SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 132 del 2020, proposto da
(omissis), (omissis), (omissis), rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
contro
Ministero della salute, non costituito in giudizio;
per l’esecuzione del giudicato
formatosi sulla sentenza n. (omissis) emessa dal Tribunale di Bari, terza sezione, depositata il (omissis), con cui
“1) accoglie parzialmente la domanda attorea e, per l’effetto, condanna il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., al pagamento in favore della Sig.ra (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis) della somma complessiva già rivalutata di € 187.111,21, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza al saldo, da suddividere nei limiti delle rispettive quote ereditarie, a titolo di risarcimento iure hereditatis del danno non patrimoniale subito in vita da (omissis);
2) Condanna il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., al pagamento in favore di (omissis), (omissis) e (omissis) della somma complessiva già rivalutata di euro 165.960,00 per ciascuno, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza al saldo, a titolo di risarcimento iure proprio del danno non patrimoniale”;
per la condanna al pagamento della penalità di mora, ex art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’art. 114 del codice del processo amministrativo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2021 il consigliere (omissis). L’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 e dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;
Si dà atto della presenza a verbale dell’avv. (omissis), a seguito del deposito di note d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Ministero della salute è stato condannato con la sentenza civile di cui i ricorrenti chiedono l’esecuzione al pagamento in favore degli stessi, insieme con la loro madre, signora (omissis), al pagamento delle somme in epigrafe specificate, sia a titolo di risarcimento iure hereditatis del danno non patrimoniale subito in vita dal loro padre, signor (omissis), sia a titolo di risarcimento iure proprio del danno non patrimoniale subito dagli interessati.
Oltre gli interessi su tali somme, i ricorrenti chiedono la fissazione di un’ulteriore somma a carico dell’Amministrazione, ai sensi dell’articolo 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo, essendosi registrato un significativo ritardo nell’esecuzione del giudicato.
Tale sentenza infatti è stata notificata con formula esecutiva al Ministero della salute ed è decorso infruttuosamente altresì l’ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, ma, nella specie, non risulta l’adempimento al giudicato.
Segnalano inoltre gli istanti che, nelle more, è morta anche la madre, signora D, di cui sono eredi.
Con ordinanza 28 dicembre 2020, la sezione disponeva l’acquisizione della dichiarazione di successione o analoga documentazione idonea relativa a tali trasferimenti mortis causa, “Considerato, da un lato, che le somme di cui al numero 1 del dispositivo della sentenza da ottemperare spettano ai ricorrenti iure hereditatis e che quelle di cui al numero 2 devono essere assegnate, oggi, a seguito della morte della madre, anch’esse in parte per successione e che, dall’altro, nulla è stato dedotto o provato in ordine a tali successioni, neppure se siano avvenute ab intestato”.
2.- Riscontrati gli atti ed i documenti allegati al ricorso, ricorrono tutti i requisiti, anche di rito, per l’accoglimento del ricorso; va dunque ordinato al Ministero della salute di dare esecuzione alla sentenza indicata in epigrafe e, quindi, di pagare le somme ivi liquidate in favore dei ricorrenti, che, nella loro qualità in atti, hanno diritto alle relative quote di pari importo, oltre agli interessi legali, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.
3.- La domanda volta alla fissazione della penalità di mora (cd. astreinte), quale ulteriore somma, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo, da porsi a carico dell’Amministrazione, nel caso di eventuale ulteriore ritardo rispetto alla statuizione di cui sopra nell’esecuzione del giudicato in questione, va pure accolta, stante peraltro il persistente notevole ritardo già maturato nell’assolvimento dell’obbligazione.
La giurisprudenza (Cons. Stato, Ad. plen., sentenza 25 giugno 2014 n. 15) ha chiarito che la penalità di mora di che trattasi assume una valenza sanzionatoria, quale tecnica compulsoria (indiretta), che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria (diretta), che permea il giudizio di ottemperanza, sì da svolgere finanche una funzione deterrente e general-preventiva, volta a condurre l’Amministrazione ad eseguire la sentenza del giudice, senza ulteriori indugi.
In concreto, il Ministero della sanità rappresenta un’Amministrazione significativamente inadempiente in quanto risulta quella più frequentemente evocata in giudizio dinanzi a questo Tribunale con i ricorsi in ottemperanza della suddetta specie. In effetti, tale inadempimento persiste in modo sistematico, pur essendo il diritto degli istanti già definitivamente riconosciuto dal giudice civile (con relativa condanna esecutiva) e non essendo quindi facilmente rintracciabili ragioni di opposizione nel merito.
In questa situazione, in cui l’esito delle azioni proposte appare sostanzialmente prevedibile, lo stesso instaurarsi del contenzioso produce ulteriori aggravi di costo certi, costituiti dalle spese spettanti ai difensori, e, in generale, un non ottimale impiego delle risorse della Giustizia amministrativa.
In ogni caso, neppure possono addursi difficoltà di tipo contabile, poiché l’Amministrazione, obbligata in base ad una normativa ormai interpretata e applicata da tempo secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali, sarebbe comunque in condizione di disporre il pagamento, da regolare in conto sospeso, ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, anche in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo.
Di conseguenza, deve ritenersi che, nella fattispecie, la Sezione possa fissare la somma di denaro dovuta dal resistente Ministero per il ritardo nell’esecuzione del giudicato, dovendosi escludere, per i motivi sovraesposti, l’iniquità della penalità o la presenza di altre ragioni ostative.
A norma dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, come integrato dall’articolo 1, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo, dunque, il Collegio determina, quale penalità di mora (c.d. astreinte), la somma di € 100 (cento) per ogni giorno di ritardo, decorrente dalla scadenza del termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione. Tale statuizione costituisce titolo esecutivo.
Al proposito, non è superfluo aggiungere che tale quantificazione non può che discostarsi dall’indicazione contenuta nell’ultima parte del novellato articolo 114, quarto comma, lettera e) (“detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”), poiché un tasso annuale basso come quello attuale non può evidentemente svolgere alcuna “funzione coercitivo-sanzionatoria”, finendo tale criterio di liquidazione per frustrare la stessa finalità della norma.
4.- Stante la sopraddetta inottemperanza, peraltro reiterata in fattispecie simili, va disposta la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti in Roma, per le valutazioni di competenza.
5.- Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della salute, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta, il Direttore generale della Direzione generale della vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure (Uff. 4 – Indennizzi ex L. 210/1992) del Ministero della Salute, con facoltà di delega, il quale, senza maturare alcun diritto al compenso, dovrà provvedere all’integrale esecuzione della menzionata sentenza in luogo e vece dell’Amministrazione inadempiente entro l’ulteriore termine di 60 giorni, decorrente dalla comunicazione a cura di parte dell’inutile decorso di quello assegnato dalla presente decisione al Ministero debitore.
6.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, da distrarsi in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi antistatari. Il contributo unificato va rifuso, in applicazione dell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e con le modalità di cui in motivazione.
Condanna il Ministero della salute, in persona del Ministro p.t., al pagamento delle spese del presente giudizio di ottemperanza, liquidate in complessivi € 400,00, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi antistatari. C.U. rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Manda alla Segreteria della sezione la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti in Roma.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)