…omissis…
Fatti di causa
1. X conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Macerata, la Regione Marche, al fine di sentirla dichiarata responsabile di un sinistro causato dall’attraversamento di un animale selvatico. Precisamente, esponeva che in data 22.9.2017, alle ore 7:20 circa, si trovava a transitare nel territorio di Petriolo (MC) e che, giunto in contrada Castelletta, trovava la propria corsia di percorrenza improvvisamente ed imprevedibilmente invasa da un capriolo, che gli attraversava la strada da sinistra verso destra, irrompendo repentinamente sulla corsia di marcia dell’odierno ricorrente, non consentendogli di impedire l’urto, nonostante la bassa velocità di marcia, riportando così diversi danni alla parte anteriore sinistra del veicolo.
Si costituiva in Giudizio resistendo la Regione Marche, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo il rigetto dell’avversa domanda.
1.2. Con sentenza n. 95/2019 del 29 gennaio 2019, il Giudice di Pace accoglieva la domanda attorea e condannava la Regione Marche al pagamento, in favore dell’attore X, della somma di euro 2.000,00, oltre interessi dalla data del sinistro sino al soddisfo e spese del giudizio.
2. Avverso tale sentenza la Regione Marche proponeva appello, e nel giudizio di gravame di costituiva resistendo il X
2.1. Con sentenza n. 463 del 7 maggio 2021 il Tribunale di Macerata, in funzione di giudice di appello, accoglieva il gravame e riformava integralmente la sentenza impugnata, sul presupposto dell’assenza di prova della colpa della Regione Marche e sul rilievo che non era stata esclusa la responsabilità del conducente per la sua condotta di guida, anche in relazione al fatto che era nota la possibile presenza di fauna selvatica sulla strada.
3. Avverso tale sentenza X propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso la Regione Marche.
4. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Parte ricorrente e parte resistente hanno depositato memorie illustrative.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 2052 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.”.
Censura la gravata sentenza per aver deciso in aperto contrasto con il consolidato orientamento di legittimità e per avere quindi ritenuto applicabile, in caso di sinistro che coinvolga animali selvatici, la disciplina generale di cui all’art. 2043 cod. civ., con il conseguente onere a carico del danneggiato di dimostrare l’effettiva responsabilità della Regione, anziché la disposizione di cui all’art. 2052 cod. civ.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. e dell’art. 2052 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.”.
Lamenta che il giudice d’appello non ha posto a fondamento della decisione le prove fornite dall’odierna ricorrente.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Lamenta che il giudice di appello ha omesso di esaminare gli elementi probatori decisivi ai fini del giudizio.
4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 84, comma 2, Reg. Codice della Strada (D.P.R. 495/1992) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”.
Censura la gravata sentenza per violazione dell’art. 2043 cod. civ. e dell’art. 84, comma 2, del regolamento al codice della strada (d.p.r. 495/1992) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere ritenuto in ogni caso raggiunta la prova richiesta dall’art. 2043 cod. civ. in ordine alla responsabilità del sinistro occorso con un animale selvatico.
5. Il primo motivo è fondato.
Giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha di recente modificato il proprio orientamento in materia e ha stabilito che i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla p.a. a norma dell’art. 2052 cod. civ., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema.
5.1. E’ stato quindi affermato che nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 cit. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte, per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari, da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno (così Cass., 30/10/2023, n. 30072; Cass. 08/02/2023, n. 3745; Cass., 20/04/2020, n. 7969, seguita da Cass., 22/06/2020, n. 12113).
5.2. Questa Corte ha anche chiarito che, nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli e animali selvatici, ai fini dell’integrazione della fattispecie di responsabilità di cui all’art. 2052 cod. civ., è necessario provare che la condotta dell’animale sia stata la causa del danno.
Non è dunque sufficiente, per il danneggiato, dimostrare la presenza dell’animale sulla carreggiata e l’impatto tra quest’ultimo e il veicolo, essendo egli tenuto -anche ai fini di assolvere all’onere della prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., comma 1- ad allegare e dimostrare l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possibile presenza di animali selvatici) e che il contegno dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui -nonostante ogni cautela- non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto, di modo che quel contegno possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno (v. Cass., 27/04/2023, n. 11107).
5.3. Ciò premesso -e ribadito, pertanto, che la responsabilità della Regione è da ricondurre all’art. 2052 cod. civ. e non all’art. 2043 cod. civ.- il Collegio osserva che la sentenza impugnata, là dove espressamente afferma che “entrambe le parti riconducono il titolo della responsabilità a quella di cui all’art. 2043 c.c., sul presupposto che la convenuta amministrazione non è proprietaria della strada ove è avvenuto il fatto”, non ha tenuto in considerazione i suindicati principi.
6. Il secondo motivo è fondato, per le stesse ragioni svolte in sede di scrutinio del primo motivo.
La corte territoriale non considera applicabile al caso di specie il disposto dell’art. 2052 cod. civ. e di conseguenza omette di applicare la regola probatoria ad esso sottesa, che proprio in relazione alla fattispecie in esame questa Suprema Corte ha avuto già modo di precisare nei seguenti termini: “Nell’ipotesi di scontro tra un veicolo ed un animale il concorso tra le presunzioni stabilite a carico del conducente del veicolo e del proprietario dell’animale, rispettivamente dagli artt. 2052 e 2054 c.c., comporta la pari efficacia di entrambe le presunzioni e la conseguente necessità di valutare, caso per caso e, senza alcuna reciproca elisione, il loro superamento da parte di chi ne risulta gravato” (v. Cass., 23/05/2022, n. 16550; Cass., 07/03/2016, n. 4373).
Pertanto:
– il danneggiato dovrà allegare che il danno è stato causato dall’animale selvatico -appartenente ad una specie protetta rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato- e dimostrare: la dinamica del sinistro; il nesso causale tra la condotta dell’animale e l’evento dannoso subito; l’appartenenza dell’animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla legge n. 157 del 1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato -se, oltre che danneggiato, anche conducente del veicolo, oltre a quanto esposto sopra, dovrà allegare e dimostrare: l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida; che la condotta dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui -nonostante ogni cautela-non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno;
– per altro verso, l’ente deve dare la prova liberatoria dell’art. 2052 cod. civ., dimostrando il caso fortuito.
6.1. L’impugnata sentenza non fa invece buon governo dei suindicati principi, in quanto -pur rilevando l’assenza di prova in ordine alla condotta prudente del conducente- ragiona in termini di responsabilità per colpa dell’ente regionale ex art. 2043 cod. civ. ed inoltre, sempre erroneamente, valorizza la circostanza che l’ente in questione non sia il proprietario della strada in cui è avvenuto il sinistro.
Si ribadisce, invece, che il criterio di imputazione della responsabilità va riferito al disposto dell’art. 2052 cod. civ. e si fonda non già sulla proprietà della strada ovvero su un più generale dovere di custodia, bensì sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale, nonché sul rilievo per cui le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema.
6.2. La sentenza impugnata, che non individua correttamente i criteri di imputazione della responsabilità, e di conseguenza neppure correttamente applica la regola di riparto dell’onere della prova, derivante dalla concorrente applicazione al caso di specie degli artt. 2052 e 2054 cod. civ., deve pertanto essere cassata.
E’ infatti infondata l’eccezione, svolta dalla Regione nel controricorso, di avvenuta formazione del giudicato interno sulla qualificazione della invocata responsabilità ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., dato che solo per la prima volta nel presente giudizio di legittimità il ricorrente avrebbe prospettato l’applicazione del criterio di imputazione della responsabilità previsto dall’art. 2052 cod. civ.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che non sussiste questione di giudicato interno quando l’appellante, pur non censurando la qualificazione giuridica adottata dal primo giudice, abbia formulato difese di merito incompatibili con essa (Cass., Sez. Un., 09/96/2021, n. 16084, in motivazione; Cass., 04/02/2021, n. 2612; Cass., 12.4.2018, n. 9048), ovvero ancora quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta; in questa ipotesi, in virtù del principio jura novit curia, è sempre consentito al giudice – anche in sede di legittimità – “valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione” della norma applicabile (tra le tante, v. Cass., n. 6341 del 05/03/2019; Cass., n. 12159 dell’08/05/2023).
Invero, poi, è stato recentemente affermato, proprio in analoga fattispecie di risarcimento del danno causato da fauna selvatica, che la questione da decidere -sorta solo in appello dato che in primo grado il giudice di pace aveva accolto la domanda attorea ritenendola provata nei suoi elementi costitutivi- non attiene alla qualificazione giuridica della domanda, ma piuttosto al riparto dell’onere della prova.
Attiene cioè allo stabilire se tale riparto dovesse avvenire ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., che avrebbe addossato tale onere all’attore; oppure ai sensi dell’art. 2052 cod. civ., che l’avrebbe addossato alla Regione.
E si è dunque posto il principio per cui “Se dunque si ammette che la scelta tra l’applicazione dell’art. 2043 c.c. e l’applicazione dell’art. 2052 c.c. sia questione non di qualificazione della domanda, ma di riparto dell’onere della prova, deve negarsi la formazione del giudicato interno, posto che il giudicato sostanziale non si forma sugli errores in procedendo” (Cass., 10/11/2023, n. 31339, non massimata).
7. In conclusione, devono essere accolti il primo ed il secondo motivo, mentre possono essere assorbiti il terzo ed il quarto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Macerata, in persona di diverso Magistrato, per nuovo esame della fattispecie, in applicazione dei suindicati principi.
8. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il terzo ed il quarto. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia al Tribunale di Macerata, in persona di diverso Magistrato, anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 15 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2024.
				