Massima

In tema di obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, la controversia riguardante la sospensione dalle mansioni per inadempimento all’obbligo vaccinale rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, non configurandosi l’esercizio di un potere amministrativo da parte delle Aziende sanitarie, bensì la lesione di un diritto soggettivo.

Supporto alla lettura

DIFETTO DI GIURISDIZIONE

Disciplinato dall’art. 37 c.p.c., consiste nell’impossibilità per il giudice ordinario di esplicare la propria funzione giurisdizionale, in quanto devoluta dalla legge ad altri giudici appartenenti non semplicemente ad altri uffici (altrimenti si configurerebbe difetto di competenza ex art. 38 c.p.c.) bensì ad altri sistemi giudiziali, come quello dei ricorsi amministrativi o ad altri poteri pubblici (es.: Pubblica Amministrazione).

In passato, tale difetto era era rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo, trattando alla stregua il difetto assoluto di giurisdizione (quando la questione proposta di fronte al giudice è in realtà riservata al legislatore o all’amministrazione) e il difetto relativo di giurisdizione (che si occasiona tra diverse giurisdizioni), la nuova formulazione dell’art. 37 c.p.c. ha distinto le diverse ipotesi di difetto di giurisdizione, chiarendo, definitivamente, le facoltà impugnatorie riconosciute all’attore nei giudizi di impugnazione.
La riforma Cartabia non sembra invece incidere in maniera nettamente innovativa sul processo amministrativo dal momento che il tenore letterale dell’art. 9 c.p.a., prevedeva già che «il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione».

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 994 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
(omissis), (omissis), (omissis), tutti rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la seconda in Poggibonsi, via (omissis);

contro

l’Azienda USL Toscana Centro in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Azienda Usl Toscana Nord Ovest in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Azienda Usl Toscana Sud Est in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Parma, via (omissis);
l’Azienda Regionale di Sanità della Toscana in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

con il ricorso introduttivo:

– quanto all’Azienda USL Toscana Centro:

1) del provvedimento prot. n. (omissis), a firma del Direttore del Dipartimento di Prevenzione e di tutti gli altri provvedimenti di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

2) del provvedimento prot. n. (omissis), a firma del Direttore del Dipartimento di Prevenzione e di tutti gli altri provvedimenti di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

– quanto all’Azienda USL Toscana Nord Ovest:

3) del provvedimento prot. n. (omissis), a firma del Direttore del Dipartimento di Prevenzione e di tutti gli altri provvedimenti di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

– quanto all’Azienda USL Toscana Sud Est:

4) del provvedimento prot. n. (omissis), a firma del Responsabile dell’U.F. Igiene Pubblica e Nutrizione del Dipartimento di Prevenzione e di tutti gli altri provvedimenti di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL,

aventi ad oggetto

adempimenti all’obbligo vaccinale previsto dall’art. 4 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44,

nonché di tutti gli atti presupposti, inerenti, conseguenti e comunque connessi, cogniti e non, nessuno escluso o eccettuato, e per il risarcimento del danno subito dai ricorrenti;

con il ricorso per motivi aggiunti depositato il 17 novembre 2021:

– quanto all’Azienda USL Toscana Centro, di tutti i provvedimenti inerenti e conseguenti agli adempimenti connessi all’obbligo vaccinale ex art. 4 del DL n. 44/2021, come convertito, inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL tra cui in particolare:

1. l’atto prot. n. (omissis) a firma del Direttore del Dipartimento della Prevenzione e tutti gli altri di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

2. l’atto prot. n. (omissis) a firma del Direttore del Dipartimento della Prevenzione e tutti gli altri di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

– quanto all’Azienda USL Toscana Nord Ovest, di tutti i provvedimenti inerenti e conseguenti agli adempimenti connessi all’obbligo vaccinale ex art. 4 del DL n. 44/2021, come convertito, inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL tra cui in particolare:

3. l’atto prot. n. (omissis) a firma del Direttore del Dipartimento della Prevenzione e tutti gli altri di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

4. l’atto prot. n. (omissis) a firma del Direttore del Dipartimento della Prevenzione e tutti gli altri di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

– quanto all’Azienda USL Toscana Sud Est, di tutti i provvedimenti inerenti e conseguenti agli adempimenti connessi all’obbligo vaccinale ex art. 4 del DL n. 44/2021, come convertito, inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL tra cui in particolare:

5. l’atto prot. n. (omissis) a firma del Responsabile U.F Igiene Pubblica e Nutrizione e tutti gli altri di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL;

6. l’atto prot. n. (omissis) a firma del Direttore del Dipartimento della Prevenzione e tutti gli altri di analogo tenore e contenuto inoltrati ai ricorrenti afferenti a tale Azienda USL

aventi ad oggetto

adempimenti all’obbligo vaccinale previsto dall’art. 4 del D. L. 1° aprile 2021, n. 44, nonché per l’annullamento di tutti gli atti presupposti, inerenti, conseguenti e comunque connessi, cogniti e non, nessuno escluso od eccettuato.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda USL Toscana Centro, dell’Azienda USL Toscana Nord Ovest e dell’Azienda USL Toscana Sud Est;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2022 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni ricorrenti, esercenti professioni sanitarie, hanno impugnato con ricorso principale gli atti con cui le intimate Aziende sanitarie li hanno invitati a trasmettere la documentazione comprovante, alternativamente, l’avvenuta vaccinazione contro il Covid 19 o la presentazione della relativa richiesta o l’omissione, o il differimento, della stessa a causa di pericoli per la salute o, infine, l’insussistenza dell’obbligo vaccinale. Non avendo ottemperato alla richiesta sono stati invitati a sottoporsi alla somministrazione del vaccino, e anche questi inviti sono oggetto di gravame.

Le loro doglianze possono essere sintetizzate come segue.

Essi lamentano che i provvedimenti impugnati sono stati adottati in applicazione di una normativa italiana che contrasterebbe con l’art. 3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, in quanto impone un trattamento sanitario in maniera obbligatoria esponendo i soggetti obbligati a rischi gravi e irreversibili per la propria salute, e ne chiedono quindi la disapplicazione. In via subordinata, chiedono che venga rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea questione di legittimità comunitaria o alla Corte Costituzionale questione di legittimità costituzionale. Lamentano inoltre difetto di istruttoria poiché il procedimento attivato con i provvedimenti de quibus si concluderà, in attuazione della previsione legislativa, con la somministrazione obbligatoria della vaccinazione anche nei confronti di coloro che hanno già contratto la malattia Covid-19 e, pertanto, posseggono la così detta immunità naturale. A tale proposito propongono questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, del d.l. 1° aprile 2021, n. 44, convertito in legge 28 maggio 2021, n. 76, nella parte in cui non prevede, tra le ipotesi di differimento e omissione dell’obbligo vaccinale, la situazione dei soggetti che abbiano già contratto la malattia COVID-19, per contrasto con gli artt. 2 e 3 della Costituzione.

L’obbligo vaccinale di cui trattasi sarebbe del tutto sui generis, a loro dire, in quanto sanzionato con il demansionamento o, ove questo non sia possibile, con la sospensione dall’esercizio della professione e del trattamento retributivo. Non costituendo un obbligo stricto sensu in quanto non sanzionato con la vaccinazione coatta, la sua somministrazione postula la sottoscrizione, da parte del soggetto che vi si sottopone, di un modulo per il “consenso informato” che risulta però estorto con la minaccia della sospensione dalla professione e della retribuzione, né informato in quanto non sono note le controindicazioni a lungo termine che potrebbero derivare dalla somministrazione dei vaccini. Si tratterebbe quindi di un trattamento sanitario imposto per il quale non vi è la garanzia che non arrechi, nemmeno potenzialmente, danni alla salute di colui che è costretto a sottoporvisi i quali non siano predefiniti nella loro natura, di lieve entità e temporanei.

Si dolgono poi della violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità. La misura dell’obbligatorietà del vaccino per gli operatori sanitari non sarebbe idonea al raggiungimento degli scopi che si propone e, in ogni caso, comporterebbe un eccessivo sacrificio ai contrastanti interessi meritevoli di tutela (diritto alla salute e all’autodeterminazione) a fronte della possibilità di impiegare e privilegiare misure come l’uso di dispositivi di protezione che, pur raggiungendo il medesimo scopo, consentirebbero il rispetto dei predetti diritti. Non esisterebbe poi garanzia circa l’idoneità della vaccinazione ad evitare la trasmissione della malattia.

L’obbligo vaccinale previsto ex lege per le sole categorie di soggetti individuati dall’art. 4, comma 1, del d.l. n. 44/2021 risulterebbe altresì in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e lamentano che la conseguenza prevista per l’inadempimento dell’obbligo vaccinale, ovvero la sospensione dall’esercizio della professione, confliggerebbe con la tutela del lavoro e del lavoratore, principio fondante del nostro ordinamento.

Si sono costituite le Aziende USL Toscana centro, Toscana nordovest e Toscana sud-est eccependo, in via preliminare, difetto di giurisdizione a favore del Giudice ordinario; inammissibilità del ricorso collettivo e difetto di interesse poiché, al momento, i ricorrenti hanno ricevuto solo inviti a comunicare la propria condizione rispetto all’obbligo vaccinale senza subire preclusioni all’esercizio delle proprie mansioni professionali. Nel merito, replicano alle deduzioni dei ricorrenti.

2. Con ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti hanno impugnato gli atti con cui è stata accertata l’inottemperanza all’obbligo vaccinale e sono stati sospesi conseguentemente dalle mansioni implicanti contatti interpersonali.

Lamentano illegittimità derivata e deducono che i vaccini sono stati autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco sul presupposto che mancassero cure efficaci per la malattia, influenzando quindi il rapporto tra rischi e benefici, ma con l’introduzione e l’approvazione di trattamenti curativi della malattia attraverso la medicina territoriale detto rapporto risulterebbe alterato a sfavore della vaccinazione.

La domanda cautelare formulata dai ricorrenti è stata oggetto di rinuncia.

All’udienza del 2 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. In via pregiudiziale il Collegio dà atto della rinuncia al ricorso da parte di (omissis).

4. Al fine del decidere deve in primo luogo essere scrutinata la competenza del giudice amministrativo a decidere nella controversia in esame, poiché le controparti costituite eccepiscono difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario.

A questo proposito va rilevato, ancorché una specifica deduzione non sia stata formulata dalle parti, che la controversia esula dall’ambito di competenza della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie poiché nella fattispecie non viene in rilievo un provvedimento di rigetto della domanda di iscrizione all’albo professionale, o di cancellazione dallo stesso, né un provvedimento disciplinare (d. lgs. C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233 e d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221). La questione da scrutinare riguarda la delimitazione della giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario.

4.1 Il testo dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 44/2021 nel testo applicabile ratione temporis recita(va) “in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati”. Il termine di vigenza della norma originariamente fissato al 31 dicembre 2021 è stato successivamente prorogato.

Ai commi successivi la norma prosegue indicando, al comma 2, che “solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita”.

L’articolo, ai commi seguenti, sempre nella versione applicabile ratione temporis disciplina il procedimento per accertare che l’obbligo vaccinale in questione venga rispettato.

Il procedimento inizia con la trasmissione, da parte di ciascun Ordine professionale territoriale, dell’elenco degli iscritti alla Regione di competenza; quest’ultima deve entro 10 giorni verificare per ciascun iscritto il rispetto dell’obbligo e in caso di omissione, segnalare il nominativo all’azienda sanitaria locale di residenza.

Quest’ultima, al ricevimento della segnalazione, invita l’interessato a produrre entro cinque giorni la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, ovvero la sua omissione o differimento a causa di pericoli per la salute, o la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.

In caso di mancata presentazione della documentazione l’azienda invita l’interessato a sottoporsi alla vaccinazione indicandone modalità e termini e in caso di ulteriore inadempimento, accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale dandone comunicazione all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale comporta la sospensione dell’operatore sanitario inadempiente dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, comunque, il rischio di diffusione del contagio da Covid 19.

4.2 E’ opinione del Collegio che dalla lettura delle soprariferite disposizioni si possa evincere l’insussistenza di qualsiasi potere autoritativo in capo alle amministrazioni coinvolte nel procedimento soprariferito.

La norma di legge citata, e segnatamente il comma 1 della stessa, regolamenta in modo completo la fattispecie stabilendo (rectius aggiungendo) un requisito essenziale per l’esercizio della professione sanitaria, la cui mancanza ineluttabilmente comporta la sospensione dal suo svolgimento, quantomeno con riferimento alle prestazioni comportanti contatti interpersonali i quali, nelle attività sanitarie, costituiscono la regola essendo i sanitari chiamati perlopiù ad intervenire sui corpi delle persone. La norma non crea alcun potere amministrativo in capo alle amministrazioni le quali, a norma delle disposizioni soprariferite, devono solo “accertare” l’adempimento o il mancato adempimento, da parte dell’operatore sanitario, all’obbligo di vaccinazione. Si tratta di un’attività meramente accertativa e adempitiva di obblighi di legge da cui esula ogni potere discrezionale ed ogni potestà autoritativa, al cui esito venga incisa la posizione giuridica del destinatario. Quest’ultima viene piuttosto direttamente incisa dalla legge, la quale regola direttamente il rapporto giuridico determinando le conseguenze che derivano dal verificarsi dall’inadempimento all’obbligo vaccinale. Dalla fattispecie è quindi assente ogni potestà pubblicistica delle amministrazioni le quali, si ripete, sono chiamate unicamente ad accertare l’avvenuta vaccinazione dell’operatore sanitario ovvero l’inadempimento al relativo obbligo.

Lo schema regolante il rapporto è quindi quello della norma che pone un (nuovo) presupposto per l’esercizio della professione sanitaria, incidendo direttamente il diritto soggettivo dell’operatore ad espletare le relative mansioni. La norma disciplina direttamente il fatto producendo da sé i conseguenti effetti giuridici senza l’intermediazione di un potere amministrativo, secondo lo schema “norma-fatto-effetto”.

Il criterio generale di riparto della giurisdizione è fondato sulla natura della situazione giuridica dedotta in giudizio. Il giudice amministrativo può essere adito solo laddove la posizione giuridica azionata sia qualificabile nei termini dell’interesse legittimo salvi i casi, specificamente previsti dalla legge, di giurisdizione esclusiva amministrativa nei quali la fattispecie in esame non rientra, poiché non si controverte in tema di concessioni di pubblici servizi, né di provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo poiché gli atti impugnati hanno carattere meramente accertativo e non conformano il rapporto di diritto pubblico in cui i ricorrenti sono coinvolti, né di affidamento di un pubblico servizio (art. 133, comma 1, lett. c] c.p.a.).

L’interesse legittimo sussiste (solo) a fronte dell’esercizio di un “potere amministrativo” da parte di un ente pubblico (o soggetto equiparato) e si caratterizza per il fatto che non garantisce al suo titolare il raggiungimento del bene della vita ad esso connesso, ma solo la legalità dell’azione amministrativa, sulla quale incombe il compito di realizzare un determinato assetto di interessi che potrà comprendere il bene della vita suddetto, ma potrà anche escluderlo in ragione dell’esistenza di interessi pubblici prevalenti, o comunque bilanciarlo con questi ultimi.

La giurisdizione di legittimità (ma anche quella esclusiva) presuppongono che l’agire dell’amministrazione sia caratterizzato da un collegamento con un potere pubblico dalla stessa esercitato. Tanto è stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 6 luglio 2004, n. 204, 11 maggio 2006, n. 191) e il principio è stato recepito in sede legislativa poiché l’art. 7, comma 1, c.p.a. indica, quale criterio di corretta individuazione delle controversie che ricadono nella giurisdizione generale amministrativa, l’esercizio o il mancato esercizio di un potere amministrativo che si manifesta attraverso provvedimenti, atti o omissioni. Ogni qual volta invece l’ordinamento, pur approntando una disciplina orientata alla tutela di uno o più interessi pubblici, non attribuisce concretamente all’Amministrazione un potere volto a conformare la sfera giuridica del privato, non può configurarsi nemmeno correlativamente la giurisdizione del giudice amministrativo (T.A.R. Veneto III, 20 dicembre 2021 n. 1548).

Il Collegio dissente dalle argomentazioni in tema di giurisdizione contenute nella sentenza del T.A.R. Lombardia-Milano 24 gennaio 2022, n. 141. Questa fonda la giurisdizione amministrativa in analoga controversia sull’esistenza di un intervento dell’Amministrazione nella fattispecie, chiamata a verificare l’adempimento da parte del sanitario all’obbligo vaccinale. Si tratterebbe, in questa prospettazione, di un potere vincolato nel superiore interesse pubblico diretto a frenare il contagio pandemico.

Si ritiene di dissentire da questa interpretazione poiché la giurisdizione amministrativa si basa non sull’intervento, quale che esso sia, di un ente pubblico nella fattispecie e, piuttosto, sull’esistenza non di un potere qualsiasi ma di un potere “amministrativo” (art. 7 c.p.a.). Quest’ultimo può essere qualificato come un agere diretto ad amministrare la fattispecie producendo, o concorrendo a produrre (in caso di atti vincolati), i conseguenti effetti giuridici. Nel caso di specie invece gli effetti giuridici sono interamente determinati dalla legge, la quale regolamenta integralmente la fattispecie chiamando le amministrazioni a svolgere compiti meramente ricognitivi e accertativi circa l’avvenuto adempimento dell’obbligo di vaccinazione da parte degli operatori sanitari. In tal modo non si configura l’esplicazione di un potere amministrativo quanto, piuttosto, di attività meramente adempiva di disposizioni di legge volta ad accertare l’esistenza o l’inesistenza di un fatto (l’adempimento dell’obbligo di vaccinazione da parte di ciascun operatore sanitario), cui conseguono effetti interamente determinati dalla normativa. Gli atti delle amministrazioni non concorrono nemmeno in parte a produrre tale effetto.

Il Collegio dissente anche dalla pronuncia del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia I, 10 settembre 2021 n. 261. Le argomentazioni ivi contenute per fondare la giurisdizione amministrativa in materia si basano sull’esistenza, nell’ambito della scansione procedimentale sopradescritta, di profili di discrezionalità tecnica laddove l’amministrazione viene chiamata dalla legge a valutare specifiche condizioni di salute, eventualmente prospettate e documentate dall’operatore sanitario, che lo esimono dall’obbligo vaccinale o gli consentono di differirne l’adempimento.

È vero che nella fattispecie l’amministrazione, ove l’interessato presenti documentazione attestante la non sussistenza dell’obbligo vaccinale per particolari condizioni cliniche, è chiamata a valutarle al fine di accertare se esista o meno un pericolo per la salute derivante dalla vaccinazione, ma si tratta di un accertamento tecnico svolto all’interno di un’azione da cui esula ogni profilo autoritativo e che si conclude con un atto ricognitivo dell’avvenuto adempimento o meno ad obblighi di legge.

La presenza, peraltro eventuale, nella fattispecie in esame di momenti tecnico valutativi non basta ad attrarre lo stesso nell’orbita pubblicistica e definire il potere esercitato dagli enti coinvolti quale “amministrativo”.

In ordine all’esame documentazione (eventualmente) presentata dall’interessato al fine di evidenziare l’esistenza di un pericolo per la propria salute conseguente alla vaccinazione deve ritenersi che l’amministrazione sia chiamata ad effettuare non una valutazione discrezionale bensì un accertamento circa l’esistenza di detto pericolo, nel quale non vi è spendita di discrezionalità. La normativa di cui occorre fare applicazione in questa sede non le lascia infatti spazi per sindacare ed eventualmente disattendere la documentazione che l’interessato presenti, a comprova del pericolo derivante dalla somministrazione del vaccino; l’amministrazione deve invece prenderne atto, potendo solo accertarne la validità ai fini della verifica, nel caso concreto, della sussistenza dei presupposti per l’esenzione dall’obbligo vaccinale.

In ultima analisi, posto che ai fini dell’individuazione del giudice competente (in assenza di giurisdizione esclusiva) è dirimente la natura giuridica della posizione dedotta in giudizio, deve ritenersi che nella fattispecie in esame i ricorrenti pretendono di fare valere il diritto al libero esercizio della professione sanitaria.

Quello all’esercizio della professione è un diritto disciplinato integralmente dalla legge quanto a presupposti e modalità di svolgimento, e le operazioni valutative presenti nell’ambito procedimentale di cui si discute non sono interne ad un potere pubblicistico poiché l’amministrazione, nel rapporto de quo, si pone su un piano paritetico essendo lo stesso integralmente disciplinato dalla legge. Nella fattispecie l’amministrazione ha il solo compito di verificare la sussistenza dei requisiti indicati dalla legge per l’esercizio della professione sanitaria in relazione all’obbligo vaccinale che incombe sugli operatori ad essa adibiti; ogni valutazione di pubblico interesse in proposito è già stata compiuta dal legislatore subordinando detta professione (in aggiunta ai requisiti già esistenti) all’obbligo di vaccinazione contro il Covid 19.

Ne segue che nella controversia viene in rilievo la (asserita) lesione di un diritto soggettivo, sulla quale non può che affermarsi la giurisdizione ordinaria.

5. In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario, cui le parti vengono rimesse ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a.

Le spese processuali vengono compensate in ragione della novità della questione affrontata.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, dà atto della rinuncia al ricorso da parte dei ricorrenti di cui in motivazione e dichiara il gravame inammissibile per difetto di giurisdizione, rimettendo le parti al Giudice ordinario ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute dei ricorrenti.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:

 

(omissis)

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