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Cassazione civile sez. I, 06/02/2025, n. 2941

Massima

Nelle cause di separazione, l’interesse dei minori prevale, ma l’assegno di mantenimento deve riflettere una valutazione proporzionale e comparata delle condizioni economiche dei genitori. La mera stabilità reddituale di un genitore non giustifica automaticamente un contributo maggiore, se non supportata da un’analisi delle reali capacità economiche di entrambi e delle esigenze dei figli.

Supporto alla lettura

MANTENIMENTO FIGLI

Entrambi i genitori, anche se non sono uniti in matrimonio, hanno l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli in proporzione alle loro sostanze.
L’obbligo di mantenimento sussiste anche nei confronti del figlio maggiorenne se ancora non è autosufficiente economicamente.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA
Ritenuto che

Con sentenza n. 1090/2023 pubblicata il 29.06.2023 il Tribunale di Modena pronunciava la separazione personale tra i coniugi (omissis) e (omissis) recependo le condizioni di cui all’ordinanza presidenziale del 10.10.2020 (assegnazione della casa familiare alla madre con collocazione dei minori e regolamentazione delle visite paterne; fissazione di un assegno per i minori a carico del padre di Euro 200,00 mensili ciascuno oltre il 60% delle spese straordinarie) e compensava per intero le spese di giudizio

Avverso tale pronuncia (omissis) proponeva appello chiedendo la parziale riforma in punto addebito e collocazione dei minori.

Con sentenza nr. 224/2024 la Corte di appello di Bologna accoglieva la domanda di addebito confermando nel resto l’impugnata sentenza.

Osservava, per gli aspetti che qui rilevano, che la collocazione prevalente presso la casa familiare, assegnata alla madre, rispondesse al miglior interesse della prole in considerazione della loro età rispetto a quella alternata per tempi paritari che avrebbe comportato una gestione complessiva difficile, in considerazione dell’età dei figli (di anni 12 e 9) che necessitano per il loro sereno equilibrio della sicurezza di una routine consolidata oltre che di spazi e punti di riferimento.

Il Giudice del gravame riteneva equo anche l’assegno di mantenimento già disposto a carico del padre c rispetto ai redditi delle parti e alle esigenze dei figli, sia per il contributo ordinario sia per il contributo straordinario, leggermente maggiore per il padre in considerazione della sua maggiore stabilità lavorativa e reddituale

Avverso tale pronuncia (omissis) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria cui non ha resistito (omissis).

RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato cheCon il primo motivo si denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, n. 5, n.3 la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, i c, n. 4, c.p.c., dell’art. 111 cost. (motivazione meramente apparente ed incomprensibile), omesso esame circa i fatti decisivi del giudizio che sono stati oggetto di discussione, violazione e falsa applicazione degli artt. 155, 316, 337 ter, quater, quinquies c.c.

Si censura l’iter motivazionale seguito dalla Corte nella parte in cui ha confermato l’assegnazione della casa familiare alla madre ed i tempi di visita già disciplinati dalla sentenza di primo grado.

Si rileva che il giudice di merito avrebbe omesso di esplicitare il percorso che ha condotto ad escludere la collocazione alternata dei minori con tempi paritetici presso entrambi i genitori e che pertanto la motivazione addotta sarebbe al di sotto di quel minimo costituzionale.

Si denuncia inoltre la violazione degli artt. 155, 316, 337 ter, quater, quinquies, c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto corrispondente al preminente interesse dei minori il regime del collocamento prevalente presso la madre senza considerare alcune circostanze dedotte in causa(la madre aveva chiesto il riconoscimento di un diritto di visita del padre nei confronti dei figli estremamente ampio almeno 13 pernottamenti al mese, con concessione allo stesso della facoltà di “accompagnare i figli agli sport anche nei giorni di competenza della madre per poi riportarli a casa alla stessa;” la gestione delle attività dei figli è sempre stata ed è interamente a carico di (omissis) in quanto la madre non guida l’autovettura), così eludendo la necessaria giustificazione rigorosa e puntuale dei provvedimenti adottati.

Con un secondo motivo si denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, n. 5, n.3 la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, i c, n. 4, c.p.c., dell’art. 111 cost. (motivazione meramente apparente ed incomprensibile), omesso esame circa i fatti decisivi del giudizio che sono stati oggetto di discussione, violazione e falsa applicazione dell’art. 337 ter c.c. per avere la Corte di appello confermato l’assegno di mantenimento già disposto a carico del padre (Euro 400 mensili) ed il contributo straordinario (nella percentuale del 60% a carico di (omissis)) senza valutare la reale capacità economica dell’odierno ricorrente all’attualità e senza aver operato un corretto bilanciamento con le capacità economiche e reddituali della madre con una motivazione al di sotto di quel minimo costituzionale.

Si rileva in questa prospettiva l’assenza di richiami ad elementi fattuali idonei a giustificare le ragioni della quantificazione adottata, avendo il giudice di merito omesso di esplicitare il percorso che ha condotto a determinare il quantum dell’assegno nella misura di Euro 400,00 mensili ed a determinare nella percentuale del 60% il concorso di (omissis) alle spese non comprese nel contributo ordinario.

Si lamenta che la Corte non avrebbe indicato quali siano le effettive disponibilità della madre comparate con quelle del padre (limitandosi ad un generico richiamo), ed avrebbe omesso ogni accertamento e verifica delle disponibilità reddituali dei genitori (nonostante le specifiche contestazioni di (omissis), il giudice di merito ha omesso l’adeguata verifica delle disponibilità economiche della (omissis)), non avrebbe poi valutato le attuali esigenze dei figli (di anni 12 e 9) né il tenore di vita da loro goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

Si rileva che In sede di appello il (omissis) aveva evidenziato che, in merito al mantenimento dei figli, l’ordinanza presidenziale del Tribunale di Modena del 10/10/2020 (All. B), integralmente richiamata nella sentenza di primo grado aveva messo in luce come i coniugi, con riguardo ai figli, si ripartissero “dei tempi di permanenza e dei compiti domestici e di cura pressoché paritari”. Pur sempre detta ordinanza aveva posto a carico di (omissis) l’obbligo di versare mensilmente la somma di Euro 200,00 a titolo di contributo ordinario di ciascun figlio (quindi complessivi Euro 400,00), oltre al 60% delle spese extra assegno,

Si sostiene che la Corte, nel determinare la misura dell’assegno, non avrebbe tenuto nel debito conto della cessazione della sospensione della rata del mutuo posta a suo carico e dell’aumento del canone locativo che l’appellante deve sostenere nonché delle competenze e capacità professionali della (omissis) quale insegnante di lingue estere (con avanzata conoscenza di russo, svedese, inglese ed italiano), includendo tra le principali attività “lezioni individuali di lingua inglese” (v. attestato di laurea con traduzione, doc. 1 e suo curriculum vitae, doc. 2); -le buste paga per la collaborazione della (omissis) con (omissis) Srl attestanti compensi medi mensili di oltre Euro 2.000,00 lordi, i contratti, i dettagli contributivi (prodotti sub docc. 24, 25, 26) nonché un esempio di accredito del 2018 per il pagamento di lezioni private (doc. 27); i frequenti viaggi in Svezia della (omissis) (ove ella si è laureata ed ove vive il fratello, v. fotografie, doc.13); – la circostanza che (omissis) aveva affermato di aver sempre provveduto al pagamento del 50% della rata del mutuo.

Di contro si osserva che il (omissis) svolge l’attività di docente di ruolo per l’insegnamento della materia musicale nella scuola secondaria di I grado ricevendo un trattamento economico lordo annuo di Euro 23.671,00 ed uno stipendio netto mensile ammonta a circa Euro 1.600,00, inclusi gli assegni familiari.

Si lamenta nella sostanza la sentenza impugnata non è stata conforme a diritto, avendo la Corte di appello di Bologna quantificato il contributo paterno al mantenimento dei figli senza tenere conto dei parametri normativamente previsti e con malgoverno del principio di proporzionalità, sia con riferimento al mantenimento ordinario che alla ripartizione delle spese straordinarie tra i genitori.

Il primo motivo è infondato nella parte in cui deduce la nullità della sentenza per assenza di motivazione.

La Corte di merito ha spiegato in modo chiaro e compiuto le ragioni del proprio convincimento in ordine alle ragioni che hanno indotto a disporre una collocazione prevalente presso la madre di entrambi i figli, con un percorso argomentativo certamente superiore alla soglia del “minimo costituzionale”, consentendo così il controllo sull’esattezza e sulla logicità della motivazione, sicché non ricorre il vizio motivazionale denunciato.

Si legge infatti che l’alternanza abitativa renderebbe difficoltosa la gestione tenuto conto dell’età dei minori che necessitano per il loro sereno equilibrio della sicurezza di una routine consolidata oltre che di spazi e punti di riferimento.

La Corte di appello, pur mantenendo l’affidamento condiviso dei figli della coppia, ha ritenuto che il loro collocamento prevalente dovesse essere effettuato presso una unica abitazione, sia pure garantendo al genitore non collocatario con ampi diritti di incontro.

In materia di affidamento dei figli minori, il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. L’individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio, che potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che è in grado di offrire al minore.

La questione dell’affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità (Cass n. 28244 del 04/11/2019).

Il regime legale dell’affidamento condiviso, tutto orientato alla tutela dell’interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio, tuttavia nell’interesse di quest’ultimo il giudice può individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (Sez. 1, n. 19323 del 17/09/2020).

A tali principi si è puntualmente attenuta la Corte di appello che ha ampiamente motivato sulle ragioni, essenzialmente ispirate all’interesse dei minori, che l’hanno indotta a privilegiare il collocamento prevalente dei due ragazzi presso la madre l’età dei due ragazzi e la necessità di assicurare ad essi una continuità abitativa per mantenere il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita familiare e contribuire quindi in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità psico-fisica della prole.

Il ricorrente, sotto l’apparente schermo della deduzione di violazioni di legge e dei principi generali in tema di affidamento condiviso, finisce invece con l’esprimere una critica di merito alle ragioni, come si è detto, ispirate all’interesse superiore dei minori, che la Corte territoriale ha esposto a sostegno della decisione assunta, che – giova sottolinearlo – assicura al padre, oggi ricorrente, ampi contatti con i due giovani.

L’assegnazione della casa familiare viene criticata solo consequenzialmente alla decisione sul prevalente collocamento dei figli minori.

Il secondo motivo è fondato sotto il profilo della violazione di legge.

Com’è noto, ai fini della determinazione della misura del contributo al mantenimento, sia esso destinato ai figli minori di età o ai figli maggiorenni ma non ancora dipendenti economicamente, deve guardarsi al disposto dell’art. 337 ter, comma 4, c.c. che, introdotto dall’art. 55 D.Lgs. n. 154 del 2013, riproduce quanto già stabilito all’art. 155, comma 4, c.c. a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1 L. n. 54 del 2006 (cosi Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 2020 del 28/01/2021 e Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 19299 del 16/09/2020).

La norma, in particolare, prevede che “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.”

Si deve, a questo proposito, considerare che l’obbligo di mantenimento dei figli ha due dimensioni.

Da una parte vi è il rapporto tra genitori e figlio e da un’altra vi è il rapporto tra genitori obbligati.

L’art 337 ter c.c., nel disciplinare la misura del contributo al mantenimento del figlio, nel corso dei giudizi disciplinati dall’art. 337 bis c.c., pone subito, come parametri da tenere in considerazione, le attuali esigenze dei figli e il tenore di vita goduto da questi ultimi durante la convivenza con entrambi i genitori (art. 337 ter, comma 4, nn. 1) e 2), c.c.).

Per i genitori sposati, il dovere di contribuire al mantenimento del figlio è regolato dall’art. 143, comma 3, c.c. che sancisce il dovere di entrambi i coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alle capacità di lavoro professionale e casalingo.

Lo stesso criterio di proporzionalità deve essere seguito dal giudice, quando, finita la comunione di vita tra i genitori (siano essi sposati oppure no) è chiamato a determinare la misura del contributo al mantenimento da porre a carico di uno di essi, dovendo considerare le risorse economiche di ciascuno (art. 337 ter, comma 4, n. 4), c.c.), valutando anche i tempi di permanenza del figlio presso l’uno o l’altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno (art. 337 ter, comma 4, nn. 3) e 5), c.c.), quali modalità di adempimento in via diretta dell’obbligo di mantenimento che, pertanto, incidono sulla necessità e sull’entità del contributo al mantenimento in termini monetari.

È evidente che gli elementi di giudizio appena elencati costituiscono aspetti in cui il principio di proporzionalità si declina, ove le esigenze del figlio e il tenore tenuto durante la convivenza dei genitori indirizzano il contributo che ciascuno dei genitori è chiamato a dare, oltre che la misura dell’assegno periodico da porre eventualmente a carico di uno di essi.

In tale quadro si colloca la più recente giurisprudenza di legittimità, condivisa da questo Collegio, la quale ha più volte evidenziato che, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio, anche se maggiorenne e non autosufficiente, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che, nei rapporti interni richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4145 del 10/02/2023; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 19299 del 16/09/2020).

Ciò premesso la Corte di appello nella specie ha ritenuto di conformare la misura dell’assegno disposto dal Tribunale considerandolo congruo rispetto ai redditi delle parti e alle esigenze dei figli, sia per il contributo ordinario sia per il contributo straordinario, leggermente maggiore per il padre in considerazione della sua maggiore stabilità lavorativa e reddituale.

Non vi è alcun riferimento alle condizioni reddituali e patrimoniali del padre dei ragazzi considerate all’attualità né alcuna considerazione circa i tempi paritari e né alcuna considerazione sulle reali capacità economiche della madre a fronte delle specifiche contestazioni svolte dall’odierno ricorrente accompagnate da una produzione documentale, né alcuna considerazione degli oneri di spese locativa di cui è gravato il padre.

Non risulta ponderato alcun elemento concreto per verificare il rispetto del principio di proporzionalità, regolato dall’art. 337 ter, comma 4, c.c., sia nella determinazione del contributo periodico al mantenimento dei figli sia nella partecipazione solo in termini percentuali alle spese straordinarie ad essi relative.

In conclusione, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso nei termini appena indicati dichiarato infondato il primo.

Effettivamente non c’è alcuna comparazione tra le condizioni economico patrimoniali delle parti da cui poter comprendere come è stato applicato il criterio di proporzionalità, tenuto anche conto dell’ampia partecipazione non contestata del ricorrente alla vita quotidiana e all’accudimento dei figli.

La decisione impugnata va pertanto cassata in relazione al secondo motivo ad altra sezione della Corte di appello di Bologna che deciderà anche sulle spese di questa fase.

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, in relazione al motivo accolto anche per le spese di legittimità. Dispone che, in caso di diffusione, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nell’ordinanza, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003Così deciso in Roma il 3 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2025.

Allegati

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