una generica comunicazione del Comune di -OMISSIS-il quale afferma che “il certificato di idoneità alloggiativa non risulta agli atti”, e la partecipazione procedimentale, anche con l’applicazione dell’art. 10-bis, avrebbe consentito all’interessato di spiegare e illustrare, anche con nuova documentazione, l’effettiva sua situazione alloggiativa, con conseguente possibilità di conclusione diversa del procedimento di diniego“.
Al citato orientamento della Sezione, va aggiunto, si è adeguata anche la giurisprudenza di primo grado.
In particolare, con la sentenza del 12 dicembre 2023 n. 2941, il T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, ha statuito che “l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della legge 241/1990 assume particolare rilievo, posto che, in siffatto modo, il ricorrente non è stato messo in condizione di apportare il proprio determinante contributo al procedimento che lo riguardava direttamente e ciò anche e soprattutto tenuto conto che l’istante, lamentando giustappunto di non aver ricevuto il preavviso di rigetto, ha rappresentato che, ove messo in condizioni di contraddire con la P.A., avrebbero potuto apportare nuovi e determinanti elementi, capaci di modificare l’assunto della Prefettura, con particolare riferimento alla non necessità del certificato di idoneità alloggiativa ai fini del perfezionamento della procedura in oggetto, orientando verosimilmente in senso diverso, ed a sé favorevole, la determinazione finale della Pubblica Amministrazione“.
L’appello in conclusione deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, accolto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annullato il provvedimento con esso impugnato.
Sussistono infine giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 04 APR. 2024.
