2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge processuale prevista a pena di nullità: il giudizio di appello è stato celebrato nelle forme del procedimento emergenziale “cartolare”, previsto dall’art. 23-bis decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020 n. 176; il giorno precedente l’udienza il difensore ne chiese il rinvio per documentato impedimento di salute, ma la Corte non accordò il rinvio sul presupposto che la richiesta di trattazione orale non era stata presentata (quantomeno nei termini previsti). Così facendo, avrebbe privato l’imputato del diritto di farsi assistere dal difensore.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento al giudizio di responsabilità.
Non sarebbe stato dimostrato l’elemento materiale del reato, fondato solo su una ricevuta di spedizione delle scritture dallo studio che le teneva, compatibile con la tesi dell’imputato di non averle ricevute.
Il dolo specifico, richiesto dalla norma incriminatrice, sarebbe stato desunto dalla mera mancanza delle scritture, senza alcuna prova.
È stato depositato un motivo nuovo, a sostegno della deduzione di omessa motivazione sull’elemento psicologico del reato.
3. Il Procuratore generale ha concluso per iscritto chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente all’elemento soggettivo della bancarotta documentale, con declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto.
Il Difensore ha chiesto l’accoglimento del ricorso e del motivo nuovo.
Nel termine perentorio di quindici giorni precedente l’udienza destinata alla celebrazione dell’appello (termine previsto dall’art. 23-bis, comma 4, decreto-legge n. 137/2020 cit.), non è stata formulata richiesta di trattazione orale: “nel momento in cui la parte non ha presentato richiesta di trattazione orale, infatti, viene meno il suo diritto di partecipare all’udienza camerale ed il contraddittorio si attua solo mediante il deposito delle rispettive richieste e conclusioni delle parti” (Sez. 6, n. 18483 del 29/03/2022, Della Mina, Rv. 283262, in motivazione).
Corretta è dunque la decisione della Corte di appello di non assegnare rilievo all’impedimento del difensore.
2. È invece fondato il secondo motivo.
2.1. La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, primo comma, n. 2 legge fall, prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili; quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita.
Anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta, sotto il profilo dell’elemento materiale, nell’alveo di tipicità dell’art. 216, primo comma n. 2 legge fall, (prima ipotesi), atteso che la norma incriminatrice, punendo la tenuta della contabilità in modo tale da rendere relativamente impossibile la ricostruzione dello stato patrimoniale e del volume d’affari, a fortiori ha inteso punire anche l’imprenditore che non ha istituito la suddetta contabilità, anche solo per una parte della vita dell’impresa.
Le condotte riferibili alla prima ipotesi (sottrazione e distruzione, cui va equiparata l’omissione, nel senso appena precisato) integrano gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo laddove sorrette da dolo specifico; solo, cioè, qualora si accerti che scopo di esse sia quello di recare pregiudizio ai creditori. Ed è proprio tale finalità a distinguere la bancarotta fraudolenta da quella semplice documentale, prevista dall’art. 217 legge fall, e punita anche a titolo di colpa, con riferimento all’omissione della tenuta delle scritture (Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Morace, Rv. 279179; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, Di Cosimo, Rv. 262915; Sez. 5, n. 25432 del 11/04/2012, De Mitri, Rv. 252992).
Con riferimento alla linea di discrimine tra bancarotta fraudolenta documentale a dolo generico e corrispondente ipotesi a dolo specifico, la giurisprudenza ha precisato (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677): “La norma incriminatrice di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare, come da tempo affermato da questa Corte, tende, tra l’altro, anche a tutelare l’agevole svolgimento delle operazioni della curatela; sicché, nel caso in cui le scritture siano state tenute in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, la disposizione circoscrive nel perimetro della rilevanza penale ogni manipolazione documentale che impedisca o intralci una facile ricostruzione del patrimonio del fallito o del movimento dei suoi affari. Da tempo è stato chiarito come tale ultimo addebito si riferisca ad una condotta a forma libera che, in realtà, comprende ogni ipotesi di falsità, sia materiale che ideologica, posto che proprio l’agevole svolgimento delle operazioni della curatela non può che essere ostacolata non solo da falsità materiali dei documenti, ma anche – e soprattutto – da quelle ideologiche, che forniscono un’infedele rappresentazione del dato contabile (Sez. 5, n. 3115 del 17/12/2010, dep. 28/01/2011, Clementoni, Rv. 249267; Sez. 5, n. 3951 del 18/02/1992, De Simone, Rv. 189812). In linea con tale linea interpretativa, va ulteriormente chiarito che la parziale omissione del dovere annotativo, che riguardi uno o più libri contabili, integra la fattispecie di bancarotta documentale a dolo generico; ciò in quanto la singola, omessa annotazione, o anche l’annotazione parziale, presuppongono, in ogni caso, l’esistenza della scrittura contabile di riferimento, elemento imprescindibile per la configurazione della bancarotta a dolo generico; inoltre, tali condotte di falsificazione ideologica, che rendono lacunosa e/o incompleta la rappresentazione contenuta nella scrittura, concretano, in sostanza, altrettante falsificazioni per omissione, valutabili ai fini di una impossibilità o difficoltà nella ricostruzione delle vicende contabili e patrimoniali dell’impresa (Sez. 5, n. 3114 del 17/12/2010, dep. 28/01/2011, Zaccaria, Rv. 249266) sotto l’aspetto fenomenico deve osservarsi che, in realtà, sia la tenuta confusa, incompleta, falsificata della contabilità, che l’omessa tenuta della stessa – totale o parziale che sia -, ovvero le condotte di sottrazione, distruzione, occultamento e falsificazione, determinano tutte, indistintamente, una impossibilità ricostruttiva dell’andamento dell’azienda e delle scelte imprenditoriali, nella misura in cui queste ultime rilevano sul piano penale. Tuttavia, nei soli casi di sottrazione, distruzione, occultamento è richiesto un elemento ulteriore, ossia il pregiudizio per i creditori (o l’ingiusto profitto che l’agente intende raggiungere, per sé o per terzi), che costituisce il fuoco dell’elemento soggettivo, integrando il dolo specifico richiesto dalla norma;
le condotte di bancarotta documentale fraudolenta a dolo generico, invece, sono connotate esclusivamente da una peculiare modalità della condotta che, pur non costituendo l’evento del reato, individuano l’atteggiamento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice”.
2.2. Ciò ricordato, la contestazione mossa al ricorrente è stata espressamente ed esclusivamente quella di bancarotta fraudolenta documentale specifica, come chiaramente si evince dal capo di imputazione, che addebitava al (omissis) di aver occultato o distrutto tutti i libri e le scritture contabili, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
La Corte di appello ha ritenuto provato che le scritture contabili della società siano state trasmesse all’imputato dallo studio professionale che le teneva e non siano state da questi consegnate al curatore (pag. 6 della sentenza impugnata).
Ciò premesso, la motivazione sull’elemento soggettivo è insoddisfacente giacché sembra far riferimento ad un’impossibilità per il curatore di accertare il movimento degli affari (elemento che attiene alla bancarotta documentale generica), laddove richiama l’impedimento per il curatore di accertare l’incasso di alcuni crediti e la destinazione del fondo cassa, senza però precisare i connotati tipici del dolo specifico della fattispecie ritenuta provata, dolo che è stato ritenuto “evidente” (pag. 7) sulla base di una motivazione che il Procuratore generale ha giustamente definito assertiva: “il giudice del gravame, con motivazione assertiva, si limita ad affermarne la “evidenza” del dolo qualificato e a ritenerlo provato per il sol fatto che l’omessa consegna della contabilità ha “impedito al curatore di accertare l’avvenuto incasso di crediti della fallita nel trimestre successivo all’ultima situazione patrimoniale del 30.4.2017 precludendo altresì la verifica circa la destinazione del fondo cassa”. In sostanza, in assenza di contestazione di attività distrattive, si confonde l’effetto della mancata consegna della contabilità con il fine perseguito dall’agente”.
3. La sentenza va dunque annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, per un rinnovato giudizio sulla qualificazione giuridica della bancarotta documentale ascritta, nelle sue componenti oggettiva e soggettiva.
4. Acquista invece autorità di cosa giudicata il capo della decisione inerente il reato sub B, ancorché la decisione non sia immediatamente eseguibile essendo la pena suscettibile di modifiche nel giudizio di rinvio (Sez. U, n. 3423 del 29/10/2020, dep. 2021, Gialluisi, Rv. 280261).
Così deciso l’8 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 29 febbraio 2024.
