A sostegno dell’opposizione deducevano:
– che il credito oggetto della domanda monitoria si riferiva alle rate scadute e capitale residuo del contratto di finanziamento stipulato a Prato il 13 luglio 2007 dell’importo di Euro 400.000,00 da(omissis) Spa (successivamente (omissis) s.r.l. in liquidazione e c.p.), posizione per cui si erano costituiti fideiussori (omissis) e (omissis), contestualmente al contratto di finanziamento, e (omissis) e (omissis), con autonomo contratto datato 25.2.2011;
– che l’entità delle somme oggetto del decreto ingiuntivo era stata erroneamente indicata nella richiesta in quanto all’atto della stipula era stata erogata soltanto la minor somma di Euro 95.307,43, mentre non era stata fornita la prova di ulteriori erogazioni ;
– che nel documento datato il 2.11.2010 era indicato l’importo del finanziamento (Euro 450.000) e, al rigo immediatamente successivo, i rientri da erogazioni (Euro 453.898,97), per cui l’ultimo rigo riportava quale saldo a carico del mutuatario la somma di Euro 3898,97;
– che l’ultimo documento , costituente certificazione del credito ai sensi dell’art 50 TUB, attestava che l’estratto del finanziamento era costituito da due rate insolute per Euro 45374,29, recuperi per Euro 23969,06, residuo debito in linea capitale Euro 337.212,82 e che il credito di Euro 353.618,05 come sopra risultante era vero e liquido;
– che dagli estratti conto della (omissis) relativi al conto corrente n. (omissis…) emergeva l’avvenuto rimborso di almeno tre rate di mutuo nel periodo 30 giugno 2011, 30 dicembre 2011 e 6 luglio 2012;
– che controparte aveva azionato la complessiva fideiussione gravante sui comparenti a garanzia del complessivo rapporto bancario (omissis), dal quale si evidenziava l’applicazione di interessi usurai, anatocismo e CMS illegittimi, con particolare riferimento al conto corrente ordinario n (omissis…), al conto corrente ordinario n (omissis…) ed al Conto tecnico n (omissis…).
Tanto premesso chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo attesa la carenza della prova del credito e dei requisiti di cui all’art 633 cpc e ss. e , in ogni caso, l’autorizzazione alla chiamata in causa della (omissis) s.r.l., in liquidazione e concordato preventivo, affinchè previa declaratoria delle nullità evidenziate in ordine alle pattuizioni di interessi in misura ultralegale e dell’accertamento delle somme effettivamente dovute, la condanna alla restituzione di quanto percepito in violazione del divieto di anatocismo e della normativa antiusura richiamata, con il favore delle spese di lite.
Instauratosi il contraddittorio, la (omissis) Spa si costituiva in giudizio producendo atto di erogazione e quietanza finale del 2.11.2010, sottoscritto dal legale rappresentante di (omissis), con il quale era stata confermata la definizione dell’importo totale del mutuo in Euro 450.000,00, rilasciando quietanza dell’avvenuto accredito sul conto corrente della (omissis), nonchè mandato di uscita di cassa (omissis) del medesimo importo e confermando che il credito residuo, per effetto del pagamento delle prime tre rate, era pari ad Euro 358.618,05.
Quanto alle eccezioni concernenti l’applicazione di interessi usurari , anatocistici e C.M.S. sui rapporti di conto corrente intrattenuti da (omissis) rilevava la inammissibilità delle richieste in quanto estranee all’unico titolo dedotto in giudizio in violazione dell’art 36 cpc. ed in ragione del difetto di legittimazione attiva degli opponenti e concludeva opponendosi alla chiamata in giudizio di (omissis) e per il rigetto dell’opposizione proposta.
Con ordinanza emessa in data 26 novembre 2014 veniva sospesa l’esecutività del decreto ingiuntivo ed autorizzata la chiamata in giudizio di (omissis) S.r.l., in concordato preventivo, la quale si costituiva tempestivamente rilevando che il credito preteso da MPS non era stato ammesso al voto in quanto i Commissari giudiziali avevano rilevato uno sconfinamento dell’usura per vari trimestri quantificando in Euro 954.156,00 l’eccedenza illegittimamente addebitata dalla banca. Rilevava ed eccepiva, altresì , ulteriormente la invalidità dei rapporti bancari e di c/c intercorsi con MPS ed avanzava domanda di ripetizione delle somme indebitamente trattenute dalla banca sui rapporti di conto corrente attesa la illegittimità dei tassi di interesse e delle commissioni applicate, previo accertamento del credito.
Quanto alla posizione dei garanti, riproponeva le argomentazioni sollevate dagli opponenti.
Nei confronti di (omissis) la Banca (omissis) eccepiva la irritualità ed intempestività della domanda proposta da tale società in violazione delle preclusioni di cui all’art 268, comma 2, cpc e dei termini minimi di comparizione di cui all’art 163 bis cpc, nonchè il difetto di rappresentanza processuale del liquidatore giudiziale privo dei poteri per conferire procura ai difensori.
Con successiva memoria i difensori di (omissis) producevano procura conferita dal legale rappresentante anche in qualità di liquidatore pt. .
Disposta CTU limitata ai rapporti di mutuo la causa, istruita con la produzione di documenti , era trattenuta in decisione all’udienza del 9 maggio 2019.
Nella comparsa conclusionale depositata in data 9 luglio 2019, la difesa degli opponenti deduceva per la prima volta la nullità delle garanzie prestate in quanto conformi allo schema ABI , oggetto del provvedimento della Banca d’Italia n 55 del 2 maggio 2005, per violazione dell’art 2, comma 2, lettera A legge 287/1990.
Con ordinanza emessa in conformità all’art 101 c.p.c. si dava modo alle parti di contraddire in ordine alla eccepita nullità ed infine, all’udienza del 5 settembre 2020, su espressa rinuncia delle parti alla concessione dei termini di cui all’art 190 cpc, era riservata nuovamente la decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte.
1. SULLA COSTITUZIONE DELLA TERZA CHIAMATA
In primo luogo deve essere disattesa l’eccezione di nullità della costituzione di (omissis) per difetto di valida procura in riferimento al difetto dei poteri di rappresentanza processuale del liquidatore giudiziario.
A riguardo va preliminarmente osservato che in caso di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, il liquidatore ha in effetti legittimazione esclusivamente nelle controversie relative a questioni liquidatorie e distributive, e non anche in quelle di accertamento delle ragioni di credito e di pagamento dei relativi debiti, ancorchè influenti sul riparto che segue le operazioni di liquidazione, pur potendo spiegare intervento (Cass. N 17606 del 4.9.2015).
E nel caso in esame deve prendersi atto che la prima costituzione di (omissis) è stata effettuata in persona del soggetto in veste di liquidatore giudiziario, come tale privo di poteri rappresentativi. Nondimeno va dato altresì atto che il Tribunale aveva nominato quale liquidatore giudiziale la medesima persona fisica che già rivestiva le funzioni di liquidatore e legale rappresentante e che lo stesso, sia pure allegandola alla seconda memoria ex art 183, VI comma, cpc, in tale veste ha depositato procura ai medesimi procuratori, ratificandone l’operato . Ai sensi dell’art 182 c.p.c., nel testo modificato dall’art 46 della legge 18.62009, n 69 ed applicabile “ratione temporis” anche nel presente procedimento, il giudice– ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore- deve assegnare termine per provvedere alla sanatoria di tale vizio, dovendosi equiparare la nullità della procura ” ad litem” al difetto di rappresentanza processuale (Cass., s.u. n 28337 del 22.12.2011). La modifica normativa è stata ritenuta in linea con la giurisprudenza che, nell’interpretare l’art 182 nel testo anteriore alla modifica di cui all’art 46 comma 2, della legge 18.6.2009, n 69, era unanime nel ritenere che, in tutti i casi in cui vi sia un vizio della procura, e , persino in casi di omesso deposito della procura speciale alle liti, che sia stata semplicemente enunciata o richiamata negli atti della parte, il giudice è tenuto ad invitare la parte a procurare l’atto mancante, e tale invito può e deve essere fatto , in qualsiasi momento, anche dal giudice dell’appello, sicchè solo in esito ad esso il giudice deve adottare le conseguenti determinazioni circa la costituzione della parte in giudizio, reputandola invalida soltanto nel caso in cui l’invito sia rimasto infruttuoso (Cass n 3894 del 14.2.2017; Cass., n 3181 del 18.2.2016; Cass., 11359 del 22.5.2014, Cass. n 19169/2014;Cass., 24.10.2013, n 24068). Tale principio, che alla luce della giurisprudenza di legittimità (Cass., 30.11.2016, n 24485; Cass., 4.11.2015, n 22559; Cass., 12.7.2013, n 17301) può ritenersi oramai consolidato anche con riferimento al testo posteriore alla legge 18 giugno 2009, n 69, non consente di differenziare le ipotesi di nullità da quelle in cui la procura sia del tutto mancante. In caso contrario, non si spiegherebbe il richiamo testuale all’assegnazione del termine per il “rilascio della procura o per la rinnovazione della stessa”. Infatti, secondo l’interpretazione anche di recente offerta dalla S.C. (Cass. N 10885 del 7.5.2018), tale interpretazione letterale trae giustificazione in una impostazione normativa che ammettendo , attraverso la segnalazione del giudice, che la parte possa sanare qualunque vizio della procura evitando una pronuncia in rito, risponde ad esigenze di economia processuale connesse al proliferare di giudizi a seguito della dichiarazione di nullità della procura (ancora, Cass. N 10885 del 7.5.2018).
Nel caso in esame, ancor prima della concessione di un termine , la parte chiamata in causa ha depositato la procura conferita , peraltro, dalla medesima persona fisica, ma nella veste di effettivo legale rappresentante della società in liquidazione, ratificando espressamente l’operato dei difensori, sanando ex tunc- ai sensi dell’art 182 cpc- ogni asserita invalidità della costituzione in giudizio.
Per tali ragioni, l’eccezione sollevata dalla BANCA opposta è per questa parte infondata e deve essere disattesa.
2. INAMMISSIBILITA’ DELLE DOMANDE RELATIVE AD ALTRI RAPPORTI DA PARTE DEGLI OPPONENTI
Le domande introdotte come domande riconvenzionali da parte della (omissis), a seguito della chiamata in giudizio da parte dell’opponente , devono essere comunque ritenute non ammissibili per motivi di carattere processuale e sulla scorta delle considerazioni che seguono.
Invero , i titoli giustificativi dedotti in giudizio in via principale sono rappresentati esclusivamente dal contratto di finanziamento stipulato a Prato il 13 luglio 2007 dell’importo di Euro 450.000,00 da (omissis) Spa (successivamente (omissis) s.r.l. in liquidazione e c.p.), modificato in data 2.11.2010, e dalle fideiussioni prestate da (omissis) e (omissis), contestualmente al contratto di finanziamento, nonchè da (omissis) e (omissis), con autonomo contratto datato 25.2.2011. Se anche gli importi erogati sono stati accreditati su conto corrente della società debitrice principale, la somma oggetto dell’ingiunzione è stata determinata dalla parte creditrice facendo riferimento al finanziamento, senza introdurre alcuna pretesa ad altro differente titolo, anche relativamente alle voci accessorie.
Gli odierni opponenti, convenuti in senso sostanziale (Cass., 28.7.2017, n 18863; Cass. 4.10.2013, n 22754), sono quindi privi di legittimazione attiva per far valere – sia in via di azione che di eccezione in compensazione- eventuali ragioni di credito derivanti dai rapporti obbligatori derivanti dal conto corrente ordinario n (omissis…), dal conto corrente ordinario n (omissis…) e dal Conto tecnico n (omissis…), tutti intercorrenti tra (omissis) e (omissis) e non connessi al rapporto già dedotto in giudizio, così che deve essere escluso sia che tali titoli siano dipendenti da quelli introdotti dalla società creditrice – attrice sostanziale- sia da quelli che appartengano comunque alla causa come mezzo di eccezione
3. INAMMISSIBILITA’ DELLE DOMANDE INTRODOTTE DALLA TERZA CHIAMATA
In coerenza con tale conclusione, deve parimenti essere ritenuta inammissibile la domanda proposta dalla società terza chiamata in giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt 106 e 269 cpc, ancorchè astrattamente legittimata in quanto parte dei rapporti obbligatori.
Infatti, la domanda riconvenzionale per essere ammissibile, deve dipendere da fatti che siano genericamente collegati con i fatti costitutivi della domanda principale o con i fatti estintivi o impeditivi o modificativi già introdotti nella causa sotto forma di eccezione. In altri termini, la domanda riconvenzionale, ampia il rapporto processuale instaurato dall’attore con la proposizione di un’autonoma domanda che deve dipendere dal titolo già dedotto in giudizio dall’attore ovvero da quello che già appartiene alla causa quale mezzo di eccezione. La dipendenza dal titolo si intende riferita a qualsiasi rapporto o situazione giuridica nella quale sia ravvisabile un “collegamento obiettivo” tra domanda principale e domanda riconvenzionale, tale da rendere consigliabile il simultaneus processus in ordine alle due domande (Cass. civ. sez. III del 5 luglio 2018 n. 17612). Di conseguenza, la inammissibilità delle eccezioni sollevate dai convenuti in ordine a tali rapporti preclude anche alla società terza costituita, ai sensi dell’art 271 c.p.c., la possibilità di introdurre nel presente giudizi domande ponendosi in contrasto con i limiti che l’art 36 cpc pone per tutte le domande riconvenzionali, e cioè che siano in qualche modo connesse alle domande ed eccezioni già ritualmente introdotte nella causa principale (Cass. civ. sez. III del 5 luglio 2018 n. 17612).
Sotto tale aspetto, quindi, la eccezione sollevata dalla banca opposta merita accoglimento, senza che possa avere alcuna rilevanza la determinazione di ammissione o meno del credito nell’ambito della procedura di concordato, rilevante solo ai fini del voto e del calcolo delle maggioranze , senza preclusione dell’accertamento vero e proprio del credito, difettando in tale procedura qualsiasi forma di accertamento endoconcorsuale e dovendosi questo effettuare nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione da principiarsi ad iniziativa del creditore.
II
SUL CREDITO DEDOTTO IN GIUDIZIO
Nel merito, l’opposizione è solo in parte fondata e deve essere accolta nei limiti delle seguenti ragioni.
In primo luogo, va premesso che con l’opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento d’ingiunzione, si svolge secondo le norme del rito ordinario, nel quale il creditore opposto è gravato dall’onere di provare i fatti costitutivi della domanda proposta e può produrre nuove prove ad integrazione di quelle già offerte nella fase monitoria, per cui il giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per l’emanazione dell’ingiunzione, ma la fondatezza della pretesa creditoria nel suo complesso (Cass. 12.3.2019, n 7020; Cass., 8.2.92, n.1410; Cass., 23.10.90, n. 10280; Cass., 28.11.89, n. 5185; Cass., 19.1.88, n. 361; Cass.,5.12.87, n. 9078).
Nel caso di specie, il credito ingiunto scaturisce dal contratto di finanziamento, stipulato a Prato il 13 luglio 2007 per l’importo di Euro 400.000,00, intrattenuto da (omissis) Spa con (omissis) S.p.a., sottoscritto da (omissis), in qualità di legale rappresentante p.t. e garantito dalla fideiussione costituita contestualmente da (omissis) e da (omissis), nei limiti dell’importo di Euro 450.000,00 (art 5 del contratto di finanziamento prodotto sub doc. 2) ed ulteriore garanzia “omnibus” da favore di (omissis) Spa, prestata da (omissis) e (omissis) con lettera del 25 febbraio 2011, fino a concorrenza di Euro 3.173.039,66.
La BANCA ha allegato di essere creditrice, a seguito di fusione con (omissis) Spa, nei confronti della società debitrice (omissis) Spa , ammessa alla procedura di concordato preventivo con decreto del 22 marzo 2013, nonchè dei fideiussori della somma di Euro 450.000,00, per rate scadute e capitale residuo ed erogazione finale avvenuta il 2.11.2010 sul conto corrente della mutuataria , oltre gli interessi conteggiati al tasso legale . Anche l’obbligazione dei garanti rimane quindi individuata attraverso il rinvio al citato e distinto rapporto obbligatorio tra il debitore principale e l’ Istituto di credito opposto, creditore garantito, con la conseguenza che la determinazione dell’oggetto è stata compiuta dagli stessi contraenti le fideiussioni all’atto di assunzione delle garanzie, proprio mediante il riferimento a quei determinati rapporti (Cass.6.4.92,n.4208; Cass,17.10.91, n.10945; Cass., 18.3.91, n. 2890, in Dir. fall.1991, II, 236 e Vita not. 1991, 544 e 1048; Cass., 20.7.89, nn. 3385-88).
L’obbligazione assunta dalla società debitrice principale, quindi, rimane individuata attraverso le risultanze del contratto di finanziamento ed i relativi conteggi allegati a sostegno della domanda di pagamento del saldo.
1. SULLA VALIDITA’ DELLE GARANZIE
A) Per quanto concerne (omissis), (omissis) e (omissis), e garantito dalla fideiussione costituita contestualmente da (omissis) e da (omissis), nei limiti dell’importo di Euro 450.000,00 (art 5 del contratto di finanziamento prodotto sub doc. 2) ed ulteriore garanzia “omnibus” da favore di (omissis) Spa, prestata da (omissis) e (omissis) con lettera del 25 febbraio 2011, fino a concorrenza di Euro 3.173.039,66. Ora, quanto alla validità della garanzia prestata, in sede di comparsa conclusionale, depositata in data 8 luglio 2019, gli opponenti hanno sollevato per la prima volta eccezione relativa alla nullità delle fideiussioni prestate, evidenziando la conformità delle clausole allo schema ABI , già oggetto del provvedimento della Banca d’Italia n 55 del 2 maggio 2005, in violazione dell’art 2, comma 2, lettera A legge 287/1990, secondo il più recente arresto giurisprudenziale (Cass., 22 maggio 2019 n 13846; anche in riferimento a Cass. 12 dicembre 2017, n 29810).
Tale questione, seppur sollevata tardivamente, può integrare un profilo di nullità di tutte le fideiussioni prestate che – secondo il più recente orientamento della S.C. (Cass., sez. un. N. 7294 del 22 marzo 2017)– rilevabile d’ufficio anche nel giudizio di appello, anche se nel corso del giudizio di primo grado anche qualora la validità dello stesso non sia stata discussa dalle parti, nè lo stesso giudice abbia prospettato ed esaminato la questione.
Sul punto tuttavia pur condividendosi in generale l’arresto giurisprudenziale richiamato dagli opponenti, la sua corretta applicazione impone alcune considerazioni. Il contesto in cui si inserisce l’eccezione concerne l’ipotetica invalidità del rapporto contrattuale a “valle” tra garante e istituto di credito rispetto all’intesa bancaria a “monte” considerata restrittiva della concorrenza, il cui fondamento è da rinvenirsi nell’inscindibilità tra la suddetta intesa e i negozi che ne diano esecuzione, aderendo così alla teoria della c.d. “nullità derivata. Norma di riferimento, a riguardo, è l’art. 2 della Legge n. 287/1990 che vieta le intese tra imprese che abbiano quale effetto quello di “impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante” attraverso diverse modalità, tra cui, inter alia, quelle di determinare, direttamente o indirettamente, le condizioni contrattuali da applicare ai consumatori. Ora, sul piano propriamente sostanziale, la nullità discende dalle intese restrittive della concorrenza, da pratiche concordate e da abuso di posizione dominante che si riflettono sul singolo contratto sottoscritto con il cliente. Invero, le clausole che derivano da un siffatto tipo di intesa vietata si riverberano sulla validità di quelle inserite nel singolo contratto, non tanto secondo lo schema classico della invalidità derivata da collegamenti negoziali, ma indotta piuttosto anche da meri comportamenti e pratiche anche solo fattuali di cui i singoli negozi costituiscono espressione. In generale, è l’utente a dovere dimostrare gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito – e quindi anche del carattere uniforme della clausola che si assume essere oggetto dell’intesa e rappresentarne essenziale riflesso. E’ noto che, in tale contesto, gli interventi della Corte di Cassazione richiamati (Cass., 22 maggio 2019 n 13846; Cass.12 dicembre 2017, n 29810), prendono le mosse dall’ esame dei profili di invalidità dei contratti di fideiussione omnibus stipulati in conformità al modello ABI del 2003, sottoposto al vaglio della Banca d’Italia la quale con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, affermò la contrarietà di alcuni articoli in esso contenuti all’art. 2, comma 2, lett. a, L. n. 287 del 1990, ingiungendo all’ABI di trasmettere alle imprese aderenti un modello emendato da tali articoli. La Banca d’Italia – che sino al 2006 operava come autorità garante della concorrenza tra gli istituti di credito – aveva infatti focalizzato la propria attenzione, in particolare, sul contenuto di alcune clausole inserite nel modello di fideiussione omnibus a garanzia di operazioni di natura bancaria, adottato dall’ABI nel 2003, addivenendo all’emanazione del provvedimento nel 2005, da cui è emerso che dette clausole, ove oggetto di un’adozione uniforme e generalizzata da parte dei vari istituti, potrebbero creare effetti anticoncorrenziali. Nello specifico si fa riferimento all’applicazione uniforme da parte delle banche degli artt. 2, 6 e 8 del menzionato schema contrattuale relativi alle cd clausole di «sopravvivenza», «reviviscenza» e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c., che per tale parte si sovrappongono al contenuto della fideiussione in esame . In tali ipotesi, secondo l’indirizzo richiamato, allorquando il contenuto delle clausole riflette quello dello schema contrattuale predisposto dall’ABI e sanzionato dalla Banca d’Italia può concludersi nel senso della sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza vietata dall’art. 2, comma 2, lett. a), della l. 10 ottobre 1990, n. 287 e che le clausole negoziali costituiscono espressione di una tale intesa, senza necessità di ulteriori elementi di prova. Il provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia, in tale prospettiva, non rileva sul piano normativo, ma probatorio, perchè in tale ipotesi sarà l’impresa a «dover offrir prova contraria a dimostrazione della interruzione del nesso causale tra l’illecito antitrust e il danno patito dai consumatori». Tant’è-si ha cura di precisare- che a fronte di tale accertamento privilegiato, peraltro, non è possibile escludere la nullità di quel contratto per il solo fatto della sua anteriorità all’indagine dell’Autorità indipendente ed alle sue risultanze, poichè se la violazione “a monte” è stata consumata anteriormente alla negoziazione “a valle”, l’illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula non può che travolgere il negozio concluso “a valle”, per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia. In proposito, nelle pronunce si sottolinea che: ” le conclusioni assunte dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nonchè le decisioni del giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, anche se ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3640)”.
Quindi, in definitiva, il provvedimento dell’autorità di garanzia ha l’effetto di invertire l’onere della prova, ma ciò nelle ipotesi in cui il contenuto delle clausole corrisponda esattamente allo schema sanzionato dall’autorità deputata all’accertamento di tali comportamenti anticoncorrenziali.
Ora, nel caso in esame, gli opponenti non possono a ragione richiamare la presunzione dell’accertamento privilegiato riferibile al provvedimento sanzionatorio indicato per duplice ordine di ragioni, di carattere sostanziale e processuale.
Dal punto sostanziale, non possono giovarsi di tale presunzione (omissis) e (omissis), relativamente alla garanzia prestata contestualmente al contratto di finanziamento del 13 luglio 2007 (art 5).
Infatti, l’accertamento – seppure in parte coincidente con le clausole negoziali- ha ad oggetto l’intesa riscontrata in materia di fideiussione omnibus. La fideiussione omnibus, strumento sovente impiegato nella prassi finanziaria, si distingue per l’ampiezza del suo oggetto, venendo il fideiussore a prestare garanzia per tutte le obbligazioni, presenti e future, del debitore. Un argine alla problematica relativa alla presunta nullità di tale forma contrattuale per indeterminabilità del suo oggetto è stato posto con l’introduzione dell’art. 10 della Legge n. 154/1992, che ha novellato l’art. 1938 c.c., stabilendo la necessità di prevedere un importo massimo a garanzia del debito.
Nella fattispecie di cui si controverte, non vertendosi nella medesima tipologia negoziale- in quanto non si tratta di fideiussione omnibus, ma di fideiussione accessoria ad un rapporto negoziale determinato, quale il contratto di mutuo-l’opponente non può giovarsi dell’inversione dell’onere della prova derivante dalla corrispondenza delle clausole allo schema sanzionato. Conseguentemente, in presenza di contestazioni sul punto, deve darsi atto che non v’è prova che lo schema utilizzato corrisponda ad una pratica uniforme frutto anch’essa, come per le fideiussioni omnibus, di intese anticoncorrenziali degli istituti concedenti i mutui e l’eccezione deve essere disattesa.
Per quanto riguarda (omissis) e lo stesso (omissis), tale schema corrisponde alla lettera di fideiussione omnibus concessa con lettera del 25 febbraio 2011, talchè – sotto il profilo sostanziale- il profilo di nullità evidenziato viene in diretta considerazione.
Purtuttavia, sotto il profilo processuale, non può omettersi di considerare che per potersi giovare della presunzione dell’accertamento privilegiato riferibile al provvedimento sanzionatorio indicato, tale documento avrebbe dovuto essere prodotto nei termini imposti per la produzione di documenti, e quindi al più tardi nel termine richiesto ai sensi dell’art 183, VI comma, cpc., salva istanza di remissione in termini qualora il mancato rispetto del termine fosse stato determinato da causa non imputabile alla parte. Di conseguenza, in presenza di contestazioni da parte della banca opposta, che sul punto ho eccepito la inammissibilità e tardività della produzione documentale, permangono i principi ordinari in tema di ripartizione dell’onere della prova, e deve ritenersi non dimostrato il profilo di nullità derivante dalla condotta illecita nei termini sopra ricordati.
2. SUL RAPPORTO PRINCIPALE
Quanto agli altri motivi di opposizione, questi investono invece il contratto di mutuo in sè considerato nonchè l’entità del credito fatto valere in sede monitoria.
A) AMMISSIBILITA’ DELLE DOMANDE ED ECCEZIONI DEGLI OPPONENTI
Ora, in ordine a tali eccezioni, la banca concedente ha rilevato che, in quanto relative al rapporto principale non sarebbero ammissibili poichè il rapporto di garanzia , sia per (omissis) e (omissis) che per (omissis), troverebbe titolo in negozi che contenendo l’impegno al pagamento immediato ed in qualsiasi momento , clausola di pagamento c.d. ” a prima richiesta”, andrebbero qualificati come contratto autonomo di garanzia , del tutto slegati dalle obbligazioni nascenti dal contratto principale. Tuttavia, secondo i principi affermati dalla S.C. , la deroga all’art 1957 c.c. non può ritenersi implicita laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione una clausola di pagamento a prima richiesta o altra equivalente, non solo perchè la disposizione è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, ma anche perchè una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come ” contratto autonomo di garanzia”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle del fideiussore, caratterizzata da un vincolo di accessorietà , più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia infine a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune dei contraenti, ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art 1957 c.c. (Cass., 9.8.2016, n 16825). Se in generale una siffatta clausola può essere idonea a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione , il giudice è sempre tenuto a valutare tale clausola alla luce della lettura dell’intero contratto, e, in particolare, dei riferimenti del contratto alla situazione relativa al rapporto sottostante, alla necessità di indicare, per la richiesta di pagamento, l’inadempienza riscontrata (Cass., 19.2.2019, n 4717; Cass., sez. un. 18.2.2010, n 3947).
L’esame complessivo del contenuto del contratto di “fideiussione” sottoscritta il 13 luglio 2007 da (omissis) e (omissis) (a differenza della lettera di cui alla fideiussione omnibus), non consente di condividere la qualificazione del contratto di fideiussione, come del tutto slegato ed autonomo rispetto al rapporto principale, poichè – al di là dell’accezione letterale del tipo contrattuale – non solo è richiamato espressamente il rapporto garantito, ma la fideiussione è contenuta nella stessa disciplina del finanziamento e tale indicazione contrasta con la volontà di rendere del tutto autonomi i due rapporti.
Di conseguenza, almeno relativamente alla garanzia prestata in origine da alcuni opponenti, sussiste la loro legittimazione a far valere i profili di invalidità concernenti il rapporto principale.
Nessuno degli opponenti, al contrario, appare legittimato a sollevare domande ed eccezioni, relativamente ai differenti rapporti di conto corrente intercorrenti esclusivamente con (omissis) Spa e rispetto ai quali i garanti sono terzi estranei.
B) NULLITA’ DELLE CLAUSOLE NEGOZIALI E TASSO APPLICABILE
Per quanto concerne il contratto di finanziamento, le eccezioni in ordine alla invalidità, anche parziale, delle clausole determinative degli interessi devono in parte ritenersi fondate alla luce delle risultanze degli accertamenti svolti da CTU. Invero, si è sopra accennato che il contratto di finanziamento stipulato in origine il 13 luglio 2007, prevedeva l’erogazione della somma di Euro 95.307,43 mediante accreditamento su c/c intestato alla parte mutuataria ( (omissis) Spa) e che con la sottoscrizione del contratto ne ha rilasciato quietanza. L’ulteriore somma di Euro 354.692,57 avrebbe dovuto essere erogata entro il 31.12.2010, su richiesta scritta della parte mutuataria, in una o più soluzioni, mediante accredito su medesimo c/c con rilascio di quietanza liberatoria al ritiro della relativa contabilizzazione.
Sino al 31.12.2010 l’operazione sarebbe stata disciplinata alle condizioni di preammortamento e il periodo di ammortamento avrebbe avuto decorrenza dal I gennaio 2011, con pagamento di dieci rate semestrali posticipate, comprensive di capitali ed interessi , con scadenze a partire dal 30 giugno 2011. Il tasso iniziale, sino al 31.12.2007, è pari al 5,331% nominale annuo, per il periodo successivo sarebbe stato pari al tasso Euribor maggiorato da uno spread di 1,50 punti (art 2). Il tasso di mora sarebbe stato maggiorato di un punto nominale annuo (art 3); era inoltre prevista la penale per anticipata estinzione (solo dopo la decorrenza di 18 mesi) nella misura dell’ 1% del capitale anticipatamente restituito.
Ad avviso degli opponenti, il contratto di finanziamento concluso da (omissis) S.p.a. era nullo per violazione delle normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali ed inoltre, relativamente alle clausole determinative degli interessi praticati in quanto superiori al tasso soglia di cui alla legge n 108/1996 e, in ogni caso, per illegittima applicazione dell’anatocismo. Sul primo punto, in particolare, lamentano gli opponenti la violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali prevista dagli artt 117 e ss. del TUB e della normativa regolamentare, per l’assenza delle convenzioni redatte per iscritto applicate sui rapporti di conto corrente e, indirettamente, anche relativamente al computo degli interessi corrispettivi applicati al rapporto dedotto nel presente giudizio.
A riguardo, occorre prendere atto delle conclusioni cui perviene il CTU, dott. (omissis), nella relazione depositata in data 4 settembre 2019, con riferimento al computo degli interessi o di ulteriori oneri espressamente pattuiti per iscritto dando atto che – non essendo compresi nelle rate altri oneri – la corretta applicazione dei tassi, individuati attraverso il meccanismo sopra descritto, non ha fatto emergere il superamento dei c.t. tassi soglia, con riferimento alla c.d. legge 7 marzo 1996, n. 108.
Invero, pur facendo riferimento il CTU a due finanziamenti, dalla documentazione prodotta risulta che in realtà il finanziamento è stato unitario, anche se diversamente disciplinato: un primo periodo, c.d. di preammortamento, avente ad oggetto l’erogazione iniziale e quelle via via eventualmente concesse sino alla data del 31.12.2010; un periodo successivo , di ammortamento, disciplinato sulla somma definitivamente erogata entro il 31.12.2010, decorrente dalla data del I gennaio 2011 per i successivi cinque anni (10 rate semestrali con scadenza 30 giugno e 31 dicembre di ogni anno).
Dalla ricostruzione operata sugli estratti conto e sui documenti ritualmente acquisiti dalla relazione del CTU è risultato che è stato effettivamente erogato l’importo di Euro 450.000,00 e che, a fronte di tale erogazione, è stato proposto un tasso corrispettivo del 2,53% facendo seguire un piano di ammortamento del capitale.
Su queste basi documentali , il CTU ha proceduto al ricalcolo del costo del finanziamento, includendo con formula ampia tutte le spese promesse o comunque sostenute ed inviando alle parti le risultanze, utilizzando il metodo del TASSO INTERNO DI RENDIMENTO e procedendo poi alla verifica di tale tasso in confronto con la soglia di usura.
In tale operazione di verifica, il CTU ha rilevato di avere tenuto conto di tutti i potenziali scenari desumibili dai documenti in suo possesso, sia di quello relativo all’integrale rispetto del piano di ammortamento stabilito, sia di ogni possibile altro scenario, quale ad esempio a seguito di una o più inadempienze e/o di estinzione anticipata. Facendo correttamente discendere la considerazione che, con l’applicazione del maggiore interesse di mora e con il conseguente mutamento che interviene nel piano di rimborso viene anche a modificarsi il tasso effettivo annuo del credito erogato, tra gli scenari presi in considerazione, il CTU ha espressamente tenuto conto anche della ipotesi di applicazione della penale o commissione di estinzione ricostruito cinque ipotesi di scenario pervenendo in ogni caso alla esclusione di superamento dei tassi soglia.
Nel caso di specie, l’elaborato del CTU ha consentito di accertare che –senza considerare la penale per estinzione anticipata – qualora si fossero verificati ritardi nei pagamenti , l’applicazione delle clausole negoziali non avrebbe in ogni caso determinato un superamento dei tassi soglia.
Per quanto riguarda il periodo di ammortamento conseguente alla erogazione dell’importo contabilizzato in data 2.11.2010, tuttavia, il CTU svolge alcune considerazioni decisive in ordine alla stessa validità delle clausole relative alla misura degli interessi corrispettivi.
Invero, premessa “la decisa insufficienza delle informazioni riguardanti i pagamenti effettuati e la non intelligibilità della lettera ex art 50 TUB con la quale la (omissis) ha effettuato il decreto ingiuntivo , con riferimento alle indicazioni dell’importo di Euro 23.969,06 e circa il pagamento della rata con scadenza 30/06/12″ dalla relazione tecnica merge quanto segue.
“…Contrattualmente sembrerebbero essere stati erogati Euro 450.000,00 con un tasso da contratto del 2.530% variabile viene espressamente pattuita Euribor 6M/360 + 1,50 e viene indicato un Euribor al 28/10/10 del 1,267%. Non vi è alcun riferimento alle condizioni di ammortamento del piano che possono essere molto distinte tra loro. Nei testi di matematica finanziaria vengono di solito riportati 4 macro metodi: alla francese alla tedesca alla Italiana oppure misto….
Dalla contabile che la banca ha fatto sottoscrivere all’azienda, si legge ammortamento 13 Francese… e segue un piano di ammortamento del capitale alle varie date con la quota residuale. Se poi esaminiamo le condizioni contrattuali si ritrova una ulteriore criticità: il tasso pattizio è differente da quello applicato per l’ammortamento del capitale. Nell’allegato A del fascicolo di parte banca vi è come ho sopra menzionato, un piano di ammortamento con le rate del capitale residuo…. Mentre il piano di ammortamento presentato non segue l’ammortamento del capitale come da allegato A della banca sopra riportato, ma segue un andamento molto simile ad un ammortamento alla francese con tasso di interesse al 10% che nello schema seguente viene riportato. Come è evidente il piano di ammortamento allegato è del tutto difforme da quello contrattuale…
… è ragionevole pensare, quindi, che l’erogazione del mutuo sia di fatto avvenuta tutta in data 02/11/10 unica contabile con quietanza del finanziamento rinvenuta in atti. A parere dello scrivente quindi la sola erogazione si è avuta in questo momento e per un importo di Euro 450.000….”.
La mancata conformità del piano di ammortamento applicato a quello desumibile dalla regolamentazione contrattuale, porta alla conclusione della fondatezza del profilo di nullità parziale concernente la determinazione degli interessi corrispettivi e di mora, in violazione dei principi di trasparenza sottesa alla disciplina normativa richiamata dagli opponenti.
In considerazione dell’applicazione del criterio fissato dall’art 117 , comma 7, TUB, il CTU ha effettuato una rielaborazione considerando in fase di ricalcolo l’applicazione del tasso sostitutivo ai sensi dell’art. 117 TUB ossia Bot, così come richiesto il quale prevede nello specifico art 3. “Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo.” Correttamente quindi si è proceduto a computare gli interessi sul presupposto della non debenza degli interessi ultralegali, quindi facendo applicazione del meccanismo richiamato dall’art 117, comma 7, TUB così come spiegato nella relazione, facendo riferimento al tasso attivo a favore della banca – equivalente al tasso nominale minimo dei B.O.T. annuali emessi nei dodici mesi precedenti.
Poichè sulla scorta delle argomentazioni sopra svolte si è concluso per la nullità parziale delle clausole, il meccanismo a cui fare riferimento è quello di cui alla relazione contenente il riepilogo dettagliato delle somme da recuperare .
In definitiva, sulla scorta del complesso delle argomentazioni sopra esposte, il credito va determinato sulla scorta delle risultanze della relazione del CTU, dott. (omissis), tenendo conto anche delle controdeduzioni ai consulenti di parte. Riguardo il solo finanziamento, il CTU opera una differente conclusione determinando il credito residuo della banca in Euro 339.780,85, qualora non risultasse il pagamento della terza rata a scadenza 30 giugno 2012, ovvero del differente importo di Euro 294.406,56.
In effetti, sin dall’atto introduttivo gli opponenti hanno allegato che la società aveva rimborsato almeno tre rate di mutuo nel periodo 30 giugno 2011, 30 dicembre 2011 e 6 luglio 2012, producendo su supporto CD gli estratti del conto corrente 2002, dai quali si evincono in effetti tre addebiti rate mutuo nelle date indicate, con indicazione n. mutuo (omissis…).
Tale specifica allegazione e documentazione non è stata oggetto di contestazione da parte della Banca opposta, così che può ragionevolmente ritenersi che l’importo effettivamente dovuto sia quello determinato dal CTU in Euro 294.406,56.
Su tale importo sono altresì dovuti gli ulteriori interessi corrispettivi , dalla data della domanda alla data di effettivo soddisfo.
In definitiva, la opposizione proposta va accolta in tali limiti, con la revoca del decreto ingiuntivo e, al contempo, determinando il credito residuale sul finanziamento sopra richiamato in ragione della riconosciuta nullità parziale delle clausole negoziali.
La reciproca soccombenza in ordine alle domande ed eccezioni reciprocamente proposte, ed i contrasti giurisprudenziali in materia, inducono a ravvisare le condizioni per integrale compensazione delle spese di li te nei confronti della terza chiamata e la parziale compensazione, nella misura dei due terzi, nei confronti della Banca, ponendo a carico degli opponenti il residuo terzo come determinato in dispositivo in base all’effettivo valore della controversia ed all’attività svolta.
in accoglimento della proposta opposizione , il decreto ingiuntivo n (omissis…)/2013;
b) condanna
gli opponenti, in solido, al pagamento della somma Euro 294.406,56, a favore della banca opposta, attesa la riconosciuta nullità delle clausole di determinazione nella misura ultralegale degli interessi dovuti di cui al finanziamento non ipotecario stipulato in data 13 luglio 2007;
Su tale somma determinata alla data della domanda, sono comunque dovuti gli ulteriori interessi sino all’effettivo soddisfo;
c) dichiara
compensate per due terzi le spese processuali liquidate in complessivi Euro 18.953,61 , a titolo di compenso professionale, condannando gli opponenti , in solido, al pagamento di un terzo , pari ad Euro 6.317,87, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nella misura di legge, nonchè di CTU nella misura separatamente liquidata e ripartita nella medesima percentuale;
d) dichiara
compensate le spese nei confronti della terza chiamata.
Così deciso in data 3 giugno 2020, dal Tribunale di Prato, in persona del G.I. dott. (omissis), in funzione di Giudice Unico.
