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Cassazione civile sez. VI, 22/09/2022, n. 27843

Massima

In tema di sovraindebitamento, l’onere di provare la propria meritevolezza grava sul debitore, il quale deve dimostrare di aver assunto obbligazioni con ragionevole prospettiva di adempimento e di non aver colposamente causato il proprio indebitamento. Inoltre, nel caso di “cram down” di un credito privilegiato, il creditore conserva il diritto di essere considerato creditore chirografario per la parte di credito non coperta dal valore del bene, con conseguente diritto di voto e di partecipazione al riparto.

Supporto alla lettura

CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

Il sovraindebitamento, tema introdotto con la L. 3/2012, è definito come lo stato di crisi o di insolvenza del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Possono presentare istanza per la gestione delle crisi da sovraindebitamento:

  • il consumatore;
  • il professionistaartista, altri lavoratori autonomi;
  • l’imprenditore minore;
  • l’imprenditore agricolo;
  • le start-up innovative.

Le procedure attivabili sono:

  • ristrutturazione dei debiti del consumatore
  • concordato minore
  • liquidazione controllata dei beni
  • esdebitazione del debitore incapiente
  • procedure familiari

Il vantaggio per chi si avvale di queste procedure è l’esdebitazione rispetto a tutti i crediti anteriori alla proposta di composizione della crisi da sovraindebitamento, si può ottenere pertanto la liberazione di tutti i debiti pregressi.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO
Rilevato che:

1. – Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. ricorre per sette mezzi, nei confronti di (omissis), nonché di Compass Banca S.p.a., contro l’ordinanza emessa in data 18 febbraio 2021 dal Tribunale di Ragusa a definizione del procedimento di reclamo avverso decreto di omologa del piano del consumatore predisposto nella procedura di sovraindebitamento introdotta dal (omissis).

2. – Il Tribunale ha osservato: “La ratio decidendi del primo giudice ruota intorno all’insostenibilità del debito a partire dal mese di aprile 2019, quando sono definitivamente cessate le funzioni dirigenziali del (omissis), con significativa diminuzione del suo reddito mensile, sceso da una media mensile, nel triennio precedente (2016-2018) di Euro 3.200-3.600 ad un livello di Euro 2.2002.500. Fino ad allora, cioè fino all’anno 2019 inoltrato, il primo giudice ha ritenuto, in conformità con le risultanze documentali, che il (omissis) potesse far fronte agli impegni finanziari presi, pure quelli assunti nel 2017: pure se il ricorrente ha confidato nel rinnovo delle sue qualifiche dirigenziali e del conseguente trattamento economico, detto affidamento non risulta colpevole ma legittimo e ciò in forza dei plurimi rinnovi degli incarichi dirigenziali effettuati dall’amministrazione statale in favore del ricorrente il quale ha goduto del relativo trattamento economico dal 2008 sino all’aprile del 2019 quasi senza soluzione di continuità (se non si tiene conto della breve parentesi del 2015). Del resto il (omissis) sin dal giudizio di prima fase ha dedotto che la crisi da sovraindebitamento è insorta dopo il luglio 2019, in concomitanza con la decurtazione dello stipendio, e che fino ad allora aveva sempre onorato i pagamenti delle rate. Il (omissis), in ultima analisi, aveva un peso debitorio mensile di circa Euro 1.800,00 (tra assegno di mantenimento e rate di mutui e prestiti), che ha potuto sopportare con un trattamento retributivo di circa il doppio, non più con uno stipendio di circa Euro 2.300,00; in ricorso il (omissis) ha inoltre specificato di avere sopportato il carico debitorio fino al novembre 2019, grazie ad emolumenti arretrati relativi alla retribuzione accessoria dirigenziale, poi venuti del tutto meno. A fronte di siffatte risultanze, parte reclamante insiste nella non avvedutezza del (omissis), che dopo i mutui contratti con essa nel 2014 e nel 2016 (in linea con il merito creditizio) ha continuato ad indebitarsi nel 2017 con due finanziamenti di circa Euro 30.000,00 ciascuno. Tuttavia non spiega parte reclamante perché nel 2017 il (omissis) non potesse sostenere i nuovi oneri, che comunque attengono a spese non voluttuarie, ma straordinarie, come quelle deliberate dal condominio per la ristrutturazione dell’immobile e quelle necessarie all’acquisto di una nuova autovettura in conseguenza di un incidente stradale (il (omissis) viaggiava per lavoro quotidianamente da (omissis)); è vero anche che sono emerse ulteriori esposizioni debitorie per circa Euro 25.000,00 a partire dal 2017, ma non è contestato che ciò è avvenuto perché il (omissis) ha interessato 4 istituti bancari per “ristrutturare” il proprio debito, per ottenere cioè un unico mutuo di surroga e liquidità con il quale consolidare i debiti contratti; nel tempo necessario all’istruttoria della richiesta del (omissis), durata alcuni mesi, le banche hanno concesso scoperture sul conto corrente, per un importo complessivo di circa Euro 20.000,00, per poi rifiutare l’operazione di consolidamento proposta dal (omissis). Il reclamante doveva aggredire, contestare e confutare siffatte emergenze istruttorie e dati di fatto posti a base della valutazione del primo giudice, ma non lo ha fatto, limitandosi a ribadire la prevedibilità della cessazione degli incarichi dirigenziali, nonostante il (omissis) abbia goduto del trattamento dirigenziale sin dal 2008, sia pure sempre con incarichi a tempo determinato rinnovati di volta in volta, pur dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2015 (in virtù di diversi provvedimenti di proroga legislativi). La falcidia dei creditori privilegiati e l’alternativa liquidatoria. Del tutto infondata, e priva di aggancio normativo, è la deduzione secondo la quale è pacifico che la parte falcidiata del credito privilegiato debba essere considerata al pari dei crediti in chirografo, con conseguente medesima percentuale di soddisfazione. La L. n. 3 del 2012, art. 7, prevede la possibilità che i creditori prelatizi “non siano soddisfatti integralmente”, purché ne sia salvaguardato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato, in caso di liquidazione dei beni, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione.

Nel caso di specie il primo giudice ha motivato dettagliatamente (pag. 4 e 5 del decreto di omologa) circa il valore reale da attribuire al bene sul quale insiste ipoteca iscritta da BMPS, valore stimato in circa Euro 134.000,00 (mentre il credito soddisfatto secondo il piano, falcidiato al 37%, ammonta ad Euro 127.293,11); stima fondata sui valori OMI e sui criteri adottati dall’Agenzia delle Entrate e con riguardo particolare al terrazzo di pertinenza esclusiva, alla sua superficie commerciale, alla collocazione geografica dell’immobile, non fronte mare; anche in questo caso, le censure sono del tutto apodittiche e prive di concretezza”. Inoltre il giudice di merito ha ritenuto che nulla spettasse alla odierna ricorrente in veste di creditrice chirografaria per la parte di credito degradata.

3. – (omissis) resiste con controricorso e deposita memoria con cui chiede rinviarsi alla pubblica udienza. Compass Banca S.p.a. non spiega difese.

considerato che:

4. – I motivi sono i seguenti.

1 motivo di impugnazione: violazione e falsa applicazione della L. 27 gennaio 2012, n. 3, artt. 7, 8, 9, 12 bis, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

2 motivo di impugnazione: violazione e falsa applicazione della L. 27 gennaio 2012, n. 3, artt. 7, 8, 9, 12 bis, nonché degli artt. 115, 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

3 motivo di impugnazione: nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

4 motivo di impugnazione: vizio della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per la soluzione del giudizio, oggetto di discussione tra le parti;

5 motivo di impugnazione: violazione e falsa applicazione della L. 27 gennaio 2012, n. 3, artt. 7, 8, 9, 12 bis, 14 ter, nonché degli artt. 2741 e 2808 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

6 motivo di impugnazione: nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

7 motivo di impugnazione (p. 26) violazione e falsa applicazione della L. 27 gennaio 2012, n. 3, artt. 7, 8, 9, 12 bis, art. 2741 c.c., art. 12 preleggi, L. n. 267 del 1942, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

ritenuto che:

5. Il ricorso va accolto.

5.1. – I primi tre motivi per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati, tutti attenendo alla verifica di meritevolezza della condotta del (omissis) e sono manifestamente fondati, il che esclude siano sussistenti ragioni di rinvio del ricorso in pubblica udienza.

Si è già visto che il Tribunale ha addossato alla banca di non aver spiegato “perché nel 2017 il (omissis) non potesse sostenere i nuovi oneri, che comunque attengono a spese non voluttuarie, ma straordinarie, come quelle deliberate dal condominio per la ristrutturazione dell’immobile e quelle necessarie all’acquisto di una nuova autovettura in conseguenza di un incidente stradale (il (omissis) viaggiava per lavoro quotidianamente da (omissis)). Il reclamante doveva aggredire, contestare e confutare siffatte emergenze istruttorie e dati di fatto posti a base della valutazione del primo giudice, ma non lo ha fatto”.

Siffatta motivazione è errata in diritto.

Vale premettere che il ricorso introduttivo del procedimento di sovraindebitamento risale al 3 giugno 2020, dunque ad epoca antecedente alla novella della L. 27 gennaio 2012, n. 3, ad opera del D.L. n. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176.

Trova pertanto nella specie applicazione la previsione dell’art. 12 bis, comma 3, della Legge del 2012, in forza della quale il giudice poteva omologare il piano del consumatore soltanto in presenza del requisito della “meritevolezza”, quando potesse escludersi che il consumatore:

a) avesse assunto le obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, ovvero;

b) avesse colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.

E’ dunque evidente, sia per la testuale formulazione della norma (“il giudice, quando esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento”), sia in ragione della ratio della disposizione, che si pone in deroga alla regola generale dettata dall’art. 2740 c.c., che la prova dei requisiti per l’accesso alla procedura gravasse sull’istante e che, dunque, fosse il (omissis) a dover provare sia di essersi indebitato con la ragionevole prospettiva di poter adempiere le obbligazioni assunte, sia di essere ricorso al credito in misura proporzionata alle proprie capacità patrimoniali, e di essere stato quindi impossibilitato a fronteggiare il debito assunto a causa di eventi sopravvenuti e non imputabili.

Oltre all’errore di diritto consistito nell’aver addossato al creditore l’onere della prova in ordine alla non meritevolezza del ricorso al credito, il provvedimento impugnato è altresì viziato da motivazione collocata al di sotto del minimo costituzionale (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), giacché per un verso meramente apparente e per altro irrimediabilmente contraddittoria.

A quest’ultimo riguardo, il Tribunale ha sostanzialmente condiviso il decreto che aveva ritenuto il comportamento del (omissis) “censurabile dal punto di vista dell’opportunità e ciò perché il (omissis) non ha assolutamente contemplato il rischio della mancata conferma della qualifica di Dirigente e non ha pensato di accantonare parte delle retribuzioni anche ingenti se si pensa a quanto percepito nel 2014″, ma ha poi inspiegabilmente concluso per l’incolpevolezza della condotta “in forza dei plurimi rinnovi degli incarichi dirigenziali”, così obliterando la circostanza che di rinnovi a tempo si trattava, senza alcuna certezza di stabilità, stabilità anzi certo non più tranquillamente pronosticabile dopo l’intervento del giudice costituzionale del 2015 di cui anche il giudice di merito dà conto.

Sotto l’aspetto dell’apparenza della motivazione, poi, è assolutamente incomprensibile come “esposizioni debitorie per circa Euro 25.000,00 a partire dal 2017” possano essere derivate dal progetto di ristrutturazione del debito, cosa che peraltro la ricorrente nega recisamente, sicché non è dato neppur comprendere su quali basi il giudice di merito abbia formato il proprio convincimento in ordine ad una non meglio specificata non contestazione, né si intende come l’acquisto dell’autovettura possa essere stato ritenuto giustificato con l’esigenza di spostamento del (omissis) per motivi di lavoro, vero essendo che detta esigenza giustificava senz’altro l’acquisto di un veicolo, ma non certo di importo tale da pesare gravemente sul bilancio, già ormai ampiamente compromesso, dell’istante.

5.2. – Anche il sesto e settimo motivo, entrambi riguardanti la sorte del credito privilegiato per la parte incapiente rispetto al cram down, cioè al valore periziato del bene oggetto della garanzia, vanno accolti, in ossequi ad un dato giurisprudenziale già formato, che esclude nuovamente la necessità del rinvio in pubblica udienza. La L. n. 3 del 2012, art. 7, comma 1, nel testo applicabile, così dispone: “E’ possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi”, disposizione, quella trascritta, che sostanzialmente riproduce la previsione dettata per il concordato preventivo dalla L. Fall., art. 160, comma 2. A tal riguardo questa Corte, rispondendo in senso affermativo al quesito se nella nozione di “soddisfazione non integrale” dei privilegiati debba essere ricompresa anche l’ipotesi del pagamento dilazionato, ha chiarito che, in tal caso, alla non integrale soddisfazione segue il diritto di voto del creditore privilegiato degradato, da parametrarsi alla perdita economica rapportabile al ritardo (Cass. 9 maggio 2014, n. 10112). Più di recente si è poi ulteriormente chiarito che le procedure da sovraindebitamento (L. n. 3 del 2012, artt. 7 e segg.) sono modellate in similitudine con l’istituto del concordato preventivo, di guisa che si devono estendere alla materia i principi enucleati in tema di concordato preventivo, con l’ovvio limite della compatibilità: e si è dunque ribadito che l’adempimento con una tempistica dilatata equivale a soddisfazione non integrale degli stessi, la quale impone l’equiparazione dei privilegiati ai chirografari ai fini del voto, per la parte del credito che si possa in tal senso ritenere non interamente soddisfatto (Cass. 3 luglio 2019, n. 17834).

Ora, tali decisioni presuppongono implicitamente, ma inequivocamente, che nel cram down, a differenza che nella falcidia, il creditore per la parte di credito degradato da privilegiato a chirografario, resta a tutti gli effetti creditore, sicché, oltre al diritto di voto, ha diritto alla ulteriore soddisfazione che gli spetta, sul residuo credito degradato, in veste di creditore chirografario: e dunque, “laddove il piano del consumatore abbia previsto una qualche forma di soddisfacimento dei creditori chirografari anche quel creditore degradato concorre nella stessa identica percentuale per la parte non coperta dal valore periziato”.

Il che comporta che il giudice di merito ha errato anche nell’effettuazione del riparto, escludendo del tutto l’odierna ricorrente per quanto ad essa spettante in relazione al credito degradato.

5.3. – Gli altri motivi sono assorbiti.

6. – L’ordinanza è cassata e rinviata al giudice a quo in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Ragusa in diversa composizione.Così deciso in Roma, il 7 luglio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2022

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