Con sentenza 6.12.06 il Giudice riteneva non tempestiva e, quindi, inammissibile l’opposizione in quanto l’opposizione era stata proposta oltre il termine perentorio di cinque giorni dalla legale conoscenza dell’atto contestato. Era accaduto, infatti, che l’ordinanza di assegnazione pronunziata fuori udienza e depositata il 30.9.03 non era stata comunicata alle parti e che il difensore della assicurata avesse richiesto ed ottenuto in data 17.10.03 copia conforme dell’ordinanza in questione, secondo le formali attestazioni di cancelleria apposte sul documento. Da tale circostanza il Giudice faceva derivare la conseguenza che parte opponente avesse avuto legale conoscenza del provvedimento nell’ottobre 2003 e che, pertanto, era tardiva l’opposizione, il cui ricorso introduttivo era stato depositato il 20.12.05.
La (omissis) proponeva ricorso per cassazione, che notificava alla Banca Intesa spa ed all’INPS. L’Istituto depositava procura.
Redatta relazione ex art. 380 bis c.p.c., ed attivato il procedimento per la decisione in Camera di consiglio, il Collegio, presa visione della memoria depositata dalla ricorrente, rimetteva il processo alla pubblica udienza.
Il ricorso è stato esaminato in data odierna in pubblica udienza.
Diritto
La ricorrente deduce violazione degli artt. 136, 134 e 176 c.p.c., nonchè dell’art. 45 disp. att. c.p.c., sotto il duplice profilo dell’error in iudicando e dell’error in procedendo, sostenendo di non aver ricevuto la comunicazione dell’ordinanza e che, pertanto, non poteva decorrere in suo danno il termine ad impugnare previsto dall’art. 617 c.p.c., atteso che la conoscenza di fatto del provvedimento non comunicato non può avere efficacia sanante della nullità dell’atto e dell’inesistenza della sua comunicazione. Il quesito è formulato come segue; se sia indispensabile, in caso di provvedimento per la cui impugnazione sia previsto un termine perentorio, che lo stesso venga comunicato alla parte a cura della cancelleria, escludendosi ogni altra diversa forma di conoscenza da parte dell’interessato.
L’art. 617 c.p.c., comma 2, (nel testo applicabile ratione temporis, non rientrando la fattispecie sotto la vigenza del D.L. 14 marzo 2005, art. 2, comma 3, n. 35, conv. dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, che ha portato il termine di opposizione a venti giorni) prevede che le opposizioni ai singoli atti dell’esecuzione mobiliare debbano essere proposte con ricorso al Giudice dell’esecuzione ” nel termine perentorio di cinque giorni … dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti”.
La consolidata giurisprudenza di questa Corte ritiene che in tema di opposizione agli atti esecutivi, il momento del compimento dell’atto, dal quale decorre il termine perentorio di cinque giorni di cui all’art. 617 c.p.c., per la proposizione dell’opposizione, coincide con il momento in cui l’esistenza di esso è resa palese alle parti del processo esecutivo, e quindi con il momento in cui l’interessato ha avuto legale conoscenza dell’atto oggetto di opposizione, ovvero di un atto successivo dell’esecuzione che necessariamente lo presuppone (v. tra le tante Cass. 22.8.07 n. 17880 e 19.7.05 n. 15222). Da questo principio deriva la conseguenza che la conoscenza ai fini della decorrenza del termine di cinque giorni non può desumersi da quella di altri atti o fatti, eventuali o estranei al processo esecutivo (Cass. 21.2.03 n. 2665, in motivazione, e 2.5.97 n. 3785).
In particolare, per le ordinanze pronunciate (ai sensi del combinato disposto degli artt. 487 c.p.c., comma 2, e art. 186 c.p.c.) fuori dell’udienza, la comunicazione del provvedimento alla parte costituisce requisito indispensabile perchè il provvedimento raggiunga il suo scopo, di modo che non è configurabile a carico dell’opponente un onere che gli imponga – oltre il dovere di lealtà e probità, cui deve conformare il proprio comportamento nell’attività processuale – la dimostrazione di non avere avuto notizia del provvedimento opposto (Cass. 19.1.96 n. 435).
Con riferimento alla conoscenza legale di ordinanza depositata fuori udienza è stato, tuttavia, rilevato che sebbene le comunicazioni di cancelleria debbano avvenire, di norma, con le forme previste dall’art. 136 c.p.c., e art. 45 disp. att. c.p.c., (mediante consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario), esse possono essere validamente eseguite anche in forme equipollenti, purchè risulti con certezza l’avvenuta consegna e la precisa individuazione del destinatario. Il rispetto di queste prescrizioni consente di ritenere sufficienti prassi come il “visto per presa visione” apposto dal procuratore sull’originale del biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione o sul provvedimento del giudice (Cass. 16.6.04 n. 11319). Analogamente si è ritenuta realizzata la conoscenza legale in presenza dell’attività del cancelliere consistita nel mostrare al destinatario l’originale del provvedimento e dell’attività di parte consistente nell’apposizione, in calce o a margine, della sottoscrizione del difensore dell’interessato (accompagnata o meno dall’espressione “per presa visione”) e della data (Cass. 22.5.01 n. 6967 e 12.9.92 n. 10422). Nessun rilievo può acquistare, invece, la mera conoscenza di fatto del provvedimento (Cass. 29.4.02 n. 6221).
Nel caso di specie non risulta che l’ordinanza riservata del Giudice dell’esecuzione avverso la quale è proposta l’opposizione fosse stata formalmente comunicata alla parte. Risulta, invece, che il difensore della parte stessa, successivamente al deposito dell’ordinanza, ne avesse estratto copia ad “uso opposizione”, come risultante dalle attestazioni della cancelleria esistenti a margine del provvedimento in questione (v. l’incontestato accertamento in gatto compiuto dal Giudice di merito).
Osserva il Collegio che tale forma di conoscenza è acquisita in via formale e non di mero fatto, in quanto trova origine in due convergenti attività tipicizzate sul piano processuale, quali la richiesta di copia autentica del provvedimento “ad uso opposizione” ad iniziativa del difensore della parte interessata e la consegna allo stesso ad opera del cancelliere della copia in questione (art. 58 c.p.c.). Nella specie la conoscenza del provvedimento non è acquisita, come sostenuto dal ricorso in esame, in via di mero fatto, ma all’esito di un’attività istituzionale di cancelleria, concretizzatasi in una attività di ufficio regolata dalla legge (il rilascio della copia autentica) che impone l’individuazione del soggetto richiedente e di quello che ritira la copia, nonchè dell’annotazione della data di rilascio della copia (si vedano gli adempimenti di cancelleria descritti nella specie dal Giudice di merito). Tale attività, al pari di quanto previsto in caso di “presa visione” dell’ordinanza, costituisce quindi forma equipollente della comunicazione di cancelleria, caratterizzata dagli stessi requisiti di certezza di avvenuta consegna della copia e di individuazione del destinatario.
Così integrata la motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, deve ritenersi che la parte opponente fosse formalmente a conoscenza del provvedimento fin dal momento in cui aveva ricevuto la copia del provvedimento e che da quel momento fosse iniziato il decorso del termine per la proposizione dell’opposizione.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Nulla deve disporsi per le spese non essendo costituita l’intimata Banca Intesa spa e non avendo espletato attività difensiva l’INPS, che ha solo depositato procura.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2008