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Consiglio di Stato sez. VI, 31/05/2013, n. 3006

Massima

L’esistenza di un rapporto economico significativo tra un membro della commissione giudicatrice di un concorso universitario e un candidato, concretizzatasi nella partecipazione del membro in una società editrice che ha pubblicato le opere del candidato, configura una causa di incompatibilità ostativa al corretto svolgimento della procedura selettiva.

Supporto alla lettura

CONCORSO PUBBLICO

L’accesso al pubblico impiego, ancorché privatizzato, avviene, salvo limitate eccezioni, per pubblico concorso. La selezione pubblica ha natura procedimentale ed è regolata oltre che dalla legge, da atti e provvedimenti amministrativi.

Secondo l’art. 35 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni devono essere conformi ai seguenti principi:

  • adeguata pubblicità della selezione;
  • modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento;
  • adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
  • rispetto delle pari opportunità tra lavoratori e lavoratrici;
  • composizione delle commissioni con esperti di provata competenza nelle materie di concorso.

Il procedimento si avvia con il bando di concorso, cioè con la comunicazione scritta attraverso la quale la pubblica amministrazione rende pubblica la volontà di indire un concorso per l’assegnazione di un posto di lavoro, nel suddetto bando vengono indicate, in modo specifico, le modalità in base alle quali il concorso viene condotto, e quindi, sia i requisiti di partecipazione ed i termini entro i quali deve essere inoltrata la domanda, sia le altre disposizioni vincolanti, per i partecipanti al concorso e per la pubblica amministrazione, che regolano la selezione.

Scaduti i termini, l’amministrazione procede, attraverso la commissione giudicatrice, all’esame delle domande dei candidati ed alle prove concorsuali che possono essere di diverso tipo:

  • per esami (scritti e/o orali);
  • per titoli: nel bando vengono indicati i titoli di accesso e quelli che danno un punteggio e le graduatorie vengono effettuate tenendo conto dei titoli di studio posseduti, attestati, pregresse anzianità lavorative, corsi frequentati ecc.
  • per titoli ed esami;
  • per corsi – concorsi: l’amministrazione incarica un soggetto di preparare un corso per la formazione di una graduatoria da cui potere attingere in caso di bisogno;
  • prove pratiche per l’accertamento della professionalità richiesta dal profilo o dalla categoria.

Esistono deroghe all’accesso per concorso e sono stabilite per legge:

  • l’art. 16 della Legge 28 febbraio 1987 n. 56 che consente l’assunzione di lavoratori da adibire a mansioni per le quali non sia previsto titolo professionale da inquadrare nei livelli per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità a condizione che abbiano i requisiti richiesti;
  • la legge 12 marzo 1999 n. 68 che consente l’assunzione obbligatoria dei disabili o vittime del terrorismo;
  • l’art. 36 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, norma peraltro riformulata dalla legge finanziaria per il 2008 e dal D.L. 112/2008 in tema di forme flessibili di assunzione: contratti a tempo determinato, contratti a contenuto formativo e tirocinio, contratto di somministrazione di lavoro, collaborazioni coordinate e continuative.

Un accenno va fatto a proposito del c.d. concorso interno, questa forma di selezione è largamente utilizzata per consentire la progressione di carriera del personale già dipendente della pubblica amministrazione. All’interno di questa categoria si individuano due specie di concorso:

  • progressioni orizzontali: è consentito il passaggio all’interno della stessa area;
  • progressioni verticali: è consentito il passaggio tra diverse aree.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3106 del 2012, proposto dal professor (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), con domicilio eletto presso lo studio (omissis) in Roma, via (omissis)

contro

Università degli Studi “Guglielmo Marconi” – Telematica, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, Lungotevere (omissis)

nei confronti

(omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Pittori, con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, Lungotevere (omissis)

per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione III, n. (omissis)

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi “Guglielmo Marconi” – Telematica e del professor (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013 il Cons. (omissis) e uditi per le parti l’avvocato (omissis), l’avvocato (omissis), l’avvocato (omissis) e l’avvocato (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il professor (omissis) riferisce di aver partecipato alla procedura di valutazione comparativa indetta ai fini del reclutamento di un professore di ruolo (fascia degli associati) presso la facoltà di Scienze della formazione dell’Università degli Studi ‘Guglielmo Marconi’ telematica per il settore scientifico-disciplinare ‘Pedagogia Generale e Sociale’ (M-PED/01).

Egli riferisce altresì che con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio e recante il n. (omissis) del 2010 ebbe ad impugnare:

– l’avviso pubblicato sulla G.U. del 2 luglio 2010 con cui il Rettore dell’Università degli Studi ‘Guglielmo Marconi’ telematica ha annullato gli atti della procedura di valutazione comparativa di cui sopra, a partire dalla nomina della commissione avvenuta con decreto rettorale 5 gennaio 2010, disponendone contestualmente il rinnovo;

– tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali e in particolare, la relazione del responsabile del procedimento del 15 giugno 2010 sugli atti della procedura di valutazione comparativa di cui sopra;

– ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, e in particolare tutti gli atti eventualmente posti in essere per attivare la nomina di una nuova commissione incaricata di rinnovare la procedura di valutazione, ivi compresa la designazione dl componente di competenza dell’Ateneo.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti (notificati in data 15 aprile 2011), il professor (omissis) ha, altresì, impugnato l’atto pubblicato con avviso sulla G.U., IV serie speciale, n. 102 del 4 dicembre 2010, avente ad oggetto la ‘integrazione del decreto rettorale 23 giugno 2010, di annullamento in autotutela degli atti della procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore universitario, fascia degli associati, presso la facoltà di scienze della formazione, settore scientifico disciplinare M-PED/01’.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale ha respinto – in quanto infondati – il ricorso e i motivi aggiunti.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal professor (omissis), il quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto infondata la censura prospettata con i motivi aggiunti nel ricorso di primo grado – Violazione dell’articolo 51, c.p.c. – Violazione, falsa ed erronea applicazione dei princìpi giurisprudenziali formatisi in materia di cause di astensione dei componenti del collegio esaminatore nell’ambito dei concorsi a cattedre universitarie – Contraddittorietà e perplessità della sentenza appellata.

La sentenza in epigrafe (la quale, pure, ha correttamente ritenuto che gli atti adottati dall’Università appellata nel giugno-luglio del 2010 fossero inidonei a supportare in modo adeguato l’esclusione dell’appellante della procedura) risulterebbe invece erronea per la parte in cui ha omesso di considerare che l’atto integrativo del 15 dicembre 2010 recasse una inammissibile integrazione (postuma) della motivazione dell’esclusione già disposta alcuni mesi addietro.

Ed infatti, nel caso di specie non sussisterebbe alcuna delle particolari ragioni che, secondo un orientamento (anche) giurisprudenziale, consentirebbero in talune ipotesi di fornire una motivazione integrativa (ovvero suppletiva, ovvero ancora ‘ex post’).

In particolare, l’atto suppletivo del 15 dicembre 2010 non si limiterebbe a recare una mera esplicitazione di un apparato motivazionale già immanente nell’atto iniziale, ma si spingerebbe fino ad introdurre per la prima volta (e, per di più, nella pendenza del ricorso di primo grado) elementi fattuali del tutto nuovi rispetto a quelli posti a fondamento del primo atto negativo.

Ancora, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per non avere i primi Giudici rilevato che nel caso in questione non sussistessero ragioni sistematiche e fattuali per fare applicazione della previsione di cui all’articolo 51 del c.p.c. (in relazione ai presunti rapporti di carattere economico intercorsi con la Prof.ssa (omissis)).

In particolare, il T.A.R. avrebbe omesso di considerare:

– che le cause di incompatibilità di cui all’articolo 51 del c.p.c. possono configurarsi soltanto qualora i fatti da cui esse promanano ineriscano un rapporto già sorto al momento dell’assunzione delle funzioni decisorie (si tratta di una circostanza che non sussisterebbe nel caso in esame, poiché nel momento in cui si era svolta l’attività valutativa il prof. (omissis) non rivestiva alcuna di quelle posizioni di rilievo accademico tale da rendere concretamente ipotizzabile una maggiore appetibilità dei volumi aventi la sua firma);

– che il presunto interesse posto a fondamento del giudizio di incompatibilità non presenterebbe i tipici caratteri della concretezza e della personalità (anche in questo caso, infatti, il maggiore prestigio accademico ed editoriale potrebbe emergere solo nel caso – al momento, solo ipotetico – in cui il prof. (omissis), a seguito della vittoria nel concorso, fosse stato effettivamente nominato in ruolo e avesse adottato i propri testi come manuali di esame).

Ed ancora, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per non aver considerato che le cause di esclusione direttamente o indirettamente riconducibili alla previsione di cui all’articolo 51 del c.p.c. rivestono un carattere tassativo e sono irriducibili ad ogni tentativo di interpretazione analogica. Ad ogni modo, nel caso di specie non sarebbe comunque ravvisabile fra il prof. (omissis) e la prof.ssa (omissis) quel sodalizio economico, professionale e di vita (caratterizzato da “sistematicità, stabilità, continuatività ed intensità”) che, solo, potrebbe supportare il richiamato giudizio di incompatibilità

2) Falsa applicazione ed erronea interpretazione dell’art. 6, d.P.R. n. 252/2006 e dell’art. 4 del bando di concorso – Eccesso di potere per irragionevolezza dell’azione amministrativa.

Con il motivo di appello in questione il prof. (omissis) esamina una seconda ragione di esclusione dal concorso (ragione che deriva dal mancato, rituale deposito legale delle c.d. ‘copie d’obbligo’ di alcune fra le pubblicazioni a sua firma rilevanti ai fini valutativi).

Si osserva al riguardo che il motivo era stato già articolato in primo grado ma non era stato esaminato dai primi Giudici, i quali avevano ritenuto dirimente ai fini del decidere la ravvisata infondatezza del motivo dinanzi esaminato sub 1).

Sotto tale aspetto, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per non avere i primi Giudici considerato che tutte le opere a stampa allegate ai fini valutativi dall’odierno appellante risultavano pubblicate “anche in senso sostanziale”, risultando disponibili e conosciute nell’ambito della comunità scientifica, indipendentemente dal rispetto puntuale delle previsioni di cui al d.P.R. 3 maggio 2006, n. 252.

Del resto, la mancata attestazione dell’avvenuto deposito legale delle c.d. ‘copie d’obbligo’ non potrebbe in alcun modo comportare l’estromissione dei contributi scientifici allegati ai fini concorsuali dall’odierno appellante.

3) Eccesso di potere per travisamento dei fatti – Carenza di istruttoria con riferimento alla presunta mancata valutazione dei titoli e delle pubblicazioni presentate dai candidati – Erronea interpretazione dell’art. 4, co. 4 del d.P.R. n. 117 del 2000 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti sotto ulteriori profili.

Anche in questo caso, il prof. (omissis) ripropone nella sede di appello un motivo già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R. per essere stata ritenuta dirimente ai fini del decidere la ravvisata infondatezza del motivo dinanzi esaminato sub 1).

In particolare, il provvedimento rettorale impugnato in primo grado sarebbe illegittimo per la parte in cui ha affermato che la Commissione giudicatrice avrebbe violato la previsione di cui all’articolo 4, comma 4 del d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, atteso che i titoli menzionati dalla disposizione in parola non avrebbero costituito oggetto di autonoma valutazione.

Sotto tale aspetto, il Rettore non avrebbe adeguatamente tenuto conto:

– del fatto che i giudizi espressi dalle Commissioni esaminatrici nell’ambito dei concorsi universitari costituiscono espressione di lata discrezionalità tecnica che non può essere sindacata nel merito se non nelle ipotesi (che qui non ricorrono) di palesi abnormità o travisamenti;

– del fatto che, nel caso di specie, la Commissione esaminatrice aveva comunque operato la valutazione dei titoli dei candidati in piena conformità con le pertinenti disposizioni di legge e di regolamento;

– del fatto che, in particolare, la valutazione dei titoli prodotti dal prof. (omissis) si sarebbe svolta in modo del tutto legittimo e adeguato.

Si è costituito in giudizio il dott. (omissis) (il quale aveva partecipato alla medesima procedura, risultando non idoneo), il quale ha concluso per la reiezione dell’appello.

Si è altresì costituita in giudizio l’Università degli Studi ‘Guglielmo Marconi’ telematica, la quale ha altresì proposto appello incidentale e ha comunque concluso nel senso della reiezione dell’appello principale.

All’udienza pubblica dell’8 marzo 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un docente universitario a contratto avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato respinto il ricorso da lui proposto avverso il decreto rettorale con il quale sono stati annullati (per gravi ragioni di incompatibilità ai sensi dell’articolo 51 c.p.c. in relazione alla posizione dell’odierno appellante – risultato vincitore – e della presidente della Commissione esaminatrice) gli atti della procedura selettiva a un posto di professore associato presso l’Università ‘G. Marconi’ telematica di Roma.

2. L’appello non è fondato.

2.1. Come si è esposto in narrativa, a seguito della relazione a firma del responsabile del procedimento in data 15 giugno del 2010 (il quale aveva rilevato che i lavori della Commissione esaminatrice palesassero “l’insanabile pregiudizio del rispetto dei princìpi di imparzialità e corretto andamento nell’attività delle pubbliche amministrazioni”), il Rettore dell’Università appellata aveva adottato due provvedimenti:

– in primo luogo, con il provvedimento in data 23 giugno 2010 era stato disposto l’annullamento in autotutela degli atti della commissione esaminatrice, avuto particolare riguardo alla sussistenza di cause di incompatibilità (“collaborazioni stabili e continuative con possibili risvolti anche sul piano economico”) fra la professoressa (omissis) e il candidato (omissis). In questo stadio della vicenda, l’ubi consistam delle ravvisate cause di incompatibilità concerneva il fatto che la professoressa (omissis) e il candidato (omissis) sedessero nell’ambito del comitato scientifico della Casa editrice (omissis). Ai fini della presente decisione, si osserva che il T.A.R. ha ritenuto l’insufficienza di tali circostanze al fine di supportare in modo adeguato il provvedimento di annullamento in autotutela;

– in secondo luogo, con il provvedimento in data 15 dicembre 2010 (i.e.: in un momento successivo a quello dell’instaurazione del ricorso di primo grado), l’Università ‘G. Marconi’ aveva integrato la motivazione del precedente provvedimento di annullamento in autotutela, essendo medio tempore emersi ulteriori elementi atti a deporre nel senso di una stretta cointeressenza economica fra la professoressa (omissis) e la casa editrice (omissis) s.r.l. (nell’ambito della quale la prima rivestiva le cariche di presidente e amministratore delegato, detenendo – peraltro – quote sociali per un controvalore pari a 137.400 euro). Ai fini della presente decisione si osserva che il T.A.R. ha ritenuto condivisibile la parte motiva di tale provvedimento integrativo, ritenendo che esso giustificasse in modo adeguato l’annullamento dell’intera procedura sulla base dei dati di cointeressenza economica esposti con il richiamato provvedimento integrativo.

2.2. E’ pertanto evidente che ai fini della definizione della presente vicenda risulti dirimente la questione relativa alla ritualità e tempestività dell’impugnativa avverso il più volte richiamato provvedimento integrativo.

2.2.1. Una volta operata questa premessa generale, è possibile esaminare il primo motivo dell’appello incidentale, con cui l’Università degli Studi telematica ‘G. Marconi’ ha chiesto di riformare la sentenza in epigrafe per la parte in cui ha esaminato – e dichiarato infondato – (invece di dichiarare radicalmente irricevibile) il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso il provvedimento integrativo del 15 dicembre 2010, dinanzi richiamato.

E’ evidente al riguardo che, laddove la sentenza di primo grado fosse riformata nel senso di dichiarare irricevibile (piuttosto che infondato) il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado, la conseguenza sarebbe nel senso di rendere inammissibili i motivi proposti in grado di appello avverso la parte della sentenza con cui è stata dichiarata l’infondatezza dei profili di illegittimità sollevati in relazione al richiamato provvedimento integrativo (profili che sono stati comunque esaminati dai primi Giudici, nonostante l’Università degli Studi G. Marconi già in primo grado ne avesse eccepito la radicale irricevibilità).

E la questione relativa alla tempestività del ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado risulta tanto più determinante ai fini della presente decisione, laddove si osservi che:

– la sentenza in epigrafe risulta condivisibile laddove ha affermato che le sole ragioni di incompatibilità poste a fondamento del primo provvedimento impugnato (quello del 23 giugno 2010, basato sulla sola compresenza dei professori (omissis) e (omissis) nell’ambito del medesimo comitato scientifico) non risultassero di per sé idonei a supportare in modo adeguato il disposto annullamento d’ufficio;

– al contrario, l’ulteriore profilo di incompatibilità indicato nel provvedimento integrativo del 15 dicembre 2010 (relativo al rilevante coinvolgimento professionale ed economico della professoressa (omissis) nell’ambito della società (omissis) s.r.l.) risultava di per sé idoneo a supportare la determinazione caducatoria dell’intera procedura;

– conseguentemente, in caso di infondatezza o di irrituale proposizione dei motivi di doglianza avverso il richiamato provvedimento integrativo, ne deriverebbe in via necessaria l’impossibilità di accogliere il gravame principale nel suo complesso, perché, quando una determinazione amministrativa di segno negativo si fondi su una pluralità di ragioni, ciascuna di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale – anche per motivi di rito – perché il provvedimento nel suo complesso risulti di per sé giustificato e legittimo (in tal senso –ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 5 marzo 2013, n. 1323; id., IV 5 febbraio 2013, n. 694; id., VI, 29 marzo 2011, n. 1897).

2.2.2. Ebbene, impostati in questo modo i termini generali della questione, deve osservarsi che l’appello incidentale proposto dall’Università telematica G. Marconi è appunto meritevole di accoglimento, laddove ha lamentato la tardività dei motivi aggiunti proposti in primo grado avverso il provvedimento integrativo del 15 dicembre 2010.

Si osserva al riguardo che:

– il provvedimento integrativo del 15 dicembre 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana (IV serie speciale – Concorsi ed esami) del 24 dicembre 2010;

– la modalità di pubblicazione in questione risultava certamente adeguata a far decorrere il termine legale di impugnativa, comportando tale pubblicazione la legale conoscenza del provvedimento in questione nei confronti di tutti gli interessati;

– la richiamata forma di pubblicazione del provvedimento in questione era equivalente alla forma già utilizzata sia per la pubblicazione del bando di concorso, sia per quella relativa al primo provvedimento di annullamento in autotutela (atto in data 23 giugno 2010);

– ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117 (‘Regolamento recante modifiche al D.P.R. 19 ottobre 1998, n. 390, concernente le modalità di espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori a norma dell’articolo 1 della L. 3 luglio 1998, n. 210’), “i bandi sono pubblicati dalle università e resi disponibili anche per via telematica. L’avviso di ciascun bando è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale”;

– conseguentemente, il termine decadenziale per proporre il ricorso per motivi aggiunti avverso il decreto rettorale del 15 dicembre 2010 decorreva dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

Pertanto, il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado dal professor (omissis) risultava irrimediabilmente tardivo, in quanto notificato solo in data 15 aprile 2011.

La tardività dell’impugnativa proposta avverso il provvedimento integrativo del 15 dicembre 2010 comporta il definitivo consolidarsi degli effetti prodotti da tale provvedimento, con conseguente inammissibilità di tutti i profili di doglianza nella presente sede riproposti avverso tale provvedimento (ad esempio, quelli relativi alla presunta violazione dei princìpi in materia di autotutela e di sanatoria o di integrazione postuma della motivazione, ovvero quelli in tema di deposito legale delle pubblicazioni, ovvero ancora quelli in tema di valutazione dei titoli dei candidati) e la conseguente intangibilità degli atti con cui è stata travolta per intero l’attività posta in essere dalla Commissione esaminatrice presieduta dalla professoressa (omissis).

2.3. L’appello in epigrafe non può, quindi, trovare accoglimento.

3. Fermo restando il carattere dirimente ai fini della decisione di quanto appena osservato sub 2 (e ai ben limitati fini che qui pertanto rilevano), il Collegio osserva comunque che i motivi di appello proposti avverso il provvedimento integrativo del 15 dicembre 2010 risultano comunque infondati.

Si osserva al riguardo che, per un consolidato (e qui condiviso) orientamento, l’obbligo di astensione per i membri delle commissioni esaminatrici nell’ambito dei concorsi universitari sorge nell’ipotesi di una comunanza di interessi economici o di vita tra i due soggetti, che sia di intensità tale da far ingenerare il sospetto che il candidato possa essere valutato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con il commissario (in tal senso: Cons. Stato, VI, 27 novembre 2012, n. 5983).

Questo Consiglio ha, altresì, affermato che sussiste una causa di incompatibilità – con conseguente obbligo di astensione – per il componente di una commissione giudicatrice di concorso ove risulti dimostrato che fra lo stesso e un candidato esista un rapporto di natura professionale con reciproci interessi di carattere economico ed una indubbia connotazione fiduciaria (Cons. Stato, Sez. VI, 22 giugno 2011, n. 3755).

Nella specie, ad avviso del Collegio, dagli atti di causa emergono elementi sufficienti per ritenere che fra la professoressa (omissis) e il candidato (omissis) sussistessero intrecci di interessi (anche economici e travalicanti il mero dato della comune presenza di entrambi nel medesimo comitato scientifico), tali da concretare una causa necessaria di astensione in capo alla proefessoressa (omissis).

In particolare, depongono in modo univoco nel senso indicato:

a) la circostanza – non contestata in atti – per cui la professoressa (omissis) detenesse il 30 per cento delle quote della società editrice (omissis) s.r.l. (per un controvalore di euro 137.400);

b) la circostanza per cui la stessa professoressa (omissis) rivestisse nell’ambito della società in parola i ruoli di consigliere e presidente del relativo consiglio di amministrazione;

c) la circostanza per cui tutte le pubblicazioni prodotte ai fini concorsuali dal candidato (omissis) (risultato l’unico idoneo all’esito della procedura concorsuale) fossero state edite per i tipi della casa editrice in questione.

Ad avviso del Collegio le richiamate circostanze depongono nel senso che nel caso in esame sussistessero reciproci interessi di carattere patrimoniale caratterizzati da ‘sistematicità, stabilità, continuatività ed intensità’ di grado tale da imporre – ai sensi della richiamata giurisprudenza – l’obbligo di astensione in capo al presidente della commissione esaminatrice.

Del resto, la situazione di incompatibilità riguardante la posizione anche di uno solo dei membri della commissione (peraltro, nel caso di specie, il Presidente della stessa) risulta idonea a compromettere l’imparzialità del giudizio dell’intero collegio, in tal modo travolgendone per intero gli atti.

Inoltre, il fatto che il candidato – quale autore legato da un significativo rapporto con la casa editrice con cui la professoressa (omissis) a sua volta intratteneva rapporti di notevole rilievo economico – potesse acquisire uno status accademico di maggior prestigio costituiva di per sé circostanza idonea a rendere verosimilmente più remunerativi i rapporti fra l’autore e la medesima casa editrice, anche a prescindere da ulteriori circostanze fattuali relative allo sviluppo di carriera dell’autore.

Inoltre (e a prescindere dalle prospettive di collaborazione professionale ed economica anche in una prospettiva de futuro), l’aver intrattenuto anche per il passato perduranti rapporti di oggettivo rilievo economico rappresentava di per sé una circostanza idonea ad incidere negativamente sulla necessaria immagine di terzietà e di imparzialità che il commissario deve avere nei confronti del soggetto valutato.

Questo dato inconfutabile prescinde da circostanze ulteriori e diverse (alle quali, pure, l’appellante dedica una parte rilevante delle proprie difese), quale la maggiore o minore possibilità che il candidato prescelto andasse poi a prestare servizio presso uno specifico Ateneo, ovvero quale la specifica tipologia delle opere in questione (saggi monografici piuttosto che manuali).

Allo stesso modo, ciò che rileva al fine di imporre al singolo commissario l’obbligo di astensione è il fatto in se di intrattenere rapporti di apprezzabile rilievo anche economico con taluno dei candidati, e non anche il fatto che tali rapporti economici abbiano un rilievo determinante ai fini degli equilibri economici dei soggetti interessati o dei più generali equilibri delle imprese eventualmente coinvolte nella vicenda.

4. Per le ragioni sin qui esaminate il primo motivo dell’appello incidentale proposto dall’Università ‘G. Marconi’ telematica deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere disposta la reiezione dell’appello principale, il che rende irrilevanti i motivi non esaminati dai primi Giudici e nella presente sede riproposti (ciò, in quanto – secondo quanto già esposto retro, sub 2 – la mancata tempestiva impugnazione del provvedimento integrativo del 15 dicembre 2010 ha definitivamente consolidato il complessivo assetto della vicenda in senso sfavorevole per il professor (omissis)).

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie il primo motivo dell’appello incidentale e per l’effetto, e per le ragioni indicate in motivazione, respinge l’appello principale.

Spese compensate del secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/05/2013

Allegati

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