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Tribunale di Taranto sez. I, 19/02/2024, n. 495

Massima

Nonostante l’ex coniuge abbia tentato di aggirare il pagamento cedendo il credito ad una società finanziaria, il Tribunale ha stabilito che egli è comunque tenuto al pagamento della quota spettante alla ricorrente.

Supporto alla lettura

DIVORZIO

Il termine divorzio indica la possibilità di sciogliere definitivamente il vincolo matrimoniale e, pur non trovando riscontro nel dato normativo, viene comunemente usato – superando l’etimologia latina che richiama lo scioglimento volontario del vincolo coniugale – per indicare due istituti: lo scioglimento del matrimonio civile, celebrato davanti alle Autorità Civili (art. 1, l. 898/1970), e la cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso (art. 2, l. 898/1970). Come è noto dal 1 marzo 2023 sono entrate in vigore nuove regole in materia di separazione e divorzio a seguito della cosiddetta Riforma Cartabia che ha rivoluzionato gran parte delle norme in materia di giustizia (civile e penale). La nuova disciplina processuale, contenuta nel decreto legislativo n. 149 del 2022 emanato in attuazione alla legge delega 26 novembre 2021 n. 206, applicabile ai giudizi in materia di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio introdotti con ricorso depositato dopo il 28 febbraio 2023, ha implicato, quale conseguenza di ordine sistematico, l’abrogazione di alcune disposizioni contenute nella legge sul divorzio n. 898/1970 che continueranno a trovare applicazione ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove norme. La prima grande novità, infatti, è quella per cui si potrà proporre la domanda di separazione e quella di divorzio in un unico atto. Con il ricorso introduttivo si potranno proporre contemporaneamente sia la domanda di separazione che la domanda di divorzio in via congiunta o in via giudiziale. La domanda per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ove proposta contestualmente alla domanda di separazione dei coniugi, sarà procedibile solo con il passaggio in giudicato della sentenza parziale intervenuta sulla separazione e fermo il decorso del termine di cui all’articolo art. 3 della legge n. 898/1970, ovvero almeno dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al giudice nella separazione giudiziale o sei mesi nel caso di separazione consensuale (ciò anche nell’ipotesi in cui il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale), o dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da avvocati ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso depositato il 13-7-2023 (omissis) ha chiesto che le sia riconosciuto ex art. 12-bis L. n. 898 del 1970 il diritto di ottenere la somma pari al 40% del trattamento di fine servizio spettante all’ex coniuge divorziato (omissis) – già dipendente del Ministero della Difesa – essendo titolare dell’assegno di divorzio e non avendo contratto nuovo matrimonio, con condanna dell’ex coniuge a corrisponderle i relativi importi, ordine all’INPS o allo stesso (omissis) nel caso di già avvenuto pagamento del TFS, di erogare la somma da liquidarsi in proprio favore, il tutto con vittoria di spese di lite. Il (omissis) nonostante rituale notifica del ricorso non si è costituito.

La domanda principale deve essere accolta, per quanto di ragione.

E’ documentato (v. informative INPS pervenute il 22-12-2023, con prospetto di liquidazione) che nel corso del presente procedimento è stato liquidato in favore del (omissis) un trattamento di fine servizio del complessivo ammontare netto di Euro 69.999,98 (sulla necessità di considerare in questa sede il TFS al netto di imposte: Cass. civile, sez. VI, 29/10/2013, n. 24421) parametrato ad un periodo di 39 anni 9 mesi e 16 giorni di servizio, arrotondati ad anni 40, ed al netto di ritenuta fiscale e di accantonamento di Euro 17.500 (importo quest’ultimo che pertanto non può dirsi “percepito” per gli effetti dell’art.12-bis L. n. 898 del 1970 cit.) per inadempienza nei confronti dell’Agenzia delle Entrate riscossione, in ragione del rapporto lavorativo dipendente presso l’amministrazione di appartenenza iniziato il 15-9-1986 e cessato in data 31-8-2022 per dimissioni volontarie. Di tale somma l’ammontare di Euro 27.280,14 diverrà esigibile con una prima rata entro tre mesi dall’1-9-2024; la seconda rata diverrà esigibile entro trenta giorni dall’1-9-2025 per un importo netto di Euro 42.244,52, e la terza rata verrà pagata entro trenta giorni dall’1-9-2026 per Euro 475,32

Il disposto dell’art. 12 bis L. n. 898 del 1970 – nella parte in cui attribuisce al coniuge titolare dell’assegno divorzile che non sia passato a nuove nozze il diritto ad un a quota del trattamento di fine rapporto percepita dall’altro coniuge “anche quando tale indennità sia maturata prima della sentenza di divorzio” – va interpretato nel senso che il diritto alla quota sorge soltanto se l’indennità spettante all’altro coniuge venga a maturare al momento della proposizione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio o successivamente ad essa – in tal senso dovendosi intendere l’espressione “anche prima della sentenza di divorzio“, implicando ogni diversa interpretazione indiscutibili profili di incostituzionalità della norma in parola. Nella specie il requisito è rispettato posto che la sentenza di divorzio inter partes di questo Tribunale (n. 273 del 2009) è stata pubblicata il 5-3-2009 ed è passata in cosa giudicata ex art. 327 c.p.c., non essendone stata dedotta impugnazione, il 25-4-2010 , dopo il decorso del termine di un anno e 45 giorni allora applicabile in ragione della data di instaurazione del giudizio (non sono documentati i presupposti di decorrenza del termine breve ex art. 325 c.p.c.), e prima della cessazione del rapporto di lavoro di (omissis) intervenuta il 31-8-2022.

La ricorrente inoltre, come documentato, non ha contratto nuove nozze e fruisce attualmente di assegno divorzile di Euro 50,00 mensili oltre rivalutazione ISTAT a carico del (omissis), giusta sentenza n. 273-2009 di questo Tribunale.

Sono quindi integrati i presupposti per il riconoscimento in favore della R. della quota percentuale del trattamento di fine servizio secondo la previsione dell’art.12-bis L. n. 898 del 1970 cit.. In ordine al quantum, l’entità della quota di trattamento di fine rapporto da riconoscere al coniuge divorziato è, a norma del secondo comma dell’art. 12-bis della L. 1 dicembre 1970, n. 898, pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio, dovendosi a tal fine avere riguardo (cfr. Corte costituzionale 24.1.1991 n. 23, Cass. 3.9.1997 n. 8477) alla durata legale del matrimonio, contratto il 1-9-1990, ed i cui effetti sono cessati fra i coniugi al
momento del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, che deve riportarsi al 25-4-2010.

La quota percentuale spettante ex art.12-bis L. n. 898 del 1970 comma 2 cit. è complessivamente pari ad Euro 13.707,93 (ammontare complessivo del trattamento di fine servizio spettante rapportato ad anni 40, pari ad Euro 69.998; quota annuale Euro 1.749,95 x 19 anni e 7 mesi di coincidenza del rapporto di lavoro con il matrimonio = Euro 34.269,84, il cui 40% ammonta ad Euro 13.707,93). Non può essere disposto il pagamento diretto da parte dell’INPS delle somme dovute essendo l’ex coniuge unico soggetto tenuto ai sensi dell’art. 12-bis L. n. 898 del 1970. Ciò è confermato dal dettato di quest’ultima norma la quale esige per l’insorgere del diritto a conseguire il 40% delle competenze di fine servizio che le stesse siano state “percepite” dall’altro coniuge, escludendo implicitamente che possano essere richieste direttamente all’Ente erogatore dal coniuge avente diritto all’assegno di divorzio.

La circostanza, comunicata da INPS, per la quale il credito di TFS è stato ceduto dal (omissis) a (omissis) s.p.a., e quindi verrà rimborsato dall’INPS in favore di quest’ultima alle scadenze di cui innanzi, comporta che il lavoratore abbia già presuntivamente ricevuto l’importo dovuto in anticipazione dall’intermediaria finanziaria , senza dovere attendere le scadenze rateali di cui innanzi si è detto,
giacchè a tali scadenze l’INPS rimborserà le somme dovute alla società cessionaria del credito e non all’originario cedente il credito(cfr. ancora la citata comunicazione INPS). Ciò comporta che (omissis) deve essere condannato all’immediato pagamento in favore di (omissis) della somma di Euro 13707,93,
di cui innanzi s’è detto. Le spese di questo procedimento seguono la soccombenza nella misura di cui in dispositivo, e con la chiesta distrazione in favore delle procuratrici della ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale, pronunziando sulla domanda come sopra proposta, così provvede:

1) accoglie la domanda, per quanto di effettiva ragione, e condanna (omissis) al pagamento in favore di (omissis) dell’importo di Euro 13707,93, per le causali in motivazione;

2) condanna (omissis) al pagamento in favore di (omissis) delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 1500 per compensi, oltre rfsg al 15% iva e cap in misura di legge, con distrazione per le procuratrici della ricorrente, dichiaratesi antistatarie.

Conclusione

Così deciso in Taranto, il 16 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 2024.

Allegati

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