SENTENZA
sul ricorso numero di registro general (omissis), proposto da:
(omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via (omissis);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliato in Napoli, via Diaz n. 11;
U.T.G. – Prefettura di Napoli; Questura di Napoli, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
-della decisione di revoca della patente di guida (omissis), cat. B, emessa il (omissis) n. prot. (omissis)/pat/area III ter del 19/06/2012;
– di tutti gli atti preordinati, connessi e/o consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2016 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente ha impugnato l’atto del 19 giugno 2012, con il quale la Prefettura di Napoli ha disposto nei confronti del ricorrente medesimo la revoca della patente di guida per il venire meno dei requisiti morali di cui all’articolo 120 del codice della strada (in relazione alla sentenza n. 1628/2010 del Tribunale di Rimini, divenuta irrevocabile, con la quale il ricorrente è stato condannato per violazione degli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309/1990).
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno.
Con ordinanza di questo Tribunale n. 1604/2012, è stata respinta l’istanza cautelare, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente (ma l’ordinanza è stata riformata dal Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1194/2013, in relazione ad una questione di legittimità costituzionale sollevata dal T.a.r. Umbria avverso l’art. 120 del codice della strada, per violazione degli artt. 3, 27, comma 3, e 24 della Cost.).
Dopo una serie di rinvii (richiesti dalla parte ricorrente), all’udienza pubblica del 6 dicembre 2016, il Collegio, ai sensi dell’art. 73 comma 3 del c.p.a., ha rappresentato alle parti la sussistenza di dubbi sulla giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla evoluzione della giurisprudenza in subiecta materia; la causa è stata quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso è inammissibile, per difetto di giurisdizione.
La Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che la domanda rivolta a denunciare l’illegittimità del provvedimento di revoca della patente di guida, reso dal Prefetto a carico di persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, si ricollega ad un diritto soggettivo, e di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione, spetta alla cognizione del giudice ordinario, al quale compete, nell’eventualità del fondamento della denuncia, di tutelare il diritto stesso disapplicando l’atto lesivo (Cassazione civile, sezioni unite, 14 maggio 2014 n. 10406; in senso conforme, Cassazione civile, sezioni unite n. 2446/2006).
A tale conclusione ha già aderito anche la più recente giurisprudenza amministrativa, rilevando che, la questione relativa al possesso dei requisiti morali, di cui all’art. 120 del codice della strada, deve intendersi riservata alla giurisdizione del giudice ordinario, e non a quella del giudice amministrativo, trattandosi di accertamento avente natura vincolata e con vincolo posto nell’esclusivo interesse del privato, la cui posizione giuridica va qualificata in termini di diritto soggettivo perfetto (cfr. T.a.r. Sicilia, Palermo, sez. I, 10 luglio 2015 n. 1718; T.a.r. Abbruzzo, Pescara, sez. I, 18 giugno 2015 n. 266; T.a.r. Sicilia, Catania, 16 giugno 2015 n. 1682; T.a.r. Puglia, sez. Lecce, sez. I, 12 agosto 2014 n. 2174).
Di recente, anche il Consiglio di Stato (sez. III, 6 giugno 2016 n. 2413) ha preso atto del consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, secondo il quale sussiste la giurisdizione del giudice civile in ordine alla contestazione degli atti con cui l’Amministrazione rileva la insussistenza dei “requisiti morali” previsti dall’art. 120 del d.lgs. n. 285 del 1992 (Cassazione civile, Sezioni unite, n. 10406 del 2014; n. 28239 del 2011; n. 22491 del 2010; n. 2446 del 2006; n. 8693 del 2005 e n. 7898 del 2003).
Stando così le cose, al Collegio non resta che dichiarare il ricorso inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la cognizione della controversia dedotta in giudizio deve ritenersi devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.
In considerazione della natura della controversia e del fatto che essa viene definita con sentenza di rito senza alcuna possibilità per il giudice adito di verificare la fondatezza della pretesa azionata, ritiene il Collegio che le spese di giudizio debbano essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara – ai sensi e per gli effetti previsti dall’art. 11, comma 2, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 – inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la cognizione della questione dedotta in giudizio deve ritenersi devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.
Spese compensate (il contributo unificato rimane a carico della parte ricorrente).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
